Unità cercasi nel centrosinistra calabrese. Il terremoto politico creato dall’annunciata discesa in campo di Mario Oliverio sta generando una serie di reazioni a catena che potrebbero alla fine modificare la geografia delle candidature in campo per le elezioni regionali dei prossimi 3 e 4 ottobre.
Dopo il ripensamento di Amalia Bruni, che nel giro di ventiquattr’ore ha prima derubricato la mossa dell’ex presidente Oliverio a «gente che rema contro», per poi ritornare sui suoi passi, mostrandosi disponibile a riaprire un dialogo per riunire il campo del centrosinistra, è lo stesso Oliverio a battere un colpo.

«Prima di tutto la Calabria»

Il politico di San Giovanni in Fiore chiede tanto ad Amalia Bruni, quanto a Luigi de Magistris di fare un passo indietro così come è pronto a farlo lui. Un passo indietro prodromico di un incontro a tre al fine di indicare un nome nuovo, condiviso, in grado di riunire le varie anime del campo progressista e riformatore a cui tutti i candidati in campo si richiamano, per mettere a disposizione ogni energia e progettualità per definire una strategia vincente rispetto al centrodestra.

Il rinvio della conferenza stampa prevista per oggi a Lamezia, però, non sarebbe legato a questa fase nuova del centrosinistra. Ma evidentemente si è innescato un meccanismo che spinge versa una reunion dei tre candidati, in questo momento oggettivamente uniti dal solo desiderio di non lasciare campo libero ad un centrodestra che sente già la vittoria in tasca.

L’obiettivo da perseguire, e cioè rimettere in piedi la Calabria, così come auspicato dalla Bruni, mette d’accordo tutti. E anche rispetto alla posizione di de Magistris, Oliverio si “sforza” di dare una connotazione positiva al sindaco di Napoli che, scrive Oliverio, «affida la sua risposta ad una replica in cui sostiene che non basta evitare la polverizzazione delle candidature ma occorre dare un carattere effettivamente alternativo al progetto progressista anche facendolo sostenere da persone credibili».
Ora, avverte Oliverio il tutto deve avvenire nello spazio di pochissimi giorni, «in maniera da non concedere margini a furbizie o a tornaconti strumentali. In merito alle candidature, anche queste non vanno affidate all'arbitrio di nessuno ma ad un codice etico oggettivo, poggiante su regole e leggi applicabili in ogni stato di diritto, rifuggendo da fondamentalismi fuorvianti e liberticidi».
L’obiettivo da perseguire, e cioè rimettere in piedi la Calabria, così come auspicato dalla Bruni, mette d’accordo tutti.

Ma Oliverio non rinuncia a togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «La candidatura a Presidente doveva essere espressa ricorrendo alle elezioni Primarie, come fortemente e inascoltatamente richiesto da più voci. Sottolineo, infine, come la mia decisione di scendere in campo e quindi affrontare, congiuntamente ad una vasta area del centrosinistra che condivide con me questa scelta, da protagonisti la competizione elettorale, è arrivata buon'ultima e distante nel tempo rispetto alle altre, dopo aver verificato che le mie parole rimanevano non solo senza risposta, ma addirittura senza interlocuzione».

Certo, bisognerà capire anche cosa ne pensa di tutta questa storia Carlo Tansi che fino ad oggi ha avuto a che fare con tutti i protagonisti senza però – al di là di Amalia Bruni – trovare un lieto fine.

Fermiamoci o sarà un bagno di sangue

Già nel primissimo pomeriggio Giuseppe Aieta, oliveriano e già capogruppo di Democratici e progressisti in Consiglio regionale, si era domandato cosa impedisce al centrosinistra calabrese di ritrovare le ragioni dell’unità. In un post sulla propria pagina facebook, Aieta parla di un centrosinistra calabrese ancora fermo allo schema fallimentare che portò alla scelta di Callipo: «Anzi – argomenta - quel quadro si è aggravato per via delle ulteriori divisioni che in due anni non sono state sanate. Né può essere gettata la croce sui commissari: così come in sanità, i commissari rappresentano l’alibi per la classe dirigente calabrese che non ha respiro, né visione, ma solo l’obiettivo di auto conservarsi mimetizzandosi e scaricando le proprie responsabilità».

Il consigliere regionale dà conto del fatto che fino ad oggi si è sempre provato ad agevolare il dialogo, di contenere rancori, di mitigare risentimenti; ma anche di non aver costatato né grandi entusiasmi né porte sbattute in faccia: «Il timore di perdere posizioni di privilegio personale, magari strappando con i denti un seggio in consiglio regionale, è prevalso sulle ragioni della politica. Nelle divisioni le colpe sono sempre a metà, nell’unità i successi appartengono a tutti».
Da qui l’amara costatazione: «Il campo del centrosinistra è a pezzi: tre autorevoli candidati votati ad una sonora sconfitta a tavolino che sarà un vero e proprio bagno di sangue con sullo sfondo la grave responsabilità di spalancare le porte ad un modello di governo già sperimentato, drammaticamente, in pochissimo tempo».
Insomma, all’insegna della regola aurea della “pari dignità”, Aieta si appella al senso di responsabilità di ognuno: «Serve una mossa, non lo stallo, serve audacia e sagacia, responsabilità e serenità. Personalmente coltivo ancora la speranza di rivedere uniti i riformisti calabresi».