VIDEO | L’ex sindaco ed ex presidente della Regione a tutto campo su passato, presente e futuro. E su un’eventuale sfida Occhiuto-Falcomatà lancia la stoccata: «Le ambizioni personali sono legittime, ma prima bisognerebbe essere stati ottimi amministratori»
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«L’ex può appartenere a tante categorie e quindi ci sta pure essere un “ex”. Vuol dire che uno non è rimasto in un luogo a tempo infinito, e quindi a questo punto, “ex” è aver ricoperto un ruolo, poi un altro, e adesso la vita ci aiuta a realizzare altri sogni e altri obiettivi».
L’ospite della puntata politica di “A tu per tu” è Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex presidente della Regione che non teme di sentirsi, e sentirsi definire, un ex.
«A me poco importa quale sia la definizione più appropriata. Mi ritengo un cittadino innamorato della sua terra e che per un periodo determinato della sua vita ha dedicato una parte importante alla politica, per passione, per amore e soprattutto per dedizione verso il territorio. Oggi, invece, tolti diciamo così questi panni di attore protagonista, Giuseppe Scopelliti diventa un battitore libero, un po' un opinionista, è un attore in maniera diversa, perché ha un obiettivo nuovo: quello ovviamente di realizzare i suoi desideri da una parte, e dall'altra dare sempre più alla città di Reggio Calabria e ai calabresi: l'idea di una ricostruzione della verità che manca nella storia di questa città».
Con Scopelliti siamo partiti da quella sorta di campagna, lanciata ormai da oltre un annetto, che oltre ad essere una campagna pubblicitaria, vista l’uscita del libro “Io sono libero”, è anche una denuncia. D’altra parte l’ex presidente della Regione è sicuramente uno dei pochi che ha scelto di espiare la propria pena, e quando ha finito quei giorni ha smesso per un attimo di recriminare indicando una direzione diversa, vale a dire quella della condizione carceraria e più in generale, per dirla con lui, di una «giustizia giusta».
«Si, questo è stato il primo atto, come atto dovuto, di onestà intellettuale e di impegno verso il prossimo che non è mai venuto meno in me, nelle varie forme. Io ho visto cosa significa la detenzione, ho visto l'inutilità della detenzione, l'ho raccontata e continua a raccontarla proprio perché possa servire da stimolo per cambiare le azioni che lo Stato mette in campo per cercare il famoso reinserimento del detenuto che, in atto, secondo me, è lasciato alla volontà dello stesso detenuto. Questo, nonostante lo sforzo significativo che mettono in campo sia gli educatori, quindi lo staff, sia coloro che fanno parte della polizia penitenziaria che sono straordinari. Diciamo così, coloro che sono esposti in questo servizio danno il massimo, ma secondo me mancano le direttive giuste e gli obiettivi che lo Stato e il governo centrale, dovrebbero dare».
Ottobre 2023, Piazza Duomo, il suo libro fa tappa per la prima volta in città. Grande folla, tanti amici e dal palco lei ha invocato la pacificazione della città attraverso la verità. Le chiedo se pensa, e credo di no, che basti la verità di Scopelliti a pacificare una città che ormai da anni vive come dilaniata dal pregiudizio politico…
«Sì, diciamo che quella manifestazione fu preparata molto bene. Una manifestazione che io non intendevo fare proprio perché volevo evitare che apparisse come un segnale politico. È vero, c'è stata una folta e larghissima partecipazione che mi ha fatto molto piacere, anche emozionare, ma non è la verità di Scopelliti. Scopelliti dice: bisogna riscrivere la storia di questa città che è stata scritta in maniera a volte, oserei dire, ignobile e di parte. Scopelliti racconta la sua verità, ma siccome Scopelliti la può raccontare con atti e documenti e con testimonianze, è una verità che è difficile da smontare. Ma perché serve questa pacificazione? Serve per creare quelle condizioni necessarie affinché si possa riaprire un dialogo anche tra le parti politiche, tra segmenti della società, tra realtà produttive, perché questa città è stata segnata in larga parte da coloro che ad un certo punto si sono ribellati e hanno inveito contro un modello di governo; e quelli che invece sono rimasti legati e fedeli sulla posizione a battagliare sull'idea che quello era il sogno vero della città, l'obiettivo più grande da raggiungere attraverso quel tipo di scenario e quel tipo di progetto. Ecco allora fin quando le anime di questa città non si ricongiungono - e la politica nei suoi massimi vertici, nelle sue massime espressioni anche della società deve fare questo sforzo - si torna a un dialogo, ad un'azione che diventa unitaria».
