Risolto il problema delle liste, resta quello del simbolo. Elly Schlein l’altra sera durante la direzione nazionale ha spiazzato tutti annunciando che non correrà come capolista in tutte le circoscrizioni, ma solo al centro e alle Isole. Sospiro di sollievo quindi per molti europarlamentari uscenti che fra candidati civici e figure più o meno di spicco del partito avevano visto i loro spazi restringersi terribilmente.

Ma se sulle liste si è trovata faticosamente una quadra, la situazione è precipitata sul simbolo. È stato Stefano Bonaccini ad annunciare ai compagni l’idea di piazzare il nome delle Schlein sotto l’effige del Pd, come una Forza Italia o una Lega qualsiasi. La proposta che era stata concordata con la segretaria ha spiazzato invece il resto della direzione. Praticamente sia la maggioranza, ma anche la minoranza, sono esplose di fronte ad una proposta che ai più appare incomprensibile. Se c’è un punto di forza del Pd sta proprio nel fatto che è l’unico partito strutturato rimasto in Italia, l’unico partito che ha una sua organizzazione territoriale e non una guida verticistica come avviene nel centrodestra. Mettere il nome del leader, soprattutto di un segretario che non ha ottenuto il consenso della base del partito per come sono andate le cose, significa annullare anche questa differenza.

Leggi anche

Del resto se si guarda alla storia del partito dai tempi del Pci ad oggi, mai il nome del leader era apparso nel simbolo, tranne in un caso. Stiamo parlando delle politiche del 2008 quando Walter Veltroni ci mise non solo la faccia ma anche il nome. Ma erano appunto le Politiche e la legge prevedeva che le coalizioni indicassero il loro futuro premier designato. Qui siamo alle Europee e quel ragionamento ovviamente non trova ragione d’essere. L’unica scusante alla mossa della Schlein sarebbe quella di polarizzare lo scontro politico in una sfida fra due donne: lei stessa e la Meloni. Facile immaginare come abbia preso la cosa Giuseppe Conte che invece non fa nulla per nascondere la sua voglia di essere leader della coalizione di centrosinistra.

Ma al di là del campo largo che risulta sempre meno frequentato, la vera rivolta si è registrata proprio nel partito sia dalla maggioranza sia dalla minoranza. Fra tutte fa rumore la posizione di Romano Prodi che pure fu uno dei principali sponsor della Schlein. Al professore, però, questa cosa non va proprio giù e ha detto che le candidature dei leader già sono una ferita per la democrazia perché tutti poi resteranno a Roma. Figuriamoci quindi cosa può pensare dell’ipotesi lanciata da Bonaccini.

Leggi anche

Ma la cosa più strana è che a poche ore dalla presentazione del simbolo la questione non è stata ancora risolta. La direzione nazionale, visto che era evidente che la segretaria era andata sotto su questa proposta, ha dato mandato alla segreteria di valutare l’opzione. A questo punto viene spontaneo chiedersi a cosa serva una direzione nazionale se non è capace di incidere sui processi politici attraverso il voto. Allora davvero il Pd diventa come qualsiasi altro partito in cui le decisioni vengono prese nel chiuso di una stanza. Come si fa poi a parlare di partecipazione se la direzione nazionale non vota e svolge un semplice ruolo notarile, come si fa a parlare di rinnovamento se si scimmiottano gli avversari?

Vedremo alla fine come finirà la partita. Quel che è certo è la griglia dei candidati per le Europee. La testa di lista era già scritta: sarà la giornalista Lucia Annunziata che proprio a Soveria Mannelli, nel week end scorso, ha fatto il suo esordio elettorale. Poi ci sarà Antonio Decaro, che termina il suo mandato da sindaco di Bari, poi la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, e un altro giornalista come Sandro Ruotolo, che si occupa di Informazione al Nazareno. Questi ha avuto la meglio nel ballottaggio per il quarto posto in lista con Lello Topo, ex sindaco di Villaricca e gran raccoglitore di preferenze in provincia di Napoli e in Campania, finito più in basso seguendo l’ordine alfabetico. Dietro a Ruotolo, invece, spunta l’ex sardina Jasmine Cristallo. Infine l’altro contributo calabrese sarà Luigi Tassone, ex consigliere regionale e già sindaco di Serra San Bruno.

Una scelta arrivata alla fine di un lungo casting in cui si è cercato di candidare prima il capogruppo regionale del Pd, Mimmo Bevacqua, poi il consigliere regionale Ernesto Alecci. Nessuno dei due però si è detto disponibile e la scelta è caduta su Tassone che sarà sostenuto da tutto il partito calabrese. Fino alla curva, però, perché il mandato è quello di sostenere soprattutto Lucia Annunziata. Bisogna considerare che gli elettori potranno esprimere fino a tre preferenze, ma solo in pochissimi lo fanno davvero eccetto gli addetti ai lavori. Per questo il posizionamento in lista continua ad avere una sua importanza. Un rapporto costante con il Meridione, invece, in questa lista del Pd, salvo poche eccezioni, sembra un optional.