La maggioranza di centrodestra si ritrova e si ricompatta sulla proposta di legge n°107. Ritrova il feeling con il presidente Roberto Occhiuto, che l’accarezza esprimendo parole al miele nei confronti dei suoi consiglieri e dell’istituzione Consiglio, e incassa il risultato, convinta che il testo approvato a maggioranza (con il voto contrario di Bruni e compagni) sia nettamente migliore di quello che le opposizioni, abbandonando l’aula nella scorsa seduta, hanno rispedito in Commissione.

Il dibattito, lungo e intenso, ha rimesso sul tappeto le motivazioni che hanno provocato il muro contro muro delle ultime settimane.

Mancuso: «Basta demagogia e speculazioni»

«Se n’è parlato anche a sproposito». Esordisce così il presidente dell’Assemblea regionale Filippo Mancuso rispetto al progetto di legge n°107 che apporta modifiche alla disciplina delle sale da gioco in Calabria.

Mancuso ha ricordato le tappe che hanno riportato in Prima Commissione Affari istituzionali la proposta di legge e parla di una seduta che ha partorito una legge, «inclusiva di gran parte delle richieste che sono state fatte dalle parti in causa. Il gioco – ha detto all’aula - viene normato da una legge dello Stato, noi abbiamo cercato di armonizzare le richieste cercando di adeguarci ad altre norme licenziate in altre regioni. E la nostra è la più restrittiva rispetto al resto del Paese».

Il presidente sottolinea che si è sostanzialmente intervenuti su tutte quelle che sono state «le speculazioni» delle ultime settimane – orari, distanze e attribuzioni ai sindaci –. «Ci saranno orari bene precisi» - dalle 24 alle 9 e dalle 12 alle 14:30, grazie anche ad un nuovo emendamento a firma di Giuseppe Graziano – dice ricordando che Puglia, Lombardia, Toscana, Emilia, Liguria, per citare alcune regioni, non hanno regolato l’orario delle giocate.

«Ci siamo dati delle regole ben precise, e invito alla discussione ma anche a non dare adito a demagogia e speculazioni», ha concluso Mancuso.

Bruni: «Avete alzato bandiera bianca»

Amalia Bruni continua la sua instancabile battaglia al progetto di legge, e chiede subito di votare per appello nominale: «Ognuno deve metterci la faccia. State presentando un’ennesima modifica, e la state esponendo come un carro armato rispetto alle opposizioni. Ma dovete guardare alla comunità calabrese che si è espressa, compresi i vescovi, in un certo modo», ha detto chiedendo a Mancuso un atto di coraggio ritirando la sua firma dalla proposta se non addirittura la legge intera.

La leader dell’opposizione chiarisce le sue perplessità, sugli orari - «le otto ore non devono essere continue, avremmo dovuto mantenere il 9-13 e il 16-20» - sulle distanze - «sono state applicate da diverse Regioni anche in maniera retroattiva, il che si è tradotto in un calo delle giocate» - e sulle nuove licenze (dopo maggio 2018) rispetto alle quali «la legge non apporta nessuna modifica».

La chiosa è dedicata al fatto che la norma non è stata calendarizzata in Terza Commissione Sanità. Una eventualità caldeggiata più volte da Bruni che sottolinea proprio l’assenza del parere della Terza Commissione a cui contesta anche che non è vero che la proposta è a costo zero: «La legge – afferma Bruni - aumenta la spesa sanitaria per curare i malati di ludopatia che provocherà».

Infine Bruni punta l’indice verso il presidente della giunta: «Come fa Occhiuto a rimanere in silenzio con un atteggiamento da Ponzio Pilato, non chiedendo di andare oltre l’approfondimento? Tantissime persone sono state audite, ma nessuno poteva non pensare che la passarella in Commissione sia stato un contentino. Sono, e rimango, perplessa. Avete rimediato con una legge che ha ridotto l’orario, che comunque non rientra nelle tredici ore definite dagli enti preposti, ma avete alzato bandiera bianca alla possibilità che i nostri corregionali potessero essere protetti rispetto alla patologia».

Comito: «Attivato già un gruppo tecnico contro la ludopatia»

Michele Comito, presidente della Terza Commissione, invita a non usare determinate verità sulla ludopatia in maniera distorta, perché, insiste, la patologia va affrontata in altra sede. Già attivato al Dipartimento salute il gruppo tecnico di intervento sulla dipendenza dal gioco: «Noi dobbiamo evitare che il gioco diventi patologico. Si può fare, ma noi anche lì non possiamo incidere nel limitare il gioco alle persone a rischio di dipendenza.

Mammoliti (Pd): «Si consuma un braccio di ferro tra maggioranza e Occhiuto»

Per Ernesto Alecci, che prova ad avere un approccio più laico, «ci troviamo di fronte ad uno Stato che antepone le esigenze di Bilancio alla tutela della salute. Potevamo intervenire dove lo Stato non ha il coraggio di intervenire». Per lui la legge non apporta alcun vantaggio, ma solo lo svantaggio di provocare una patologia.

