Ci siamo. Finalmente la campagna elettorale è finita e, se volessimo assecondare la retorica di questi momenti, bisognerebbe dire che ora “la parola passa al popolo”. Ma, mai come questa volta, un’affermazione come questa suonerebbe fasulla come il tintinnio di una moneta da 3 euro.

Lo shock che molti avranno in cabina elettorale, quando si renderanno conto di non avere nessuna autonoma possibilità di scelta, salvo - come cantava Edoardo Bennato - di “mettere una croce a caso dove più gli pare”, sarà enorme. Questa è una variabile che nessun sondaggista ha stimato, che nessun analista ha forse valutato abbastanza: lo sgomento degli elettori inconsapevoli.

Tantissimi realizzeranno all’ultimo istante che non si tratta di votare per Meloni o Letta, per Calenda o Conte, per Salvini o Berlusconi. Il Rosatellum è una porcata di proporzioni geopolitiche che meriterebbe l’intervento degli osservatori delle Nazioni unite, perché è una legge elettorale che consente ai partiti di decidere in anticipo chi deve andare in Parlamento e chi no, riducendo la scelta dell’elettore a semplice tifoseria da stadio.

Così, confusi con la matita in mano, nella solitudine della cabina, tanti scopriranno con sgomento che per sventolare la bandiera della propria squadra dovranno dare il via libera all’elezione di uno o di una che non ci pensavano proprio a votare. Cosa potrà provocare questa doccia fredda in termini di risultati elettorali non è facile dirlo, ma di certo saranno tantissime le schede annullate con un segno d’ira, anche a causa dell’impossibilità di esprimere il voto disgiunto. Coloro che, invece, di tutto ciò sono già consapevoli e non hanno bisogno di raggiungere il seggio per realizzare di essere stati fregati, probabilmente a votare non ci andranno proprio.

Mai come questa volta è difficile biasimare chi sceglierà di astenersi. Perché mai come questa volta non votare non coinciderà con un’anarchica e consapevole protesta anti-sistema, ma con una più grave e significativa stanchezza civica, una disillusione che logora le fondamenta della partecipazione democratica. E la responsabilità sarà di tutti i partiti, di destra e di sinistra, che hanno negato al Paese una legge elettorale sincera, con il solo scopo di poter distribuire sul tavolo un mazzo di carte truccate.

In questo contesto, gli appelli al voto, affinché le urne non vengano disertate, hanno un effetto alienante. Ne sono consapevoli anche i leader politici, che - a differenza del passato - sul pericolo dell’assenteismo hanno glissato alla grande durante questa campagna elettorale.

Forse perché anche loro, al netto delle ipocrisie elettoralistiche, sono consapevoli che invitare tutti ad andare a votare, oggi appare un po’come spingere una batteria di tacchini a cantare Jingle bells in coro prima del Natale. Che vadano a votare tutti, solo la metà o anche appena un terzo degli elettori, le percentuali di vittoria e sconfitta saranno sempre le stesse, e ai partiti interessa soltanto questo. Né si sentiranno delegittimati se l’astensione sarà da record, perché alla fine quello che conta sono i posti in Parlamento che conquisteranno. E quelli se li vedranno assegnare anche se ai seggi si presenteranno quattro gatti.

Ma sia chiaro, questo non è un invito a disertare le urne. È piuttosto un consiglio a informarsi su chi sono i candidati inseriti nelle liste bloccate del proprio collegio (magari consultando il nostro Speciale elezioni), per evitare di vacillare una volta in cabina. E chissà, magari in molti avranno la fortuna di veder coincidere le proprie aspettative con i nomi stampati in cima alle schede. Ma molti altri si renderanno conto in anticipo che per votare il “proprio” partito dovranno spianare la strada verso Roma a chi non avrebbero mai pensato di sostenere.