È stato un anno decisamente particolare il 2022 per la politica che si è trovata improvvisamente di fronte a sfide inedite. Sociologi come Alberoni parlerebbero di Stato nascente dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina. Un conflitto che nelle intenzioni del Cremlino doveva essere lampo e invece si è trasformato in una guerra di posizione che dura da undici mesi e ha completamente stravolto l’ordine mondiale. Con conseguenze pesantissime da un punto di vista economico. Una sfida inaspettata per la politica mondiale che si è trovata di fronte ad una globalizzazione che si è mostrata nuda.

Questo ha sparigliato molto le carte e soprattutto messo in difficoltà i partiti sovranisti che vedevano proprio nella Russia e nell’euroscetticismo un modello di riferimento. Gli italiani però alle ultime Politiche hanno deciso di premiare lo stesso i partiti che si richiamavano a quei ragionamenti, mandando per la prima volta al potere un partito post-fascista. Le elezioni arrivano dopo una legislatura tormentata, senza una maggioranza politica. Un tormento testimoniato anche dalla elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Una scelta divenuta quasi obbligata, nonostante le riluttanze del protagonista, proprio per l’incapacità dei partiti di trovare un accordo.

Del resto la legislatura si era caratterizzata per governi di vari colori, dal giallo-verde al giallo-rosso, alternatisi alla guida del Paese fino all’avvento del governo di unità nazionale, guidato da Mario Draghi e sostenuto da tutto l’arco costituzionale tranne Fratelli d’Italia. Anche la fine di questo Governo è stata atipica: per la prima volta un premier ha rassegnato le dimissioni nonostante avesse i numeri in aula. Ma a Draghi non era andato giù lo strappo del MoVimento 5 Stelle e, una volta che si era rotto il patto di governo, non ha voluto tentare nessuna strada alternativa.

Si è andati ad elezioni con i risultati che tutti conosciamo. Il centrodestra ha vinto dappertutto nonostante la flessione sia della Lega sia di Forza Italia. Fratelli d’Italia ha fatto la parte del leone, ma non dappertutto. In Calabria il risultato non è stato certo esaltante nonostante i meloniani abbiano eletto Rapani e Orsomarso in Senato, Ferro, Antoniozzi e Roccella alla Camera. Occhiuto qui ha messo in moto tutta la sua forza elettorale, centrando l’obiettivo dichiarato di avere percentuali doppie rispetto al resto del Paese. Il risultato però non ha garantito il giusto riconoscimento a livello governativo. La Meloni non ha nominato nessun calabrese Ministro. Non solo ma si è opposta anche alla nomina a sottosegretario di Giuseppe Mangialavori (poi “ricompensato” con la nomina a presidente della commissione Bilancio) anche per la campagna stampa montata da Repubblica sul medico vibonese. La deputazione calabrese non ha saputo mediare una trattativa e così dal cilindro è venuta fuori Maria Tripodi, calabrese di origine ma da anni residente a Roma, che pur non avendo centrato l’elezione è stata gratificata con un posto di sottogoverno. Un problema relativo per Roberto Occhiuto che ha visto uscire indeboliti da questa partita i suoi principali alleati (lo stesso Mangialavori e Cannizzaro) e consolidarsi come unico interlocutore del Governo per la Calabria. In mezzo a questa vicenda lo scontro fra Forza Italia e la Meloni, o meglio la parte di Forza Italia rappresentata da Licia Ronzulli e il premier che ha aperto una spaccatura dentro gli Azzurri.

In effetti divisioni nel centrodestra si registrano anche a Reggio Calabria, dove la maggioranza si è già trovata senza il numero legale in Consiglio quando si dovevano approvare le nuove norme che regolano le slot. Ma segnali di “distanza” si scorgono anche in alcune dichiarazioni dello stesso Occhiuto che ha sconfessato la sua maggioranza sia sulla vicenda slot machine sia sulla proposta del consigliere supplente che ha definito lontana dal suo modo di governare. Altri attriti si erano registrati con l’ex assessore al Turismo Fausto Orsomarso. Prima con la questione dei gadget di Calabria Straordinaria poi con la realizzazione del mega padiglione di fronte la stazione di Milano. Scaramucce che per il momento covano sotto la cenere e che non preoccupano più di tanto Occhiuto il quale sa benissimo che alla fine il potere è un collante irresistibile e sa anche che la situazione politica è talmente fluida che non è detto che finirà la legislatura con l’identica maggioranza con cui è partito.

