La prima uscita pubblica è stata insieme ad uno sparuto gruppo di ristoratori calabresi, anche meno di quelli necessari per tenere su uno striscione. Sui social però sono attivi da un bel po’. Alternano insulti a Laura Boldrini, meme della Bellanova e deliranti strali contro «l’introduzione del 5G, dei vaccini, microchip e riconoscimento facciale, col Mes e l’azzeramento del contante» che sarebbero «facce della stessa medaglia». Si chiamano “Calabria prima di tutto”, hanno già qualche filiazione (almeno semantica) locale e si dichiarano movimento politico apartitico. Ma alla Lega devono tanto. O meglio, a un pezzo di Lega. Che si identifica con Vincenzo Sofo.

Bandiere verdi, cuore nero

Catapultato a Bruxelles con il fuso orario e solo grazie alla Brexit, il neo-eurodeputato ha approfittato del lockdown per strutturare in Calabria la propria area. Nella Lega e forse non solo. Di certo assai ispirata al principio – dichiarato – con cui Sofo, o meglio il suo storico mentore Fabrizio Fratus, nome storico della destra e fondatore del “Talebano”, ha iniziato a lavorare all’interno del Carroccio: riaggregare «attorno al progetto salviniano la dispersa area della destra politica italiana in modo da arrivare alla nascita di un nuovo grande movimento identitario».

L'approdo a Bruxelles

Di quella strategia, Sofo ne è stato fin dal principio la faccia pubblica. Sull’ex responsabile milanese di “Gioventù italiana”, la costola giovanile della Destra di Francesco Storace, folgorato sulla via del leghismo, Fratus ha riposto speranze e obiettivi elettorali. A Milano però al neoeurodeputato non è andata benissimo ed alla fine si è dovuto consolare con qualche non meglio precisata consulenza in Regione Lombardia. Quanto meno fino alle Europee, o meglio qualche mese dopo. Quando la Brexit ha liberato qualche scranno. Con sommo gaudio anche di chi in Calabria ha lavorato alla sua elezione e adesso è rimasto ad organizzare le retrovie.

La galassia nera nascosta nel Carroccio

Nostalgici del ventennio, giovani virgulti di tutte le sfumature della destra, combattenti e reduci di tutte le microsigle della galassia nera, nel pattuglione che oggi osanna Sofo c’è di tutto. La sua silente strutturazione è l’ennesimo scossone nel Carroccio calabro, più che diviso in correnti dilaniato da una guerra per bande, che si amano e si odiano a fasi alterne. Per i sofiani, riuniti dietro le bandiere di un’associazione che ufficialmente neanche sta nel partito, adesso è tempo di guerra. A loro l’eurodeputato piace un sacco, la Lega (Salvini incluso) meno. Ma molti, grazie al Carroccio e a Sofo che a Bruxelles lo rappresenta hanno anche uno stipendio. Pagato da Bruxelles.

Dalle nocciole alla reconquista, pensando a Bruxelles

Ancor prima di mettere piede in Parlamento Europeo, a regime ridotto causa Covid, Sofo ha formato la sua squadra. Dimenticate le nocciole su cui ha disquisito fin quando la pandemia non ha bloccato l’Europa, tra un bellicoso comunicato che invocava l’esercito contro la Turchia per la “reconquista” delle mascherine sequestrate e un appello al federalismo turistico in Italia, ha scelto i suoi. E non ha dimenticato chi ha confezionato la sua campagna elettorale calabra, fra visite a santuari a favor di camera e più riservate riunioni con partiti e organizzazioni dell’estrema destra, utili magari a strappare appoggi o desistenze nelle urne. Non li ha neanche obbligati a cambiar casa.

Mandatari elettorali, ventriloqui e faide

Con l’incarico di assistenti locali, sono stati lasciati in Calabria ad organizzare le retrovie Gaetano Amendola e Federico Cocco. Il primo per anni è stato la voce e la firma di Massud, ufficialmente associazione culturale, in realtà ennesimo laboratorio dell’estrema destra calabrese, fra ispirazioni evoliane, revanscismo sudista e il campionario classico della galassia nera. Cresciuto nel vivaio del talebano, Cocco invece è stato prima tuttofare della campagna di Sofo per Bruxelles, in seguito promosso a balia del candidato dell’eurodeputato alle Regionali, Pietro Molinaro, ex ultradecennale presidente di Coldiretti Calabria. E proprio su di lui – e sulle ambizioni frustrate da assessore – si sarebbe consumato lo strappo dell’area di Sofo con la Lega.

