Annamaria Artese prende posizione nella polemica tra l'ateneo del capoluogo di regione e Arcavacata: «Chiusure che attanagliano menti troppo avulse al cambiamento. Dobbiamo prodigarci a moltiplicare e sostenere azioni sinergiche per lo sviluppo strategico della Calabria»
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Il Comune di Rende rompe il silenzio ed interviene sulla polemica innescata nei giorni scorsi sull’ipotesi di arricchire l’offerta formativa dell’Unical con una facoltà di medicina e chirurgia. Idea che ha fatto sobbalzare la politica catanzarese e ad inscenare proteste plateali con l’utilizzo di una bara.
È il vicesindaco facente funzioni Annamaria Artese a ribadire quanto già espresso dall’assessore Lisa Sorrentino in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni dell’Università della Calabria, ateneo che sorge proprio nel territorio rendese. «Dinanzi alle impellenti e gravose sfide economiche, sociali e ambientali di questo particolare momento storico - ha detto - si dovrebbe superare il provincialismo che attanaglia menti troppo avulse al cambiamento e prodigarsi a moltiplicare e sostenere azioni sinergiche per lo sviluppo strategico della nostra regione. Valorizzare le eccellenze presenti all’interno dell’ateneo di Arcavacata, così come di ogni università calabrese è fondamentale per avviare una progettazione che determini quel cambio di passo necessario a far crescere la nostra regione e a determinare la costruzione di un futuro più sostenibile»
Il concetto è chiaro e fa scopa con quanto espresso nei giorni scorsi non solo dal presidente del consiglio comunale di Cosenza, Giuseppe Mazzuca, ma anche dal segretario provinciale Pd Vittorio Pecoraro. Entrambi hanno stigmatizzato i toni e le preoccupazioni provenienti dal capoluogo, riconducendole a un inutile campanilismo. Quasi come se si trattasse di un derby tra rossoblù e giallorossi. «Come municipalità - spiega ancora Artese - siamo e saremo sempre pronti a recepire la diffusione della conoscenza come contributo fondamentale al benessere collettivo e allo sviluppo economico, sociale e culturale delle comunità, prodotta nell'Università sul territorio».
«Con l’avvio del corso di laurea magistrale a Ciclo unico in Medicina e Chirurgia Td (Tecnologie digitali) all’Università della Calabria – prosegue il vicesindaco facente funzioni - si può determinare il cambiamento di rotta necessario a garantire il diritto costituzionale alla salute e di cura e quello all’istruzione, oggi ancor più minati da una crisi pandemica senza precedenti e da una vacatio politica evidente. Migliorare i servizi di assistenza alla cittadinanza significherebbe non solo per la provincia di Cosenza, ma per la Calabria coniugare innovazione e ricerca. La medicina si fa sul territorio: è l’organizzazione territoriale a fare la differenza e appare evidente come sia più che mai necessario garantire il diritto alla salute per i nostri cittadini implementando un’offerta sanitaria che trovi nei poli sanitari forza e sostegno. Solo così sarà possibile ridefinire l’offerta formativa, la ricerca, il servizio sanitario regionale: promuovendo il confronto e la cooperazione tra tutti gli attori dei territori, creando una rete in grado di valorizzare le competenze e le conoscenze in relazione ai bisogni dei cittadini, delle istituzioni, delle imprese, delle associazioni».
Annamaria Artese poi intende proiettarsi già al futuro. «Auspichiamo - dice - che non solo nell'emergenza, ma soprattutto nella normalità tale sinergia sia implementata. Bisogna avere una visione chiara sul futuro: c’è bisogno di un approccio condiviso, di dare risposte concrete ai cittadini, andare oltre le divisioni e le visioni miopi e populiste. Bisogna pensare a costruire il nostro futuro, aldilà dei nostri naturali mandati. Porre l’accento sul tema della istruzione e della salute pubblica quali diritti fondamentali e centrali nell’agenda politica regionale, significa riconoscere all’Unical un ruolo fondamentale nel contribuire ad affrontare i problemi che affliggono la Calabria, in questi anni minata dai continui commissariamenti e dal depotenziamento delle strutture sanitarie esistenti».
«Il corso di laurea in Medicina e tecnologie digitali – conclude nel suo intervento - è stato pensato come integrato alle nuove tecnologie legate all’ingegneria informatica e alla intelligenza artificiale: un campo questo dalle potenzialità massime. Non comprendere la portata e l‘importanza di tale opportunità significa condannare la nostra regione a rimanere ancorata a fondamentalismi da prima repubblica».