Il ritiro di Oliverio e Occhiuto ha fatto calare la tensione. Mancano venti giorni al voto in Calabria ma si procede per inerzia senza il minimo entusiasmo
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Diciamoci la verità, questa campagna elettorale senza Mario Oliverio e Mario Occhiuto è di una noia mortale. I due, come si sa, hanno dovuto desistere sotto le pressioni dei rispettivi partiti e degli alleati, ritirando la candidatura a presidente della Regione. Per oltre un anno entrambi hanno macinato chilometri dal Pollino allo Stretto per tenere comizi, inaugurare comitati elettorali festanti e incontrare le truppe. Poi, alla fine, hanno dovuto capitolare dinnanzi all’alt del Pd (Oliverio) e della Lega (Occhiuto, anche se lui è di Forza Italia).
Entrambi hanno ricevuto l’onore delle armi, con i vari Zingaretti e Berlusconi che in realtà li avrebbero strozzati volentieri ma poi, per salvare le apparenze e qualche voto, li hanno ringraziati per il senso di responsabilità, per il contributo politico e bau bau micio micio. Entrambi hanno dovuto inghiottire un rospo grande come un pollo che rischiava di soffocarli e sono spariti dalla scena, accontentandosi di piazzare nelle liste qualche fedelissimo.
Da allora, la campagna elettorale più breve della storia politica calabrese (si vota il 26 gennaio, ma il quadro è stato chiaro soltanto a Natale, due giorni prima di presentare le liste) è scivolata verso l’apatia assoluta. Una palla. E dunque ci mancano i Mario Bros sulle barricate che almeno davano un sapore di commedia a questa campagna elettorale, che ora arranca tra banalità programmatiche del tipo “prima di tutto la sanità” (geniale, no?) e toni soft che mal si conciliano con una regione allo sfascio in ogni settore, ultima in tutto, che andrebbe completamente rifondata, altro che elezioni.
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I candidati rimasti in campo non sanno neppure tanto bene che ci fanno in cima alle rispettive liste elettorali.
Jole Santelli (centrodestra), principale sponsor del sindaco di Cosenza prima di fargli le scarpe, si considera «scelta dal fato». Che è un modo come un altro per dire che la sua corsa è frutto del caso. Casi amari per Occhiuto, che le ha dato della traditrice prima di alzare bandiera bianca e tornare nei binari del partito.
Pippo Callipo si ritrova ad essere il candidato civico del Pd nel tentativo di arrivare finalmente alla Cittadella. Sono decenni che il re del tonno ci prova e se a sceglierlo fosse stato Salvini invece di Zingaretti magari gli sarebbe andata bene lo stesso, tanto con la destra c’è sempre stato feeling, come quando sostenne la candidatura di Wanda Ferro. Anche lui, dunque, è un po’ figlio del caso.
Francesco Aiello, professore Unical di Economia e candidato dei Cinquestelle, è un altro che ha colto l’attimo fuggente, infilandosi tra le crepe di un Movimento che scricchiola sempre di più. Luigi Di Maio neppure voleva partecipare alle regionali in Calabria e in Emila Romagna, dove si vota lo stesso giorno, ma Rousseau gli ha fatto un brutto scherzo e alla fine è stato costretto ad accettare il responso del voto online dei pentastellati iscritti alla piattaforma. Quattro gatti che sono diventati due quando c’è stato da scegliere chi candidare, visto che il nome di Aiello ha superato di appena 3 punti la soglia del 50 per cento, raccogliendo sempre su Rousseau 1150 preferenze a fronte di 1017 voti contrari. Non proprio un plebiscito.
Infine c’è Carlo Tansi. Il ricercatore del Cnr ed ex capo della protezione civile regionale è forse quello che appare come il più motivato: è in campo da agosto e ha le scarpe piene di sassolini da svuotare da quando è stato messo alla porta da Oliverio. Ma ora che il suo principale bersaglio, il governatore appunto, si è fatto da parte, si ritrova con le armi spuntate, senza un nemico che accresca la sua visibilità.
E così si va avanti, stancamente, approssimandosi alla data del 26 gennaio con lo stesso entusiasmo con cui si aspetta la scadenza per pagare l’Imu.
degirolamo@lactv.it