Non è una novità più per nessuno, ormai, che i pretendenti alla carica di sindaco di Catanzaro siano al momento quattro. A Nicola Fiorita, Valerio Donato e Aldo Casalinuovo, si è infatti aggiunto Antonello Talerico, che se finora non ha svolto la conferenza stampa di annuncio della candidatura è verosimilmente solo per un motivo: il volersi presentare all’importante appuntamento rendendo anche e soprattutto nota l’area di riferimento a sostegno del progetto complessivo di amministrazione della città.

Il giovane presidente degli Avvocati ha però nel frattempo registrato l’appoggio di Azione e quindi di Carlo Calenda, avendolo peraltro incontrato di recente. Senza contare come, con la nomina a segretario regionale di Noi di Centro di Anselmo Torchia (il collega da cui è assistito insieme ad altri nel ricorso contro Michele Comito e Valeria Fedele per la presunta ineleggibilità in consiglio regionale di questi ultimi, i quali lo hanno preceduto alle elezioni dello scorso inizio ottobre), potrebbe essere scontato anche l’appoggio dei mastelliani. Ma è chiaro che per vincere ci vogliono liste forti e ben radicate sul territorio. Cosa a cui Talerico sta lavorando, avendo peraltro la possibilità - comunque vada - di comporne un paio per conto suo.

Il presidente, però, avrebbe potuto essere l’alfiere del centrodestra, se non avesse rotto con il dominus di Forza Italia in Calabria, Giuseppe Mangialavori, avendo come premesso intrapreso la strada della contestazione giudiziaria dell’esito del voto alle Regionali in un certo qual modo tirandosi anche dietro gli altri ricorrenti: di destra e di sinistra.

Ecco allora come adesso dovrà cercare di pescare anche nella parte “non allineata” del centrodestra catanzarese, il quale con i partiti di Fi, Fdi, Udc e Lega (in cima ai Tre Colli sinonimo del gruppo vicino al neopresidente dell’assise di Palazzo Campanella, Filippo Mancuso) è alla ricerca di una soluzione unitaria (leggasi anche di una figura in grado di esercitare un’autorevole rappresentanza) e quindi non divisiva (aggettivo oltretutto di gran moda in questo periodo di corsa alla successione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica) accettata da tutti - o quantomeno dalla maggior parte della coalizione - che potrebbe portare a Baldo Esposito. Il quale di problemi da risolvere non ne ha di certo pochi. Ma che in uno scenario frammentato potrebbe contare su un blocco più o meno coeso, con il solo rischio di “erosione” costituito da una proposta al centro a fronte di una sinistra invece spaccata.

E qui entrano in gioco proprio due personalità che rispondono al nome dei citati Donato e Talerico. Che alla fine, e questo è un fatto, per dar sostegno al loro intento di scalare il vertice di Palazzo De Nobili devono trarre linfa da un bacino d’utenza (per così definirlo) comune. Riguardo a Donato va inoltre sottolineato che di sicuro chi gli sta intorno non lo manderà a… sbattere. Rischio che ad esempio corse seriamente un altro professionista di spessore quale Tonino De Marco cinque anni fa fino a fare un forse leggermente tardivo passo indietro, anche alla luce della virata improvvisa di quanti lo supportavano nella direzione di Sergio Abramo e del centrodestra.

Situazione che però, come premesso, dovrebbe essere sostanzialmente diversa per Donato, considerato come le indiscrezioni rispetto ai suoi sostenitori - fra cui continua oltretutto ad annoverarsi la famiglia Guerriero, malgrado alcune voci la darebbero in dubbio per il legame con il Pd e il “centrosinistra tradizionale” - vanno verso l’assoluta non condivisione della proposta Fiorita. Che pare proprio in nessun caso avrà il sostegno dei donatiani oltreché di Casalinuovo e di quanti si richiamano alle posizioni di Luigi De Magistris. Sarà per tale ragione che Dem, M5S e soci, coagulatisi intorno all’ipotesi fioritiana - nell’auspicio di aumentare peso e quantità delle liste - avevano chiesto una pubblica adesione ai Guerriero, finora però non ricevendo alcuna risposta.