Sergio Mattarella, contro la sua stessa volontà e per spirito di servizio verso la Repubblica, come solo i grandi uomini di Stato sanno fare, si ri-appresta a servire la Costituzione per altri sette anni. Tutti i capigruppo della maggioranza che sostengono il governo Draghi, alla spicciolata e con il cappello in mano, si sono recati al Quirinale per pregare il Capo di Stato uscente a rimanere per il bene del paese alla testa della più alta istituzione nazionale.

Sullo sfondo possiamo tranquillamente affermare che rimangono le macerie di una classe dirigente, quella della seconda e terza Repubblica, che ancora una volta, salva la faccia, grazie allo spirito di servizio di un uomo della prima. Era già successo con Giorgio Napolitano. La cosa certa alla fine è una: l’incapacità dell’attuale classe dirigente ad affermarsi come autorevole e credibile.

Con la rielezione di Matterella e la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi, se da un lato reggono le istituzioni e le interlocuzioni internazionali, dall’altro lato, invece, si profila uno sconvolgimento del quadro politico. Proviamo a fare il punto sinteticamente sul perché di questo sconvolgimento, e riflettere su qualche novità.

Conte e Salvini sul finale stavano mettendo in campo Elisabetta Belloni, diplomatica e attuale dirigente dei servizi segreti, hanno tentato un colpo di mano: resuscitare l’asse “gialloverde” a discapito del resto della maggioranza di governo. Il tutto, con la benedizione di Grillo. Travaglio e Il Fatto Quotidiano avevano subito offerto supporto mediatico alla strategia. La manovra, alquanto maldestra, faceva emergere l’irritazione di Enrico Letta e il fastidio dello stesso Luigi Di Maio. Italia Viva, Forza Italia, Mezzo Pd e Leu, quindi, stoppano sul nascere la candidatura della direttrice del Dis, si dirà, per motivi di opportunità istituzionale. Alla fine della giornata, Berlusconi e Tajani ritirano la delega a Salvini sulle trattative e cominciano a mettersi in proprio. Fine della coalizione di centrodestra.

Il Bilancio, sul piano politico, è disastroso. La seconda carica dello stato massacrata. Il capo dei servizi segreti buttato nell’arena dello scontro politico. La giornata si apre con l’auto censura di Salvini, il quale, si mette in attesa delle mosse degli altri protagonisti politici. Fine del ruolo di king maker per il capitano del Carroccio che, per la verità, ad affondarsi ci aveva messo del suo.

Le novità: a) emerge un consistente polo centrista parlamentare, Tajani lo ha riunito nella notte e sembra che fossero arrivati a circa 180 parlamentari; b) alla prova dei fatti l’asse Conte/Letta e di conseguenza l’alleanza PD-M5S si è vaporizzata; c) le coalizioni sono state stravolte; d) le leadership sia di Conte che di Salvini, al di là dell’esito finale, fortemente ridimensionate; e) in meno di 24 ore, prima Salvini e poi Conte, si sono resi responsabili di una sgrammaticatura istituzionale mai successa nella storia repubblicana, tentare di eleggere un presidente rompendo gli equilibri politici di governo.

È evidente, dunque, che la partita del Quirinale, ha fatto emergere prepotentemente uno sguaiato dilettantismo politico e istituzionale, destinato a lasciare lacerazioni profonde tra le forze politiche. È indubbio, ormai, che le dinamiche dei partiti sono profondamente modificate.

Le leghe sono due: quella di Salvini e quella di Giorgetti e dei Governatori. Il M5S si articola tra Conte e Di Maio. Nel Pd emerge un’ala centrista che ha marginalizzato, di fatto, l’ala più di sinistra erede del PCI. Le forze politiche a destra come a sinistra, dunque, dovranno riflettere sulla propria funzione e sulla propria visione della società, ridando valore alle aeree e alle sensibilità culturali, piuttosto che, al cinico opportunismo correntizio.

La nascita di un sano neocentrismo, per esempio, non è detto che non sia un bene per un paese come il nostro. Anzi, potrebbe essere la sintesi di una visione moderata che, tra l’altro, in Italia, ha sempre avuto un discreto spazio di iniziativa politica. A sinistra, invece, dovranno riflettere, laicamente, in molti, sulla necessità di ricostruire una moderna visione socialista di stampo europeo. Ma questa è un’altra storia. Sul Quirinale alla fine, l’estrema ratio, si è drammaticamente concretizzata.

Da registrare il senso dello Stato dimostrato da Pier Ferdinando Casini, il quale, politicamente esce più forte da questa vicenda e potrà ancora essere una risorsa a disposizione proprio di quel nascente polo centrista. L’ex presidente della Camera è evidente che non abbia trovato il via libera nella logica devastante dei veti e controveti, ma avrebbe potuto essere un buon presidente. E, ciò, potrà preservarlo come risorsa politica e istituzionale.

L’ipotesi donna non ha avuto chance per la inadeguatezza delle proposte. L’unica soluzione avrebbe potuto essere il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, donna dall’altissimo profilo istituzionale, già presidente della Corte costituzionale, osteggiata però, da pezzi della politica e della magistratura, quella più forcaiola e giustizialista, per intenderci, rappresentata pesantemente nel M5S.

Appare chiaro, dunque, che il quadro politico che emergerà dalla ri-elezione di Mattarella, sarà peggiore e più lacerato, di quello di qualche giorno fa. Gli unici che possono tirare un sospiro di sollievo sono quei parlamentari terrorizzati dalle elezioni anticipate. Per il resto, i partiti e le leadership politiche, invece, inizia una fase difficilissima che tra un anno potrebbe consegnarci un quadro radicalmente cambiato.