Secondo Scopelliti ci sono alcuni segnali che giungono anche da questa amministrazione - «che saranno anche involontari, probabilmente» - sono dei segnali che vanno letti su questo nuovo versante: «Questa è un'amministrazione che chiudeva il tapis roulant per far cancellare il ricordo del “Modello Reggio”, era un'amministrazione comunale che decideva di non investire sul waterfront e quindi sul Museo del mare, perché non ero opportuno farlo in quella fase storica. Questa è un'amministrazione che cerca di cancellare le notti bianche, i grandi eventi culturali, i teatri e così via… perché tutto questo era ricollegabile al Modello Reggio. È un’amministrazione che – continua Scopelliti – a distanza di oltre di quasi 10 anni si riposiziona, si ricollega, e cercando di scopiazzare ciò che invece ha rappresentato il Modello Reggio, e questo è un gesto che va colto, ripeto sarà volontario o involontario, però un gesto che io colgo».
Dal Modello Reggio, che lei reputa ancora attuale, all’annunciato avvio dei lavori del Museo del mare. Come è cambiata, se è cambiata, la città secondo lei?
«La città è cambiata purtroppo, e non lo dico io, ascolto, leggo e mi documento, però la città è cambiata in peggio, decisamente in peggio. Lo dicono i cittadini, lo dice la gente per strada, lo dice la gente che ha votato questa amministrazione. Poc'anzi facevo una riflessione amara perché poi siamo reggini e poi siamo di centrodestra. Questa è la città dei lenzuoli bianchi. Ero un ragazzo quando d'estate andavamo in giro con gli scooter e con le vespe e si vedevano i famosi lenzuoli bianchi dei morti ammazzati. Oggi questa è la città delle recinzioni arancioni, che sono anche queste delle morti del territorio, mentre quelle erano morti fisiche di uomini queste sono dei colpi mortali che si danno al territorio. Ci sono dovunque, e queste recinzioni sono il segno di una inadeguatezza e di incapacità di un'amministrazione ad intervenire per risolvere i problemi più spiccioli».
La gente, per Scopelliti che fu riconfermato col 70%, giudica già dalle piccole cose. «Quando io dicevo dobbiamo costruire la città dei prossimi trent'anni, era la capacità di leggere in prospettiva. Oggi quel Museo del mare, il nuovo waterfront, l'idea del Monastero della Visitazione, che ancora non sappiamo quando aprirà, il Piccolo Museo San Paolo, Villa Zerbi con le sue mostre, dovevano costruire una città che fosse sempre più meta turistica e quindi di interesse e di attrazione per un turismo che non è il turismo mordi e fuggi di chi viene a vedere i Bronzi».
Scopelliti rinverdisce anche l’idea del Museo del Mediterraneo, «un grande evento annuale che volevamo realizzare sul lungomare di Reggio Calabria all'Arena di Ciccio Franco, portando i migliori artisti dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo e costruire un evento con le opere che poi venivano trattenute dal Comune e messe in questo museo proprio per rappresentare la sua centralità su questo grande scenario del Mediterraneo».
Per Scopelliti il Museo del mare dovrà essere intitolato a “Gianni Versace” e dovrebbe contenere oltre che l’acquario per come previsto, anche le statue dei Bronzi di Riace, messe in mostra dalle vetrate che danno sul mare, per essere ammirati anche dall’esterno, da lontano. Un museo insomma che più degli stessi bronzi fosse capace di identificare la città, alla stregua del Colosseo per Roma, o la Torre Eiffel per Parigi.
«Questo era il Modello Reggio, ecco perché si può attualizzare, cioè può essere un attimo rivisto ma comunque quella è la direzione e penso dicendo queste cose di non offendere nessuno».
Da tempo in città si rincorre la domanda sul futuro di Scopelliti. Recentemente lei ha dichiarato di essere disponibile a partecipare ad un progetto che lo coinvolga in maniera indiretta alle prossime elezioni ma ha anche posto dei paletti, anche fornendo l’identikit del candidato sindaco. Ecco ci può sinteticamente dire se ha prenotato un posto da assessore o da dirigente?
«Nessuno dei due (ride, ndr). C'è una scelta di vita, io sono reggino ma chi mi conosce sa che per me la mia città è sempre stata prima di tutto e di tutti. A differenza di qualcuno che sulla mia pelle si è costruito la carriera fuori, io non sono andato via da questa città. E una volta che ho deciso di restare, da cittadino penso e mi sento obbligato, di poter raccontare e dire la mia. È stato un messaggio che ho dato in più circostanze, non sono interessato a nessuna candidatura, a ruoli elettivi, però da cittadino se devo dare un contributo per spiegare cosa era il modello Reggio, quali sono secondo me le idee per la città a un tavolo in cui, diciamo così, vengo chiamato a far parte nonostante gli impegni lavorativi, per me è un piacere poterlo fare, perché è un modo di contribuire alla crescita della città o alla ripresa di un cammino di questa città che è la nostra, vivono i nostri figli, ed è giusto che ognuno di noi in forme diverse ci prodighiamo per dare un contributo».
Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, è un nuovo centrodestra rispetto a quello che spesso rimpiange nei suoi incontri pubblici. Quali sono i limiti e se vogliamo le opportunità non colte dalla coalizione?
«Questo centrodestra sicuramente poteva svolgere un ruolo più incisivo, non c'è ombra di dubbio. È ancora in tempo, si sta riorganizzando, sta lavorando. Dai segnali che ricevo mi pare di capire che c'è una grande volontà a fare delle scelte in maniera preventiva, in modo da non arrivare a ridosso delle elezioni e fare una scelta magari obbligata. Una scelta che nasca sul territorio e quindi questo già è un segnale importante e ovviamente viene colto come una sensibilità da parte della politica che si fa carico per tempo dei problemi di questa città. E poi c'è anche questa giusta e dovuta in considerazione da fare: questo è un governo, il governo Meloni, che comunque su questa parte del territorio ha concentrato tanti sforzi, che si occupa in maniera puntuale, attenta, delle problematiche di questo territorio. È chiaro che noi tutti auspichiamo che con una nuova stagione di governo, il governo possa dare ulteriori input positivi proprio perché la città ha bisogno di una fase importante di rilancio che da sola non potrà vivere».
Scopelliti parla delle tante risorse da spendere, ma anche di quelle che c’erano e sono andate perse negli ultimi dieci anni (quelli della mobilità, degli scarichi a mare, delle fiumare, del Decreto Reggio: «Questo territorio in dieci anni poteva avere 4, 5, 6, 10 strutture in più, 10 opere in più che potevano dare il segno della crescita e anche in termini occupazionali una risposta significativa».
Vede un sindaco donna nel futuro della città?
«Vedo anche un sindaco donna, e devo dire la verità l’identikit per me rimane quello, non ha importanza il sesso, ma ci vuole una persona che sia profondamente innamorata della città di Reggio Calabria e ce ne sono sia a destra che a sinistra. Io penso che questa città un segno di pacificazione lo deve dare, e credo che bisogna ripartire da ciò che è stato il 2012 quando la città venne letteralmente uccisa ancora una volta dallo Stato centrale, con quello scioglimento del Consiglio comunale. Quello è un atto criminale che lo Stato ha messo in campo nei confronti della città e che non meritava e che non merita ancora oggi quel trattamento».
Sul punto Scopelliti non indietreggia di un millimetro, proseguendo in quella operazione verità che ritiene essenziale per la pacificazione che lui stesso ha invocato.
«Reggio Calabria non doveva essere commissariata. Vi era una tentazione, una volontà da parte del Ministero di penalizzare due dirigenti che agli occhi dei commissari che erano stati a Reggio Calabria, erano discutibili. Quindi si voleva attuare dei provvedimenti su due dirigenti, ma guarda caso nel momento in cui si delineava questo scenario che quindi salvava la città da una gogna mediatica vergognosa, ignobile e fuori da ogni aspettativa, due giorni dopo arriva la coincidenza degli arresti del processo di quello che è stata la vicenda Leonia. Quegli arresti, ovviamente, rispetto a una non politica come era il Ministro Cancellieri, fa determinare di impeto la scelta di procedere verso lo scioglimento, perché la situazione rischiava di diventare ingestibile. Questa è la mia verità, e se qualcuno pensa di avere verità diverse io sono pronto a confrontarmi. La storia è questa, e va riscritta su questi presupposti e su questi elementi. Viene sciolto il Consiglio comunale, e poi è storia che a distanza di 9 anni nel processo Leonia di fronte alla Corte di Cassazione sono stati tutti assolti. Ma la città era già stata condannata».
Da ex presidente della Regione come vede una eventuale sfida per tra l’auto-ricandidato Occhiuto e Falcomatà, che non ha nascosto le sue ambizioni politiche personali?
«Le ambizioni personali sono legittime, chi fa politica magari è giusto e corretto che abbia le sue ambizioni, dei sogni. La verità è che chi arriva a una candidatura ci arriva solitamente perché è stato un ottimo amministratore. Quando Scopelliti fu scelto, da reggino, cosa mai accaduta prima, la candidatura arrivava perché era una scelta obbligata nel centrodestra, perché Scopelliti era stato il sindaco più amato in Italia per due anni 2008 e 2009, era stato un sindaco che aveva fatto diventare Reggio Calabria città metropolitana, grazie all'impegno del parlamento e della maggioranza del governo Berlusconi-Fini. Quindi automaticamente è chiaro che Scopelliti era l'uomo di punta del centrodestra. E se Falcomatà oggi rappresenta l’uomo di punta del centrosinistra vuol dire che non hanno una grande squadra da mettere in campo. Io dico che non c’è un solo elemento che possa dare la possibilità, in politica, a Falcomatà di uno spazio di una candidatura. Però io sono fuori alla politica, le regole di un tempo sono cambiate e quindi non escludo nulla, non dipenderà certamente da me».