Una donna rischia di far “crollare” politicamente Palazzo Campanella, mandando a casa in meno di un anno la giunta Santelli e tutti i neo-consiglieri regionali. Si tratta dell’avvocata cosentina Rossella Barberio che, come legale di alcuni cittadini, ha promosso la cosiddetta “azione popolare”, un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria col fine di accertare che siano costituite e funzionino rettamente le assemblee elettive.

Legge elettorale claudicante

Una bella gatta da pelare, tenuto conto che viene chiesto l’annullamento delle scorse elezioni regionali per l’asserita illegittimità della soglia di sbarramento fissata all’8%, ritenendola eccessivamente elevata e lesiva dei principi di democraticità e rappresentatività (e, sul punto, si ricorda il precedente della Corte Costituzionale sulla legge elettorale “Porcellum”), l’illegittimità dell’esenzione per le liste di partiti già rappresentati in Parlamento o in Consiglio regionale dall’onore di raccogliere le firme per presentarsi alla competizione elettorale ed il mancato adeguamento della Regione alle norme nazionali sulla doppia preferenza e le quote di genere.

Il paradosso di Flora Sculco

Su quest’ultimo punto, lo si ricorderà, nella precedente consiliatura la proposta di legge che portava la firma di Flora Sculco venne espressamente bocciata il 15 aprile 2019 grazie al voto determinante dell’allora capogruppo della lista “Oliverio Presidente”, Orlandino Greco e dopo numerosi rinvii, teatrini e sceneggiate. In particolare, nella seduta consiliare dell’11 marzo 2019 l’attuale assessore al turismo in quota Fdi, Fausto Orsomarso, definiva le decine di donne calabresi espressione delle associazioni e presenti in aula, come delle «ultras più o meno brave», mentre il consigliere regionale del Pd Giuseppe Aieta invitava a “interessarsi a come avere una mammografia in 7 giorni”.


Certo, all’epoca la firmataria Flora Sculco tuonava contro i colleghi uomini parlando di “trucchi e trabocchetti”, esperiti in maniera assolutamente bipartisan.
E oggi cosa fa la madrina di una delle proposte di legge sulla doppia preferenza di genere in Calabria? Si costituisce nel giudizio promosso dall’avvocata Barberio ponendosi proprio contro la doppia preferenza per la quale si batteva! «La L. 20/2016 non ha previsto un termine per l’adeguamento dei sistemi elettorali regionali alle norme sull’equilibrio di genere... la Regione non aveva un obbligo di recepire entro un dato termine le menzionate norme di promozione delle pari opportunità» per cui «Appare evidentemente privo di pregio l’assunto, contenuto in ricorso, secondo cui la Regione Calabria non poteva andare al voto senza che il 20 Consiglio regionale avesse emendato la legge elettorale» afferma la difesa della Sculco, oggi consigliera dei Democratici e Progressisti.

Il Pd dalle barricate alla carta bollata

E il Partito democratico che prometteva di scendere in piazza a favore della preferenza di genere dopo la bocciatura in consiglio? Si costituisce anche lui con Luigi Tassone e, soprattutto, con Carlo Guccione, fresco di nomina nazionale da parte di Nicola Zingaretti come capo del dipartimento “crisi industriali” del Nazareno. Ecco, l’esponente PD, componente anche della direzione nazionale, nella sua difesa dinanzi al Tar Calabria, scrive che l’attuale legge elettorale, nella parte in cui esclude la doppia preferenza e le quote di genere: «è pienamente conforme ai precetti costituzionali di uguaglianza e di elettorato passivo e salvaguarda in modo completo i criteri di democraticità e di partecipazione».


Chissà cosa ne dirà la sua collega responsabile nazionale del dipartimento pari opportunità del PD, Lucia Bongarzone, di origini catanzaresi, su questa presa di posizione giuridica simile a quella “politica” di Domenico Bevacqua espressa in consiglio regionale e e poi “promosso” a capogruppo del suo Partito.

Più realisti del re

In ogni caso, fa specie osservare che in una causa davanti ai giudizi amministrativi riguardante l’annullamento di una competizione elettorale dove ha vinto il centrodestra, a costituirsi nel giudizio a difesa della legislatura di Jole Santelli - prima ancora dell'Avvocatura regionale e, quindi, della presidente - siano tutti (eccezion fatta per Raffaele Sainato di Fdi) consiglieri regionali di minoranza: oltre a Flora Sculco (DP), Luigi Tassone e Carlo Guccione (PD), ci sono anche i consiglieri Graziano Di Natale e Marcello Anastasi (Iric) e Francesco Pitaro (misto). Ma, si sà, l’attaccamento alla poltrona non ha colore politico.


L’udienza si terrà il prossimo 23 settembre (nella stessa giornata si terrà la discussione anche del ricorso del M5S che, invece, chiede di entrare in consiglio regionale) e sono in molti a tremare.

Il precedente del Molise: rischio concreto

Ci sono, infatti, dei precedenti che fanno pensare che il ricorso della Barberio possa fare centro. Il Tar Molise, con sentenza 224/2012 annullò le elezioni regionali molisane del 16 e 17 ottobre 2011 accogliendo proprio due “azioni popolari” proposte da cittadini elettori di quella Regione. Tale decisione venne confermata, in via definitiva, dal consiglio di Stato con sentenza 5504/2012. In precedenza, con sentenza del Tar Molise 58/2001, poi confermata dal Consiglio di Stato con sentenza 3212/2001, erano state annullate le elezioni regionali dell’aprile 2000. Il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi su vizi del procedimento sollevati, sempre, con azioni popolari, ha ritenuto sussistenti alcune delle irregolarità denunciate dai ricorrenti, assumendo che le stesse hanno inficiato la legittimità dell’intera consultazione elettorale turbando il regolare esercizio del diritto di voto, al punto da renderne inattendibili i risultati ed è stata dichiarata l’illegittimità della elezione dell’intero Consiglio e del Presidente eletto a suffragio universale e diretto.

Si prevedono, quindi, tre mesi di notti insonni per i politici calabresi.