VIDEO | Le loro case sono state distrutte, non hanno più nulla e decidono di rifugiarsi in veri e propri bunker. Qui si sentono al sicuro
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Ci troviamo a Kharkiv in un'Industria di costruzione sovietica. Anche questa industria del quale non dirò il nome per questioni di sicurezza è stata pensata strutturalmente come l'Azot e l'Azovstal. Questa ha sotto di sé un bunker antiatomico collocato a tre piani sotto terra. La temperatura ha almeno 10° in meno della superficie e si deve stare a maniche lunghe e in alcuni alloggi ci sono dei piccoli radiatori. Scendiamo al buio, e mi mostrano una delle tre uscite di sicurezza. Mi dicono, senza ombra di dubbio, che è una delle zone più sicure della città e qui come in Azot e nell'Azovstal la gente sceglie di venire. Anzi chiede di essere portata qui.
Ho deciso di fare questo video per raccontare perché i civili scelgono di andare in questi luoghi.
Anche se il pericolo è scampato, decidono comunque di restare nei bunker, perché sicuri in caso di bombardamento o artiglieria.
Kharkiv è stata la prima capitale dell'Ucraina e in tutte le grandi città ci sono grossissime industrie. Sotto queste industrie costruite durante il periodo sovietico ci sono rifugi antiaerei e antinucleari. Sono molto resistenti e la gente sa che sono gli unici luoghi dove trovare riparo durante periodi di bombardamenti come questi. Nessuna costrizione, la gente chiede di poter stare lì dentro.
Ho deciso di provare a stare con loro e di dormire con loro per capire cosa si prova. Qui c'è gente che vive dall'inizio della guerra. Questa industria, della quale conosco il nome ma che per motivi di sicurezza preferisco non renderlo noto così come la sua funzione, è ancora attiva e la gente ci lavora normalmente. Nel bunker vivono persone che sono fuggite da zone in cui i russi hanno distrutto case e hanno occupato territori.
Evgeniy uno degli uomini più grandi mi dice che la gente ci viene volontariamente. All'inizio della guerra c'erano più di 260 persone ospitate, che hanno iniziato ad essere evacuate con il tempo. Fino a quando c'ero io erano rimaste 25 persone, ma mi dicono che dopo la nostra andata sono arrivate altre 20/30 persone evacuate da zone attualmente bombardate nell'est. I civili rimasti non possono evacuare perché non hanno possibilità economica per andare fuori e non hanno più casa. Le loro abitazioni sono state completamente rase al suolo.
Mi hanno fatto vedere cosa è successo alle loro case, mi hanno mostrato le foto, mi hanno raccontato le loro vite, ci hanno accolto come fossimo parte della loro famiglia e ci hanno raccontato che in questa industria sono nati dei bambini. Una che è nata dall'inizio della guerra.
Evgeniy segnato nel volto, mi dice di guardare le sue mani. Sono indurite dai calli, per una vita di lavoro. Mentre parla si commuove. Mi racconta che con la sua macchina ha evacuato 50 persone da territori occupati e i suoi racconti sono forti perché pregni di emozione. Dalla fisiognomica del suo volto, dalla profondità del suo sguardo si evince sofferenza. Hanno scelto di restare nel bunker in attesa che la situazione finisca e in attesa che il governo possa aiutarli a ritrovare una vita e ad avere una casa.
Mi ripetono, che questi sono i posti più sicuri per restare e mi invitano a fermarmi più notti se ho bisogno. Gesti di solidarietà e umanità che in una situazione del genere mostrano la natura delle persone. Riguardo alla sicurezza, ora ne ho la conferma, perché ogni notte mi sveglio puntualmente a mezzanotte, alle 4 del mattino e alle sette con il rumore dell'artiglieria vicino e penso, speriamo non cada sulla nostra struttura.