Agricoltura della discordia

Aspirante responsabile regionale dell’Agricoltura, certo di vincere il derby tutto interno al Carroccio calabro con uno degli altri quattro consiglieri “verdi” spediti alla Cittadella, Filippo Mancuso, proveniente dai ranghi dei rivali di Confagricoltura, Molinaro alla fine è stato beffato. Con buona pace delle pubbliche richieste avanzate dalla sua area per lui (e per il manager delle dive Cataldo Calabretta). E con il valido aiuto di pezzi della Lega, che hanno deciso di rinunciare all’assessorato e optare per la vicepresidenza, affidata a Spirlì. Da lì è iniziata la guerra. Con ostilità affidate ad Alfredo Iorio.

La Calabria prima di tutto

Calabro di nascita ma romano d’adozione, Iorio è stato lo storico responsabile della sezione del Msi di via Ottaviano, una delle più “nere” della Capitale, per poi peregrinare per mezza galassia nera. Nel 2016, da candidato sindaco di Roma con la lista “Patria”, riconducibile a un cartello di liste di estrema destra, da Fiamma Nazionale a Forza Nuova, non è andato oltre lo 0,2 percento e un paio di risse dialettiche con giornalisti di varie testate. Per un po’ ha fatto perdere le sue tracce, fino a riapparire in Calabria, ai tempi del matrimonio fra il “Movimento per la sovranità” di Alemanno e il Carroccio. Una relazione aperta e non esclusiva, ma soprattutto a quanto pare non stabile. Con “Calabria prima di tutto” – che a giro rilancia gli strali di Iorio contro Salvini "peggio di Garibaldi" ma tesse le lodi di Sofo – a fare da terzo incomodo.

Chi tace acconsente

Ufficialmente con le sue groupie politiche in Calabria l’eurodeputato non ha nulla a che fare. Non si rintracciano neanche endorsement social. Ma oltre a vantare storici legami e comuni intenti con gli animatori di “Calabria prima di tutto” e gruppi affini, i suoi assistenti in loco più volte sono stati visti alle manifestazioni da loro organizzate e che tanto sono piaciute a militanti e associazioni dell’estrema destra. Del resto, in squadra con Sofo è finito anche quello che per molti è fra gli ideologi di riferimento, l’antievoluzionista Fabrizio Fratus.

Un maestro è per sempre

Arrivato a Strasburgo, Sofo non ha dimenticato il suo mentore, nome noto nella galassia sovranista e orgoglioso presidente dell’associazione Narkas, impegnata tra le altre cose nella «ricerca delle tracce archeologiche dell'avvenuto diluvio biblico». Ed ecco che fra gli assistenti locali, cioè quelli neanche chiamati a traslocare oltre confine, il giovane eurodeputato chiama anche Fratus. Uno di quelli che «il fascismo ha portato avanti valori importanti, e se non ci fosse stata la guerra sarebbe ricordato come un periodo sicuramente positivo», per cui confessa intervistato di «provare simpatia» sebbene adesso preferisca definirsi «comunitarista». Ufficialmente, si proclama oltre la destra e la sinistra, espressione tanto cara al terrorista nero Franco Freda, ma la nidiata ideologica è quella del social-fascista esoterico Julius Evola.

La via sovranista al Front National 

È stato lui il teorico del traghettamento dell’estrema destra sotto le bandiere del Carroccio, con tanto di documento messo in discussione al congresso della Lega. Dove propone di «dichiarare fallita la democrazia rappresentativa dei partiti e dei sindacati, lanciando la sfida per una democrazia delle élite», annuncia di voler «combattere il progresso economico e sociale degli ultimi 20 anni, che ha portato alla disgregazione dei popoli e alla morte dello spirito comunitario e sociale» e invita a smantellare l’Ue (da cui grazie al suo pupillo oggi percepisce uno stipendio) per un’Europa composta da “mille patrie”, basate su autoproduzione, autoconsumo e autodeterminazione. Insomma, una specie di federazione di microfeudi che vivono di broccoli coltivati nelle rotonde o mangiano bulloni ma trovano il modo di andare d’accordo.

Nomi nuovi, teorie vecchie. Ma sempre eversive

Teorie per nulla nuove, che pescano a piene mani dal fascismo esoterico di Julius Evola e raccolgono tanto dell’Eurasia pensata dall’ex Ss belga Jean Thiriart, che in nome di una «geografia sacra» - una sorta di concezione metafisica del mondo comune a tutti i popoli – sognava un blocco unico da Lisbona a Vladivostock, a trazione russa. Idee oggi portate avanti da soggetti come il pensatore della destra putiniana Aleksander Dugin, punto di riferimento di vetero e neo-fascisti, skinhead e “camerati” di ogni sfumatura. E la Calabria in questo quadro? Magari c’è chi la sogna avamposto nero per la scalata all’Europa. Sogni assai vicini ad in una riedizione riveduta e corretta dei deliri del principe nero Valerio Junio Borghese?