L’ex segretario dem in un incontro a Siderno ha esaltato la «rigenerazione del partito» e dice di essersi dimesso per reazione all’eccessivo correntismo. Ma quando era al timone lo ha assecondato
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Si è detto soddisfatto per la rigenerazione del Pd in Calabria, Nicola Zingaretti, ex segretario nazionale del partito. Nel corso dell’incontro organizzato a Siderno ha detto: «La rigenerazione in Calabria? Sono molto contento perché forse anche per le mie dimissioni percepisco un maggiore senso di responsabilità». Peccato che lo stesso non abbia spiegato, sia pure a distanza di anni, perché si sia dimesso dal suo ruolo di segretario nazionale. All’epoca disse: «Mi dimetto, nel partito si parla solo di poltrone, mi vergogno». Non disse però la verità fino in fondo sulle sue dimissioni o sul perché non ebbe il coraggio di lottare per il cambiamento interno al partito. Il problema delle parole, però, è che queste a volte ritornano. Infatti è lo stesso Zingaretti a pronunciarle quando dice, facendo riferimento all'amministrazione locale, che «la differenza non la fanno i problemi ma chi resta e li affronta». Chi resta, appunto.
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Lui non è rimasto ma nel frattempo ha fatto in tempo a dire di no alla candidatura di Mario Oliverio e sostenere prima quella di Pippo Callipo, durata un battito d’ali, e poi quella di Amalia Bruni con i risultati che tutti conoscono. Nessuno invece sa perché fu sbarrata la strada ad Oliverio a cui, da presidente uscente, vennero negate persino le primarie anche in assenza di una alternativa. Al cronista Pino Albanese che, a margine dell’evento, gli ha posto la domanda, Zingaretti ha balbettato che «non ero io a non volerlo ma sono stati i dirigenti regionali a non volerlo e la mia intenzione era quella di tenere la coalizione unita». L’impressione è che da allora ad oggi non sia cambiato nulla e che le lotte intestine nel Pd proseguano senza sosta.
Lo dimostra il caso Cosenza con la vicesindaca del Pd, Maria Pia Funaro, estromessa dalla giunta di Franz Caruso senza che nessuno del partito abbia detto una sola parola. Funaro sostiene di essere stata fatta fuori dai soliti accordi di potere che mal sopportano le autonomie. Nessuno, nel partito, ha preso le sue difese o quelle di chi lei ha accusato. Né il capogruppo in consiglio comunale, né il gruppo regionale, né il segretario regionale a cui la stessa Funaro ha scritto più volte, né nessuno della segreteria nazionale. Eppure Funaro ha parlato di vecchi cacicchi che si sono messi di traverso al nuovo corso della Schlein.
Ancora più clamoroso è il caso di Crotone. Qui il segretario provinciale, Leo Barberio, ha attaccato a testa bassa i consiglieri regionali. Oggetto della contesa un incontro che si terrà il prossimo venerdì 13 ottobre a Cosenza sul dimensionamento scolastico, dove sono previsti gli interventi del sindaco di Cosenza Franz Caruso, quello di Catanzaro Nicola Fiorita e di Crotone Vincenzo Voce oltre ai consiglieri regionali Iacucci e Bevacqua e al senatore Nicola Irto. A scatenare la rabbia del segretario è proprio la presenza del sindaco di Crotone, Voce, che per Barberio ha «un piede e mezzo nel centrodestra». Da qui l’invettiva contro i consiglieri regionali accusati di non ascoltare i territori e chi li rappresenta.
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Barberio non è il solo a pensarla così. Pare che di questa iniziativa si sia lamentato in una chat interna al partito anche il suo collega di Cosenza, Vittorio Pecoraro, per non essere stato invitato a partecipare all’iniziativa organizzata dal gruppo regionale. Non è la prima volta che Pecoraro va in contrasto con i due consiglieri regionali cosentini del Pd, Iacucci e Bevacqua, anche qui la causa sono sempre gli equilibri interni che il segretario provinciale avrebbe rotto nella composizione della segreteria provinciale.
Con buona pace di Zingaretti quindi se c’è stata una rigenerazione del partito in pochi se ne sono accorti. Di certo non quella che una volta veniva chiamata la base.