Riunione del Consiglio ritardata per mandare un avviso ai due presidenti. E protestare dopo il rinvio della moltiplica-poltrone. Intanto il governatore fa l’equilibrista sulle deleghe agli assessori (ASCOLTA L'AUDIO)
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Piccoli segnali, un chiaro avviso ai naviganti. Se vale l’assunto secondo cui in politica nulla è casuale, allora l’anteprima e lo svolgimento dell’ultima seduta del Consiglio regionale raccontano qualcosa di essenziale sull’attuale stato di salute del centrodestra calabrese, a un anno dalla travolgente vittoria alle elezioni regionali.
La nuova legislatura aveva mandato in soffitta l’inveterata abitudine di far iniziare i lavori d’aula con largo ritardo. Fino a ieri, visto che il Consiglio si è messo in moto più di due ore dopo la partenza programmata. Circostanza senz’altro trascurabile, se non fosse per la ragione che l’ha causata: il malessere crescente che agita almeno una parte di maggioranza. Quella sempre più insofferente per la «sistematica marginalizzazione» della massima assemblea calabrese, dovuta – dice più di un malpancista – all’«eccessiva autonomia» del governatore Occhiuto e al «totale appiattimento» sulle sue posizioni del presidente del Consiglio Mancuso.
«Senza di noi non si governa»
Sia vero o no, ieri i capigruppo, con una mossa che in molti ritengono unitaria e programmata, sono stati uccel di bosco per le due ore in questione, prima di riapparire e di presentarsi in aula per votare, «responsabilmente», l’assestamento di bilancio e un altro paio di provvedimenti. Il messaggio che volevano mandare è arrivato a destinazione: «Senza di noi, senza il Consiglio, non si governa». L’avviso ai naviganti è diventato ancora più luminoso al momento del voto sulla legge anti-ludopatia con i banchi del centrodestra svuotati che hanno permesso a tutta l’opposizione di segnare un punto tramite la richiesta di voto per appello nominale che, di fatto, ha chiuso la seduta. Una figuraccia, per la maggioranza. Una notifica poco piacevole recapitata ai piani alti della Regione.
Le ragioni dei frondisti
A scatenare la reazione dei consiglieri frondisti sono stati gli eventi dell’ultima settimana. Il ritiro della legge sul “consigliere supplente” – consigliato proprio da Occhiuto e Mancuso – non è stato affatto digerito. Ma, soprattutto, non sarebbe andata giù la ricostruzione del caso offerta alla stampa dal governatore. Che non ha avuto remore nel professare la sua estraneità rispetto a una norma che – spiegano più esponenti della maggioranza – avrebbe inizialmente avallato.
«La legge sul consigliere supplente non era un argomento che mi appassionava molto», ha commentato Occhiuto subito dopo il rinvio del testo. A indispettire quasi tutti i capigruppo, però, sarebbero state le dichiarazioni sul caso consegnate a Fuori dal coro, il programma di Rete 4 sempre pronto a denunciare i privilegi, veri o presunti, della casta politica.
«Iniziative legislative come questa – ha detto il presidente alla trasmissione condotta da Mario Giordano – non sono in linea con il mio modo di governare la Regione».
Le reazioni
«Ma come fa Occhiuto ad affermare queste cose quando lui stesso ha rinviato di una settimana il varo della Giunta in attesa della legge sul consigliere supplente?». La moltiplica-poltrone avrebbe infatti consentito a Fratelli d’Italia di risolvere i propri problemi interni: il capogruppo Peppe Neri sarebbe diventato assessore e avrebbe lasciato il posto in Consiglio al primo dei non eletti, Giovanni Calabrese. Il rinvio della norma ha però cambiato tutto: a entrare in Giunta, proprio oggi, è stato Calabrese.
Così ora i risentimenti interni al partito meloniano sono destinati ad aggiungersi a quelli dei capigruppo. Uno dei quali dà sfogo al suo malessere: «Abbiamo detto sì al ritiro della legge per elaborare una riforma statutaria più ampia, quindi che bisogno aveva Occhiuto di rilasciare dichiarazioni così urticanti? Davvero vuol far credere che in questa storia non c’entrava niente?».
Gli ordini del giorno
In questa fase è tuttavia Mancuso a suscitare le reazioni più negative. Il presidente di Palazzo Campanella è nel mirino sia per la sua presunta scarsa indipendenza da Occhiuto, sia per il modo in cui programmerebbe i lavori istituzionali. «Deve imparare che gli ordini del giorno si concordano con i capigruppo, non può farseli da solo», attacca un consigliere.
Il riferimento è, in particolare, alla legge che ieri ha istituito "l’Organismo regionale per i controlli di legalità” (Orecol), portata in aula e approvata senza il preventivo passaggio nelle commissioni competenti.
Fonti autorevoli della maggioranza, sul punto, la pensano esattamente come Amalia Bruni, che dai banchi dell’opposizione ha puntato il dito contro una struttura che duplicherebbe l’Organismo indipendente di valutazione (Oiv) e che, in virtù di uno stanziamento di 217mila euro all’anno, prevede «uno sperpero di risorse senza benefici per l’amministrazione regionale».
I malumori di maggioranza sono ormai piuttosto evidenti. E qualcuno, a Palazzo Campanella, non lesina paragoni: «Oliverio ha iniziato ad avere problemi con il numero legale dopo due anni e mezzo di legislatura, ora ne è passato solo uno…».
Le deleghe in Giunta
Nulla di preoccupante, in fondo: fibrillazioni di questo tipo sono fisiologiche e Occhiuto continua ad avere il pieno controllo della sua coalizione.
Intanto, proprio oggi, nella ripartizione delle deleghe ai suoi assessori, ha mostrato ancora una volta equilibrio, lavorando di cesello per accontentare tutti i partiti della sua Giunta. Calabrese ha avuto la gestione del Lavoro, tolta alla vicepresidente Giusi Princi (in quota Forza Italia), al cui già largo ventaglio di deleghe è stata aggiunta la Programmazione unitaria, prima appannaggio dello stesso Occhiuto. Il presidente ha tenuto per sé anche il Turismo, fino a ieri di competenza dell’uscente Fausto Orsomarso. All’altra new entry, la leghista Emma Staine, sono andati i Trasporti e le Politiche sociali. Tutti contenti. O quasi.