Lo scontro annunciato tra premier e governatori del Sud non c’è stato. Neanche i “rivoltosi” Emiliano e Crocetta hanno calcato la mano. Il premier dal canto suo ha incardinato su binari di concretezza il dibattito della direzione nazionale convocata per discutere dell’emergenza Meridione, dopo la diffusione dei dai Svimez. Renzi ha evitato di presentarsi con provvedimenti raffazzonati e volti soltanto a placare la fame mediatica.
Il presidente del Consiglio ha parlato chiaro già in apertura dei lavori: «Il problema del Meridione non è la mancanza dei soldi, ma quella della politica». E poi: «non serve a nessuno usare le difficoltà del Sud per fare guerre interne al partito. Non si può piegare il tema a fini correntizi. Non c’è bisogno di trovare un colpevole al Sud, ma un responsabile. E quel responsabile oggi è il Pd. Perché nel giro di un anno alle regionali abbiamo fatto filotto e il governo è guidato dal segretario Pd. Adesso dobbiamo solo prendere per mano il Sud».
Renzi ha poi tracciato un percorso, complesso, per arrivare a stilare un masterplan per il Meridione entro la metà di settembre per poter poi agire in sede di legge di stabilità.
«Oggi si inizia una discussione – ha detto Renzi - Vi propongo un secondo momento di riflessione durante la Festa nazionale dell'Unità, o il 5 o 6 settembre. E poi il 15 o il 16 settembre mi piacerebbe che il Pd uscisse con un vero e proprio masterplan per il Sud. Oggi quindi non concluderemo con un documento finale e risolutivo. Non ci sono bombe giornalistiche. Non ci sono notizie ad effetto perché affrontare il problema del Sud semplicemente con notizie ad effetto significherebbe tradire un problema che è molto più complesso».
Anche se qualche promessa al premier è scappata. Una è relativa alla Calabria per l’alta velocità, l’altra è per la Campania che verrà ripulita dalla terra dei fuochi, mentre per tutti si mirerà ad un diverso utilizzo dei fondi europei.
Davanti a questo quadro, inevitabile che i governatori meridionali abbiano rinfoderato l’ascia di guerra, anche perché la minoranza dem sta guerreggiando sulla riforma del Senato al momento.
Ed anche Mario Oliverio ha scelto la linea soft, pur non rinunciando a fare delle precise richieste. «Mi convince molto il percorso indicato da Renzi per approfondire un’iniziativa che assuma il Mezzogiorno, come qui è stato detto, come risorsa. Nella legge di stabilità noi dovremo assumere la Tav fino a Reggio Calabria per la Sicilia. Dobbiamo assumerla come l’infrastruttura che dovrà consentire la ricomposizione del Paese e anche la sua proiezione verso il Mediterraneo». Poi l’A3 e Gioia Tauro «che è la infrastruttura portuale di transhipment più importante della riva europea del Mediterraneo. Per fare questo è necessario assumere iniziative che possano anche valorizzare l’entroterra. Penso, per esempio, alla Zes».
Sullo sfondo della tregua raggiunta in direzione, la futura gestione dei fondi europei. Si tratta di circa 100 miliardi di euro, tra vecchi e nuovi programmi, che dovranno essere investiti e costituiscono, davvero, l’unica speranza di recupero per il Meridione. L’idea del premier sarebbe quella di svincolare dal patto di stabilità i cofinanziamenti ai fondi europei, un’operazione che per il Sud varrebbe 4 miliardi l’anno. E poi introdurre una sorta di meccanismo premiale per chi spende bene le risorse.
Il tutto dovrebbe essere guidato da una rafforzata cabina di regia, nella quale da qualche tempo De Vincenti ha sostituito Delrio, oppure da una nuova struttura ad hoc da creare.
Le cifre che ballano nell’operazione sono 100 miliardi da drenare nelle Regioni del Sud: 9-10 miliardi di vecchi fondi europei da rendicontare entro il 31 dicembre, altrimenti persi, 50 miliardi di nuovi fondi Ue della programmazione 2014-2020 e altri 54 miliardi del Fondo sviluppo e coesione (Fsc).
Eccola la partita più importante in gioco nel prossimo futuro. Una partita nella quale i governatori e il premier saranno costretti a collaborare. Da qui il nuovo equilibrio raggiunto che dimostrerà la sua solidità prima al momento dell’approvazione della legge di stabilità e poi con il rendiconto sulla spesa comunitaria previsto per fine anno.