Nei paesi liberi l'astensionismo è anche il sintomo di solide basi democratiche, perché esistono paletti costituzionali e sovranazionali che impediscono derive autoritarie. Finché qualcosa cambia. Ecco perché non si può abbassare la guardia
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In un mondo ideale l’astensione elettorale non dovrebbe esistere: tutti dovrebbero avvertire il dovere di andare a votare per scegliere i propri leader. Ma quello nel quale viviamo è tutto tranne che il mondo ideale. Eppure, l’Occidente è stato così lungimirante da proteggersi da se stesso. Consapevole dei propri limiti e di un processo di secolarizzazione inarrestabile, ha piantato paletti democratici apparentemente insormontabili, che spesso rendono superfluo il voto di massa.
Democrazia con basi solide
L’astensione, dunque, non è (soltanto) un segnale di indifferenza e di sfiducia, ma visto da un’altra prospettiva questo fenomeno è per certi versi il segno più tangibile di una democrazia con fondamenta solide. Preoccuparsi eccessivamente per la bassissima affluenza alle urne durante le recenti regionali in Lombardia e Lazio, rischia quindi di ridursi a un mero esercizio di retorica politica.
Nei sistemi autoritari tutti alle urne
I Paesi dove la gente va a votare in massa sono principalmente di due tipi: quelli dove la democrazia è a rischio e quelli dove la democrazia è già morta e sepolta da un pezzo. Nei regimi totalitari le percentuali di votanti sono plebiscitarie, perché il più delle volte il voto è una farsa che serve a dare una parvenza di legittimazione al tiranno di turno. In questi contesti, astenersi non è ammesso, meno che mai votare contro, e chi si oppone ne paga le conseguenze sulla propria pelle. Letteralmente.
Garanzie costituzionali e sovranazionali
Nei Paesi occidentali stabilmente inseriti in contesti di cooperazione democratica, come possono essere l’Alleanza atlantica e l’Unione europea, il voto conserva intatto il suo altissimo valore simbolico, ma perde gradualmente (e probabilmente continuerà a farlo) il suo valore d’uso. Questo perché esistono norme costituzionali e sovranazionali che determinano i destini di quei Paesi.
Un quadro di garanzie democratiche, motivato da pulsioni economiche di libero mercato pienamente condivise, che inibisce gli estremismi, relegandoli alla sola dialettica politica. Quella che trova spazio quasi esclusivamente in tv e sulle pagine dei giornali, dove si continua a proporre la dicotomia destra-sinistra esclusivamente a uso e consumo di una classe politica estremamente fluida e intercambiabile, che ambisce a far carriera nello Stato.
Il governo Meloni cosa ha fatto "di destra"?
Ad esempio, cosa ha fatto veramente “di destra” il governo Meloni da quando si è insediato? Nei fatti, nulla. Il primo governo di matrice postfascista della storia italiana è praticamente indistinguibile dal governo che l’ha preceduto, se non per la qualità personali dei singoli. In politica estera e nella cooperazione europea, Meloni non ha abbandonato il solco tracciato da Draghi, che forse è stato il più fulgido esempio di questa “internazionale-democratica”.
Se, ad esempio, domani la premier decidesse di rendere illegale l’aborto o dare seguito alla sua fantomatica promessa elettorale del blocco navale, impedendo con la forza militare l’immigrazione clandestina e cannoneggiando i barconi che sconfinano nelle acque territoriali italiane, diventerebbe immediatamente un paria e il Paese subirebbe le conseguenze di un isolamento internazionale che nessuno, da questa parte della barricata, si può permettere.
Tutto bene, si potrebbe concludere. E invece no. Perché se è vero che forse ci possiamo ancora permettere di non andare a votare, rassicurati dal fatto che, in fondo, niente di strutturale potrà cambiare, è altrettanto vero che dare per scontata la democrazia è un errore che può risultare fatale.
Stati uniti esempio e monito: tutto può cambiare
Gli Stati Uniti, faro del mondo libero e del capitalismo, sono stati a un passo dal colpo di Stato con l’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio del 2021. Ciò che nessuno avrebbe immaginato fino a poche ore prima, in un lampo è diventato realtà, con le immagini dei manifestanti pro-Trump che invadevano il Campidoglio e vandalizzavano i simboli della più grande e potente democrazia del globo, dove l’astensione elettorale è un fenomeno endemico che fino a un decennio fa ha fatto toccare punte del 70 per cento. E non è un caso che nelle elezioni presidenziali del 2020, quando Trump era ormai avvertito dalla maggioranza dei cittadini come un pericolo per la tenuta democratica del paese, il dato si sia invertito, e l’astensione si è ridotta al 30 per cento. Insomma, il campanello d’allarme è suonato e gli elettori americani sono corsi ai seggi elettorali.
Gli anticorpi della democrazia vanno rinforzati
Quindi, strapparsi le vesti per l’astensione sempre più alta in Italia è eccessivo, ma non preoccuparsi affatto, nell’illusione che gli anticorpi della democrazia siano sufficienti a proteggerla, è forse un errore molto più grave che può spingere ad abbassare la guardia, finché un nuovo virus, magari sconosciuto e dalla faccia rassicurante, abbia il sopravvento.