Davide Tavernise (M5S) ha ricordato la battaglia alla proposta di legge cominciata a maggio: «Se non avessimo fatto mancare il numero legale avreste approvato la norma senza alcuna modifica. L’emendamento a firma Gelardi è lo stesso che ho presentato e quest’aula ha respinto. Quell’emendamento era stato approvato dai capigruppo, ma provenendo dalla minoranza è stato affossato. Oggi prendo atto e sono felice che in qualche modo l’abbiate recepito. Nessuno di noi vuol fare perdere posti di lavoro, però sull’orario si poteva intervenire anche in maniera più forte».

Ferdinando Laghi va al sodo parlando di «legge semplicemente sbagliata»: «L’articolato normativo esistente, e che modifichiamo, era costruito in maniera congrua per ostacolare le attività socialmente pericolose. Non credo che gli emendamenti proposti stravolgono positivamente la proposta. Credo si siano accontentati i sindaci perché non serviva introdurre elementi di disparità tra una comunità e l’altra.

Raffaele Mammoliti, da parte sua, sottolinea il fatto che il dissenso che ha contraddistinto la proposta non è di natura demagogica: «Lo dicono i fatti e le tantissime prese di posizione pubblica assunte da associazioni Cec e anche dalla sottosegretaria Wanda Ferro». Per lui «si sta semplicemente verificando un braccio di ferro tra la maggioranza e il presidente Occhiuto»

L’estensore dell’emendamento difende il testo della legge - «non possiamo gettare il bambino con l’acqua sporca» dice - che definisce «sicuramente migliorato» con le limitazioni degli orari e le nuove distanze.

Domenico Bevacqua invita a guardare ai problemi sociali che scaturiscono dalla degenerazione patologica del gioco.

Giuseppe Graziano chiede all’aula di non fare falso moralismo: «Che facciamo aboliamo il superenalotto, il fumo, e le slot machine perché possono provocare dipendenze? Noi dobbiamo fare in modo che queste attività siano limitate. Gli aspetti sociali esistono, ma quegli aspetti vanno esaminati in altra sede». Poi l’aspetto dei rapporti di forza: «Esiste una maggioranza e un’opposizione. È giusto che ognuno svolga il proprio ruolo, ma questo emendamento di oggi – dice rivolgendosi a Tavernise – va oltre quello proposto e bocciato. È vergognoso che tu oggi non voti questa legge».

Occhiuto: «Accettiamo i suggerimenti, non le lezioni»

«Non volevo intervenire». Il presidente Occhiuto non si dice appassionato particolarmente dal tema. Per lui c’è una ipocrisia diffusa a livello nazionale sul settore del gioco legale. «8 miliardi e mezzo è ciò che lo Stato recupera dal gioco legale. Non mi sono mai interessato del tema, ma oggi sento di avere una responsabilità anche perché per quanto io cerchi di non entrare nei temi di prerogativa del Consiglio regionale, in una Regione come la nostra il livello di attenzione su questo tema deve essere più alto. Così senza ledere le competenze del Consiglio ho detto di approfondire. E ringrazio la presidente della Commissione. Ed è servito, perché il testo che arriva in aula è migliorativo rispetto al precedente».

Il presidente interviene anche per replicare ad Alecci, Bruni e Mammoliti: «Ho tanti difetti, e poi faccio tante cose. Mi possono essere contestate tantissime cose ma non che non ci metto la faccia. Quando non intervengo, non lo faccio perché credo che il senso istituzionale consigli che il governo regionale non si debba sostituire al Consiglio. Certo cerco di svolgere un’azione di moral suasion ma evito sempre di essere troppo incisivo, a volte trasbordante, rispetto al Consiglio».

Un rispetto istituzionale che Occhiuto vuole riconosciuto. E poi, «nessun braccio di ferro, perché a ben vedere il testo della legge è un testo migliore. E neanche Mancuso merita di essere additato come uno di parte. A Tavernise dico che io non so se io sia il miglior presidente della Regione, abbiamo ancora 4 anni davanti, solo al termine potremo esprimere un giudizio. Ma ho una certezza, sono uno dei più fortunati perché ho una maggioranza che ha capito le regole d’ingaggio, e che è finito il modo tradizionale del Consiglio di rapportarsi col governo regionale. Nessuno è venuto da me a suggerirmi nomine o altre cose, perché hanno capito. Quindi se oggi c’è un testo migliorato, ciò si deve anche al fatto che la minoranza non ne ha permesso l’approvazione. È una cosa straordinaria. È la democrazia bellezza. Vi pregherei di avere lo stesso rispetto del Consiglio e della maggioranza regionale. Noi accettiamo i suggerimenti ma non le lezioni da chi ha governato per tanti anni e che l’ha lasciata come l’aveva trovata e non ha titolo alcuno di esprimere giudizi».    

Dopo del presidente della giunta, c’è spazio per Filippo Mancuso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, rivolgendosi in particolare ad Amalia Bruni: «Intervengo di nuovo, visto che la mia richiesta di non fare demagogia non è stato seguito. Sono stato accusato da Bruni di essere entrato in Commissione in qualità di consigliere regionale. Io sono consigliere regionale, e non ho mancato mai di rispetto alla minoranza. Io ho il diritto di rappresentare la mia maggioranza ed ho voluto relazionare personalmente perché ci ho voluto mettere la faccia. Abbiamo recepito alcune delle vostre richieste, ma la retroattività non l’ha resa operativa nessuna regione. Cosa volevate di più?».