Si riesce a litigare perfino sul post-referendum, con posizioni che si sfumano e mescolano nel più classico schema politico in vista delle future tornate elettorali. La città unica di Cosenza, Rende e Castrolibero è per adesso un progetto accantonato, mandato al tappeto dall’astensione record registrata nell’area urbana. Cavalcarla non avrebbe senso, potrebbe essere stata serenamente una delega in bianco ai firmatari della legge di fusione o una vigorosa forma di protesta contro la stessa. Non lo saprà mai nessuno, di che ne dicano vincitori e vinti.

L’unica cosa certa è che nell’armadio della I Commissione Affari Istituzionali della Regione Calabria presieduta da Luciana De Francesco, l’incartamento è soltanto scalato sotto qualche altro faldone. Prima o poi, probabilmente già a gennaio, i componenti della stessa discuteranno su cosa fare. Vaglieranno anche l’opzione di cestinarla definitivamente, il tutto al netto dei comunicati ufficiali dei partiti che, si sa, hanno minoranze e maggioranze interne. E perfino nel cuore delle stesse vi sono gruppi più o meno trainanti.

Una campagna referendaria cattiva

La campagna referendaria culminata con l’affermazione complessiva dei No (58,23%) ha vissuto momenti delicati, prodotto fake news e accuse ad personam. Definirla “cattiva” è addirittura un eufemismo per le terminologie ascoltate in comizi di piazza («è un inutile idiota» riferito ad un avversario resterà negli annali, ndr) e per le parole lette nelle note recapitate alle mail redazionali con scadenze ossessive.

I promotori dell’iniziativa legislativa (otto consiglieri regionali di centrodestra) e i supporter del Sì (tutti i partiti meno il M5S) non sono riusciti a spoliticizzare il quesito. Oppure, più semplicemente, è stato più bravo il fronte del No a tramutarlo in un referendum sulla classe politica che sosteneva i vantaggi della creazione del nuovo centro di governo. L’accusa maggiore, quella di aver imposto un percorso non condividendolo con i consigli comunali, di cui uno sciolto per presunte infiltrazioni mafiose, alla lunga è risultata quasi ininfluente. La valanga dei No a Castrolibero (74,54%) e a Rende (81,43%) è stata invece un plebiscito per gli esponenti locali. Per il sindaco Orlandino Greco nel primo caso, per Sandro Principe e tutti gli altri politici rendesi, confluiti da destra a sinistra nel Comitato popolare indipendentista, nel secondo.

La posizione ibrida di Palazzo dei Bruzi

Un capitolo a parte merita Palazzo dei Bruzi dove la maggioranza è stata pressoché silente. Nessuno si è speso per il Sì, eccezione fatta per i tre consiglieri di “Democrazia e Partecipazione” fuoriusciti dal gruppo consiliare del Pd. C’ha pensato Franz Caruso lo scorso 19 dicembre a fare chiarezza. «Dicono che non mi sia impegnato per il referendum? Certo che non mi sono impegnato, pur votando Sì - ha ammesso -. Io non ho condiviso il metodo e ho impugnato la legge omnibus nelle aule dei tribunali. Nessuno mi può dire di essere stato contro, perché noi crediamo nel progetto ma lo portiamo avanti in maniera diversa dal centrodestra senza imporre nulla».

Pochi dubbi, pertanto, sul fatto che l’esito sia stato accolto perfino con celata soddisfazione dal suo principale collaboratore Luigi Incarnato. Il segretario del Psi lavora alacremente per dar vita al proprio sogno: candidare il sindaco di Cosenza alla Regione contro Roberto Occhiuto. La sconfitta sulla città unica sancita dalle urne, nonostante il Sì al 69,48% nel comune governato dai socialisti, non può che fargli gioco. Altro discorso è invece aver rispolverato argomenti da anni ’90 come l’unione dei comuni subito dopo aver appreso dell’esito.

Le prospettive

Come detto, la legge di fusione è sempre lì, pronta ad essere rispolverata. Il senatore Mario Occhiuto, a freddo, ha provato a dare un input ai suoi colleghi di coalizione in Regione. Per adesso nessun riscontro, solo riflessioni. Le uniche prospettive, immediate, riguardano le elezioni di Rende che si celebreranno entro giugno. Oltre ai big che hanno alimentato il Comitato per il No, anche gli aspiranti consiglieri comunali scaldano i motori. Potranno continuare ad ambire ad uno scranno confrontandosi con un elettorato numericamente contenuto. Con la città unica sarebbe stato complicato. Ci sono prove di convivenza in corso: il Comitato è eterogeneo e la candidatura di Principe può essere messa in discussione soltanto staccandosene. Qualcuno lo farà da qui a qualche settimana.

Allargando il campo all’intera area urbana, tutti i protagonisti dell’infuocata campagna referendaria, per il Sì e per il No, a parole si dicono favorevoli a disegnare ex novo un percorso condiviso per giungere un giorno alla fusione. Dichiarazioni che come tante altre prodotte negli ultimi 40 anni si porterà via il vento. Insieme al numero di residenti che continua a crollare inesorabilmente a Cosenza, Rende e Castrolibero. Secondo le ultime proiezioni, la Calabria nel 2050 ne perderà così tanti quanto la somma di Reggio Calabria, Catanzaro e della città unica bruzia che non ci sarà, ma che ha lasciato ugualmente macerie.