Una lettera firmata da «segretari di circolo, sindaci e dirigenti» iscritti al Partito democratico, attraverso la quale è stato richiesto «di prendere in esame il comportamento tenuto dall’iscritto Francesco De Nisi in occasione della campagna elettorale per le Politiche 2018», sarebbe alla base del provvedimento disciplinare nei confronti dell’ex presidente della Provincia di Vibo del cui avvio, la Commissione di garanzia del Pd ha notiziato l’interessato.

 

Parte così la resa dei conti interna ai democrat vibonesi dopo la disfatta elettorale del 4 marzo scorso e la “caccia” ai “traditori” e a quanti avrebbero remato contro gli interessi del partito e, in particolare, del suo principale esponente in provincia, Bruno Censore, non poteva non iniziare dall’eterno “nemico interno” Francesco De Nisi, da tempo tra i principali esponenti della variegata corrente che si contrappone allo strapotere dell’ex deputato di Serra San Bruno nel Pd. Un “conflitto” in atto da tempo, giocato su ogni terreno di scontro politico: dalle tornate elettorali nazionali e locali e fino alle varie assemblee degli enti di sottogoverno regionale, che si è acuito proprio in occasione del voto per il rinnovo delle Camere quando in prima linea vi era proprio Bruno Censore e dunque, secondo alcuni, più allettante era la possibilità di boicottarne la rielezione.

 

Ne sono convinti i non meglio precisati «segretari, sindaci e dirigenti» che hanno “segnalato” la circostanza alla commissione di garanzia che, ricevuta il 21 marzo la comunicazione, non ha perso tempo in chiacchere spiccando, ieri 24 marzo, un provvedimento che era nell’aria già all’indomani del voto, quando, con una certa insistenza, erano iniziate a circolare via chat e sui social le prove del tradimento, ovvero una foto (in alto) che ritraeva il già sindaco di Filadelfia all’ombra di palazzi romani e in compagnia dell’allora candidato senatore in pectore Giuseppe Mangialavori.

 

E proprio tale immagine, evidentemente mal digerita dai colonnelli di fede censoriana, viene ora richiamata quale prova di un «comportamento contrario ai principi di lealtà ed appartenenza al partito previsti dallo Statuto e dal codice etico del Partito democratico. In particolare veniva messo in evidenza - argomenta la commissione all’interessato - il sostegno diretto dell’iscritto ai candidati del centrodestra Giuseppe Mangialavori e Wanda Ferro, anche attraverso la partecipazione ad eventi e momenti di convivialità durante la campagna elettorale».

 

Comportamento che, mette nero su bianco la commissione, «ha determinato un grave danno e pregiudizio all’immagine del Partito democratico. Pertanto, richiamato l’art.7 comma 3 del regolamento della commissione di garanzia del Pd -, si informa «l’iscritto Francesco De Nisi che nei suoi confronti è stata prodotta richiesta di avvio di un procedimento disciplinare. L’iscritto potrà far pervenire nei termini previsti le proprie controdeduzioni e memorie difensive e tutto quanto previsto dallo Statuto e dal regolamento della commissione di garanzia».

Passaggio dunque non del tutto imprevedibile che si presta però a varie letture, non ultima quella che la “caccia ai traditori” (che potrebbe a breve riguardare altri esponenti di primo piano del partito) possa essere in realtà un’arma di distrazione per spostare l’attenzione dall’analisi della sconfitta elettorale e ricominciare a tessere le trame delle prossime mosse politiche a ranghi invariati e senza troppi scossoni.