Salvini ha sperato nella sponda del Pd nel tentativo di mettere in difficoltà Giorgia Meloni, ma ha puntato sul cavallo sbagliato. Perché il Partito democratico di Elly Schlein, a quanto pare, vive su un altro pianeta, dove in politica non conta vincere ma solo partecipare.

I fatti. Oggi, a sorpresa, la Lega ha presentato in aula al Senato un emendamento al Decreto elezioni che prevedeva la fine dei ballottaggi per i Comuni con più di 15mila abitanti: ad essere eletto sindaco sarebbe stato anche chi superava il 40% dei voti senza raggiungere la maggioranza assoluta (50% + 1), come invece prevede l’attuale legge elettorale. Una cosa che il centrodestra comunque cerca di realizzare da tempo ma che piace anche ai sindaci rappresentatati da Antonio Decaro, presidente dell’Anci e primo cittadino dem di Bari.

Poi, per rendere più chiaro il messaggio, il Carroccio ha ripresentato pure l’emendamento per il terzo mandato per i presidenti di Regione, la cosiddetta “norma salva-Zaia” già bocciata in commissione che, anche in questo caso, esprime un forte appeal su una parte bella ampia del centrosinistra, a cominciare dai due campioni dem, il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, e quello dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che senza la possibilità del terzo mandato si dovranno reiventare.

Dunque, non sarebbe stato uno scandalo e per nulla strano se Schlein avesse detto: “Sai che c’è? Mo facciamo scoppiare il centrodestra votando con la Lega”. E invece, sullo stop al ballottaggi, il Pd ha gridato al golpe, parlando di sfregio alla democrazia, tanto che il testo è stato ritirato dalla Lega come chiedevano Fi e Fdi; mentre l'altro emendamento, quello sul terzo mandato, il più insidioso per la maggioranza, è stato bocciato proprio grazie al voto contrario del Partito democratico. E allora, perde Salvini, che va di nuovo a sbattere contro il No degli alleati, ma perde anche l’opposizione, che lascia campo libero a Meloni, la quale porta a casa il risultato con grande savoir faire.

L’intenzione della Lega di insistere sul terzo mandato era stata infatti anticipata da giorni agli alleati, nonostante una prima bocciatura dell’emendamento durante l’esame del Decreto elezioni in commissione. Ma il Governo, fiutando il trappolone, ha evitato di esprimere parere negativo, rimettendosi alla decisione dell’aula di Palazzo Madama e provvedendo a dare disposizioni di voto dalla stanza dei bottoni. Alla fine, ai Sì della Lega si sono uniti solo quelli di Renzi con Italia Viva, mentre si sono espressi contro Fdi, Fi, Pd, M5s e Avs.

Da questa strana alchimia politica forse Schlein ricaverà maggiore legittimazione da parte della premier, potendosi spacciare come l’unico vero “leader” della minoranza parlamentare (e questo potrebbe essere il suo personale tornaconto), oltre a disinnescare gli odiati De Luca e Bonaccini. Ma di certo il centrosinistra non ci guadagna granché, perché vede ulteriormente consolidato il controllo della presidente del Consiglio che oggi ha salvato capra e cavoli, ricacciando nell’angolo della sconfitta regionale in Sardegna e Abruzzo quello che un tempo era il principale alleato di governo, Salvini, e ora vale solo la metà di Tajani.