Molto dipenderà da cosa succede a livello nazionale e nei partiti che oggi sono all’opposizione. Il Pd è impantanato nel solito congresso che dovrà rifondare il partito, uscito dalle Politiche davvero con le ossa rotte. Dopo aver inseguito a lungo l’alleanza con il M5s, Letta ha improvvisamente rotto l’accordo per la crisi del Governo Draghi. Eppure sull’altare di questa alleanza in Calabria si è combinato un pastrocchio alle regionali. Disastro che ha avuto una coda lunga. Per quanto riguarda la Calabria, infatti, sono stati eletti solo due parlamentari: Nico Stumpo alla Camera e Nicola Irto al Senato. Sono rimasti fuori big come Enza Bruno Bossio, Carlo Guccione mentre uscenti come Antonio Viscomi non sono stati nemmeno ricandidati.

Questo ha creato disorientamento nella base già provata da anni di commissariamento, terminati solo nel gennaio scorso quando Nicola Irto è stato eletto segretario all’unanimità. L’attuale senatore ha provato a “normalizzare” il partito procedendo alla celebrazione dei congressi, ma in molti circoli si registrano intoppi che in provincia di Reggio, in qualche caso, sono finiti a carte bollate. Eppure il centrosinistra dimostra vitalità. Basti pensare che il centrodestra, da quando è alla guida del governo regionale, ha perso tutte le amministrative in Calabria. È vero che le elezioni di Catanzaro hanno rappresentato un caso davvero particolare per le divisioni del centrodestra che hanno portato alla vittoria Nicola Fiorita che oggi però si trova alle prese con l’anatra zoppa in consiglio. Il lavoro di apertura del centrosinistra verso la società civile e il mondo dell’associazionismo, che aveva promesso Amalia Bruni in campagna elettorale, per ora però non ha prodotto grandi effetti.

Chi invece sembra godere di buona salute è il M5s. Dato da molti per spacciato, soprattutto dopo le scissioni subite al suo interno e la crisi Draghi, il movimento ha dimostrato di avere invece il vento in poppa. Soprattutto in Calabria dove si è confermato primo partito con quasi il 30% dei consensi. Merito dell’appeal mediatico di Giuseppe Conte, ma anche di una politica che è riuscita a mantenere le sue promesse. I grillini hanno infatti potuto portare all’incasso non solo il reddito di cittadinanza, ma anche il superbonus e i tagli ai costi della politica. Quanto basta per apparire partito vicino ai più fragili ed erodere consensi a sinistra del Pd. Anche i grillini però sono alla prese con una riorganizzazione interna. In Calabria sono riusciti ad eleggere tre deputati (Anna Laura Orrico, Vittoria Baldino e Riccardo Tucci) e un senatore (Roberto Scarpinato). A loro si aggiunge l’eurodeputata Laura Ferrara e i due consiglieri regionali (Tavernise e Afflitto). La doccia fredda è arrivata qualche giorno fa con le dimissioni improvvise del coordinatore regionale, l’ortopedico Massimo Misiti, che apre adesso una fase nuova di organizzazione dei 5 Stelle che stanno trasformandosi da movimento in partito. Che potrebbe rappresentare un problema visto lo scarso radicamento del MoVimento sul territorio, dimostrato dalla scarsa presenza di consiglieri comunali e nessun sindaco eletto. Su questo fronte il futuro coordinatore regionale avrà molto da lavorare.

Non ha avuto invece vita lunga la proposta politica di Luigi De Magistris. Unione popolare non ha sfondato alle Politiche e la linea intransigente, né col Pd né col terzo polo, ha trovato in disaccordo il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo che recentemente ha aderito al gruppo misto. La sua idea è proprio quella di creare un collante fra le opposizioni in consiglio regionale per costruire l’alternativa ad Occhiuto fra cinque anni. Ma il lavoro del notaio vorrebbe andare oltre l’aula e coinvolgere magari il Terzo Polo di Renzi e Calenda che non ha rappresentanza in consiglio. All’epoca in realtà il terzo polo non era ancora nato ed ItaliaViva fu attraversata da una serie di defezioni dovute al disaccordo sulla linea politica indicata dal segretario regionale Ernesto Magorno. Il sindaco di Diamante non ha mai nascosto la sua propensione al dialogo col centrodestra e quindi con Roberto Occhiuto al quale offre spesso sponda. Ma i numeri dicono che oggi il Terzo Polo in Calabria vale il 4%, troppo poco per spostare equilibri. Ma come detto la situazione politica è molto fluida ed è facile prevedere un grande rimescolamento nella sua offerta.