INTERVISTA | L’esponente della giunta regionale prova a fare ordine dopo le polemiche che hanno accompagnato lo stop del Consiglio al regolamento approvato alla fine della scorsa legislatura: «È un problema di risorse»
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La prima seduta del Consiglio regionale ha regalato la prima, e molto accesa, polemica della legislatura. L’ordine del giorno, approvato a maggioranza praticamente al termine dei lavori, che blocca la riforma del Welfare ha scatenato una putiferio di reazioni dal mondo della politica e da quello del terzo settore. In Aula a protestare vivacemente al momento della votazione è stato il presidente uscente Nicola Irto che ha ammonito sul rischio “anarchia” se dovessero essere spazzate via le nuove regole su rette e regolarità delle strutture socio assistenziali. Ma nei giorni seguenti sia la Consulta del terzo settore, che i sindacati, che le singole associazioni hanno aspramente criticato la decisione di sospendere il regolamento attuativo della riforma licenziata faticosamente dal centrosinistra. Un regolamento che, nell’interpretazione del Forum del Terzo Settore, impedirebbe alla Regione di adeguarsi alla legge nazionale di sistema del 2000.
A proporre l’ordine del giorno tanto discusso è stato il consigliere Baldo Esposito della Cdl, con il benestare dell’assessore al Welfare Gianluca Gallo che si assume la responsabilità della decisione e spiega quale sia la posizione del governo regionale sul tema.
Come mai la decisione di inserire l’odg proprio alla prima seduta di Consiglio che avrebbe dovuto limitarsi all’elezione dell’Ufficio di presidenza e alla informativa della governatrice sul Covid-19?
«Si è scelta la prima seduta perché c’è da parte dei consiglieri e anche da parte mia una grave preoccupazione sui tempi e i rischi di una riforma, che io ho sempre definito “deforma”, approvata in fretta e furia al termine della scorsa legislatura dall’assessore Robbe con i voti dell’allora maggioranza di centrosinistra. Si tratta di una riforma che può provocare gravi danni al sistema del Terzo settore, alle strutture che vi operano e anche alla Regione».
Secondo la Consulta del Terzo Settore è l’odg che provocherà danni alle strutture che si sono adeguate ai nuovi parametri normativi…
«Le preoccupazioni espresse dai rappresentanti del settore sono infondate perché l’odg non ha valore amministrativo o legislativo, ma è solo una raccomandazione alla giunta di fare il punto della situazione e aprire al tavolo di concertazione con le strutture e con i loro rappresentanti. Dobbiamo fare in fretta anche perché la Regione non ha erogato il saldo dovuto per il 2019 in alcune Province, creando anche disparità sui territori».
Cosa non la convince della riforma del Welfare?
«Guardi la storia che ha portato all’approvazione delle nuove disposizioni ha una storia confusa. L’assessore Roccisano aveva modificato il regolamento in questione che poi è stato impugnato davanti Tar dal Comune di Catanzaro insieme ad alcune strutture. Ci ha riprovato poi l’assessore successivo, Angela Robbe, avviando un nuovo processo che ha accelerato improvvisamente sul finire della legislatura con un’approvazione a colpi di maggioranza per poi essere rinviato alla Terza Commissione per un parere, anche questo arrivato a maggioranza. Tanto che più volte avevo presentato ordini del giorno per ridiscutere del testo in Consiglio».
E queste sono anomalie eventuali sull’iter, ma in concreto quali parte del regolamento non la convincono?
«Il regolamento prevede che, in ossequio alla legge, le competenze in materia vengano devolute ai Comuni. Sono individuati una trentina di ambiti che coincidono, grosso modo, con i vecchi distretti sanitari. I Comuni non sono in grado di svolgere questa funzione, non hanno personale e neanche le giuste sensibilità. Ad esempio è avvenuto in alcuni casi che le risorse sono state trasferite ai Comuni che poi le hanno spese per fare altro. Non è stato poi determinato nessun piano dei fabbisogni facendo un adeguato monitoraggio. Le rette vengono praticamente triplicate ed è stato stabilito un aumento del personale, con alcune strutture che si sono già adeguate. Sono dunque lievitati i costi, ma la cifra messa in bilancio è sempre di 25 milioni, così come era prima».
E il costo in più chi dovrebbe garantirlo?
«Non avendo previsto risorse in più, il costo ricadrebbe sulle famiglie che, sopra un certa soglia reddito, dovrebbero partecipare alla retta. Con il rischio che molte potrebbero rinunciare al servizio a nocumento dei soggetti deboli (minori, anziani, soggetti diversamente abili) che non beneficerebbero dei servizi. E poi, sul finire della legislatura, scorsa con una specie di amnistia c’è stato anche una corsa generale accreditamento con le strutture accreditate che sono passate da 240 a 407, praticamente un raddoppio. E pensi che i nuovi accreditamenti erano fermi da anni. Tutte circostanza che ci hanno molto preoccupato anche perché sono già passati tre mesi del 2020, parte del 2019 non è stata pagata dalla Regione e alcune strutture non hanno neanche i contratti».
Adesso come si procede?
«Il mio obiettivo è soltanto quello di lasciare il sistema del Welfare in condizioni migliori rispetto a come l’ho ereditato. L’idea sarebbe quella di sospendere la riforma fino al 31 dicembre e nel frattempo valutare la sostenibilità finanziaria del tutto. Ovviamente aprendo un tavolo di concertazione con tutti i soggetti interessati, a partire dai rappresentanti del Tezo Settore».
Come assessorato al Welfare state pensando a iniziative di sostegno da mettere in campo per fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto?
«Stiamo lavorando su più fronti, ma le iniziative che adotteremo saranno annunciata dal presidente non appena le metteremo a punto durante le prossime riunioni di giunta. Proveremo ad utilizzare anche i fondi europei per dare sostegno alla Calabria».