Salvini non cambia idea, anzi. Il leader della Lega torna a sparare a palle incatenate contro Mario Occhiuto, la cui candidatura a governatore per il centrodestra unito sembra ormai definitivamente archiviata.

L'ex ministro dell'Interno, nel corso della visita di stamattina al mercato di piazza Epiro a Roma, ha voluto chiudere i giochi in modo definitivo: «Servono ovunque candidati nuovi, specchiati. Se uno ha il Comune in bancarotta come fa a fare il governatore? È come candidare la Raggi a presidente del Consiglio...».

Il riferimento è all'ultima pronuncia delle Sezioni riunite della Corte dei conti, che ha aperto la strada al dissesto del Comune di Cosenza. Salvini – che aveva già posto il veto a causa delle diverse inchieste giudiziarie a carico di Occhiuto – non ci pensa proprio a supportare un candidato gravato pure dallo stigma della «bancarotta».

Il capo del Carroccio vuole il rinnovamento e lo chiede agli alleati di Forza Italia, a cui spetta il compito di designare il candidato della «coalizione degli italiani», il nome che lo stesso Salvini ha coniato per il nuovo centrodestra all'indomani del raduno di piazza San Giovanni.

«Prima vinciamo in Umbria e poi parliamo di tutto il resto», ha detto ancora l'ex vicepremier, con una variazione al tema già espresso ieri dalle colonne del Corriere della sera: «In Calabria si può vincere; chiediamo solo agli amici di Fi di indicare una candidatura che non abbia indagini o processi in corso. Giusto per distinguersi dalla sinistra».

Santelli: «Il “nuovo” è Occhiuto»

Nel frattempo la stessa Santelli prova a replicare a Salvini, con argomentazioni che sembrano la classica arrampicata sugli specchi. E così Occhiuto diventa il candidato «nuovo» e il dissesto colpa «della sinistra».
«Sicuramente Salvini – ha sottolineato la deputata – non è bene informato sulla situazione del Comune di Cosenza che era già in procedura di dissesto al momento dell’insediamento del sindaco Occhiuto» che, «nonostante il grande indebitamento ereditato dalla sinistra che ha governato in passato», sarebbe riuscito a rendere la città «tra le prime in Italia» con più di 400 milioni di euro in investimenti «in opere di rigenerazione urbana attraverso l’utilizzo di fondi europei, caso unico in Italia».
Occhiuto ha inoltre «ridotto il numero di dipendenti da circa 1200 a 450, bloccando le assunzioni e con procedure di mobilità e prepensionamenti, riducendo di fatto nei sette anni la spesa corrente di circa 50 milioni di euro rispetto al passato». Ma, soprattutto, il sindaco di Cosenza – a parere di Santelli – «è l’uomo del “fare” e delle scelte coraggiose per il cambiamento, contro l’assistenzialismo della vecchia politica, che tutti in Calabria finalmente si aspettano. Salvini farebbe bene ad informarsi meglio e così capirebbe facilmente che “il nuovo” che tanto invoca per la Calabria si chiama Mario Occhiuto».

Che fa Fi

Dichiarazioni della "segretaria" a parte, gli azzurri calabresi, per ora, preferiscono attendere. È questa la tattica scelta dal coordinamento regionale, che – prima di sconfessare il lavoro di un anno intero – aspetta che Berlusconi e gli altri vertici nazionali comunichino in forma ufficiale l'archiviazione della candidatura di Occhiuto.

Solo a quel punto la ricerca di un nome alternativo entrerà davvero nel vivo. I papabili sono sempre gli stessi: il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo e il senatore Giuseppe Mangialavori; mentre si segnala un certo movimento anche attorno all'ipotesi Marco Siclari, parlamentare molto vicino al vicepresidente di Fi Antonio Tajani.

Diversi forzisti calabresi continuano comunque a credere che i vertici del coordinamento regionale abbiano intensificato i contatti per arrivare alla designazione di Roberto Occhiuto al posto del fratello Mario. Sarebbe una bella beffa, per il sindaco di Cosenza, ma almeno – ragionano alcuni osservatori – il baricentro del potere rimarrebbe sempre a Cosenza.

Quella di Occhiuto jr è però una soluzione forse impraticabile, perché quasi tutti i berlusconiani calabresi hanno già fatto sapere di non essere disposti ad accettare una soluzione ritenuta nient'altro che un ripiego familistico.

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