La Città Metropolitana di Reggio Calabria e la Calabria intera affrontano una nuova ondata di provvedimenti che minacciano direttamente l’accessibilità e la qualità dell’istruzione pubblica. Con il piano di dimensionamento scolastico previsto per il prossimo anno scolastico 2025/2026, oltre ai tagli alla scuola inclusi nella legge di bilancio del governo Meloni, le prospettive per le scuole del territorio diventano allarmanti. In un’area come il reggino, già colpita da spopolamento e fragilità socioeconomiche, ogni autonomia scolastica persa significa un impoverimento formativo e un ulteriore allontanamento dei servizi educativi dai giovani e dalle famiglie.

Il Dimensionamento Scolastico

Spesso si fa confusione su cosa sia il tanto vituperato dimensionamento scolastico, che altro non è che una misura che punta a ridurre il numero di autonomie scolastiche – ovvero istituti comprensivi e scuole superiori con una propria dirigenza e amministrazione – attraverso accorpamenti, con l’obiettivo dichiarato di ottimizzare le risorse. Questo però non significa chiudere fisicamente le scuole (o plessi), bensì unificare diverse istituzioni sotto una stessa guida. La conseguenza è che una singola dirigenza si trova a gestire più plessi e territori, riducendo l'attenzione specifica per ciascun istituto e indebolendo la rete scolastica, in particolar modo nelle aree periferiche e montane.

Nel 2024, ben 17 autonomie scolastiche sono state accorpate nella sola provincia di Reggio Calabria. Il prezzo di questa razionalizzazione è un depauperamento dell’offerta formativa locale, che allontana l’istruzione dalle comunità. I tagli e gli accorpamenti non portano miglioramenti, ma aggravano la situazione di territori che già devono fronteggiare un alto tasso di abbandono scolastico e carenze strutturali.

La scuola non è un’azienda e l’istruzione non può essere trattata come una semplice voce di bilancio da tagliare o accorpare. Eppure questo accade, è accaduto e continua ad accadere. Il dimensionamento è quindi percepito come una scelta miope, incapace di considerare l’importanza strategica delle scuole locali per il tessuto sociale e culturale del Sud Italia.

Le carte da giocare per tempo

Nel 2024, i sindaci delle comunità con minoranze linguistiche - compresa Reggio Calabria - hanno tentato di fare leva sulla normativa che prevede deroghe per le scuole situate in territori caratterizzati da lingue minoritarie. Nell’area grecanica, ad esempio, diversi amministratori hanno chiesto di esentare gli istituti scolastici dal dimensionamento, proprio per preservare il valore educativo e culturale di queste scuole per le comunità locali.

La allora vicepresidente della giunta regionale, Giusy Princi, aveva invitato ad agire per tempo. «La legge n. 482/90, tutt’ora vigente, - aveva dichiarato la oggi eurodeputata reggina - in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei, tutela le minoranze linguistiche dal punto di vista della didattica non incidendo però, in alcun modo, sull’organizzazione della rete scolastica e quindi sulle autonomie scolastiche».

Le carte da giocare ci sono, e devono arrivare principalmente dai territori. «Le Linee guida regionali, prevedevano, - si legge nella dichiarazione dello scorso gennaio - la possibilità che le province (con il criterio compensativo), potessero determinarsi nel tutelare i territori che presentavano particolari specificità e/o criticità, quali aree interne, minoranze linguistiche, comuni montani, territori con alti tassi di dispersione scolastica, eccetera. È una prerogativa che la Regione, attraverso linee guida a maglie larghe, e d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale, e con le Organizzazioni sindacali di categoria, ha voluto, proprio, attribuire alle Province e alla Città metropolitana di Reggio Calabria per tutelare al meglio i territori».

Il messaggio è chiaro: senza un’azione pianificata e tempestiva, non solo le norme a tutela delle minoranze linguistiche rischiano di rimanere inutili, ma anche tutte quelle specificità e criticità di cui - purtroppo - è pregna la provincia reggina, rischiano di non sortire quell'effetto salvagente che oggi più che mai è indispensabile. La salvaguardia delle autonomie scolastiche, soprattutto nelle aree economicamente e culturalmente particolari come l’area grecanica, e non solo, è cruciale per mantenere vivi presidi di legalità e per evitare che la scuola si trasformi in un servizio impersonale e lontano dal territorio.

La scorsa settimana, di fronte al nuovo piano di dimensionamento, la Città Metropolitana di Reggio Calabria ha preso una posizione decisa e, con una mozione unanime, il Consiglio Metropolitano ha detto un secco “no” ai nuovi accorpamenti, ribadendo l’importanza di difendere le attuali autonomie scolastiche. Il Consiglio ha invitato la Regione Calabria a trovare risorse alternative che permettano di preservare le scuole locali, garantendo l’accesso all’istruzione anche nelle zone più difficili.

I tagli del Governo sono un attacco all'istruzione al sud

Come se il dimensionamento già previsto e precedentemente disegnato non bastasse, la legge di bilancio per il 2025 prevede ulteriori tagli all’istruzione, con la riduzione in tutta Italia di oltre 5.600 posti per docenti e di più di 2.100 per il personale ATA. In una regione come la Calabria, queste misure rappresentano un colpo diretto alla già fragile rete scolastica locale. Secondo i sindacati, i tagli andranno a colpire soprattutto le scuole periferiche, dove i posti già scarseggiano e le classi sono spesso sovraffollate. La perdita di personale non farà che peggiorare la qualità dell’istruzione, ampliando il divario con le regioni del Nord e lasciando i giovani calabresi sempre più esclusi da opportunità formative di qualità.

Il pericolo, di cui nessuno parla e che sembra essere ben celato, è che a fronte di questi tagli il Governo possa decidere - in un'ottica aziendalistica di spending review che relega la scuola ad una azienda che deve mantenere i conti all'attivo, costi quel che costi - di imprimere un'accelerata al dimensionamento scolastico ridisegnando i tagli già previsti e ponendone di nuovi. Taglia e ritaglia, il futuro della scuola è sempre più incerto soprattutto al sud.

L’ultima linea di difesa contro la criminalità

La scuola rappresenta molto di più di un semplice edificio in cui si impartiscono lezioni. Si dovrebbe andare oltre alla storia di Pipino il Breve o della coltivazione di canna da zucchero: in un contesto come quello reggino, ogni ora passata in più a scuola è un ragazzo in meno che si perde lungo strade scoscese e pericolose, non solo geograficamente, avvicinandosi a contesti devianti. La scuola è un presidio di legalità ed un punto di riferimento per i giovani, un luogo sicuro in cui crescere e formarsi, lontano dai rischi della criminalità organizzata. Si, perché le scuole chiuse o accorpate significano meno opportunità di istruzione, meno legami con il territorio e un accesso ridotto ai servizi educativi.

Perdere anche solo un'autonomia scolastica in Calabria e nel reggino significa aprire una porta alla criminalità e ridurre le possibilità di un futuro migliore per i giovani. È un errore che la Calabria non può permettersi di fare. Il governo e la Regione devono garantire l’istruzione come diritto fondamentale e investire nelle scuole, non depauperarle. La qualità e l’accessibilità dell’istruzione sono le uniche armi valide per contrastare la devianza giovanile e offrire ai ragazzi un futuro migliore, lontano dai pericoli della povertà educativa e della criminalità. E allora, evviva Pipino il Breve e le canne da zucchero.