Il sindaco di Cosenza prova a serrare i ranghi. Ma il partito azzurro pensa già alla successione. In pole i nomi di Abramo e Mangialavori. Fioccano i retroscena sulle dichiarazioni della Lega. E Roberto sarebbe pronto ad abbracciare Renzi
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
Mario Occhiuto adesso è «preoccupatissimo». Alcuni dicono sia perfino «disperato», ovviamente «confuso», «incerto sul da farsi». Di sicuro c'è che il perentorio No della Lega – prima declinato facendo leva sui suoi guai personali («ci sono tante donne e uomini calabresi senza problemi con la giustizia che possono rappresentare la Calabria») e poi per mezzo delle parole del commissario Invernizzi («non sosteniamo la sua candidatura) – sembra aver messo fine ai sogni di gloria di Occhiuto, che adesso deve decidere cosa fare di se stesso e quale prospettiva dare ai suoi veri (non troppi) sostenitori. Correre in solitaria o ritirarsi dalla corsa? Provare un'ultima moral suasion su Salvini o pretendere che Forza Italia metta a rischio la neonata alleanza di centrodestra pur di ottenere la sua leadership?
Il pomeriggio di fuoco
Quello di ieri è stato un pomeriggio di fuoco, nel corso del quale i forzisti calabresi sono saliti sulle montagne russe delle emozioni politiche. L'entusiasmo sfrenato, l'adrenalina incontenibile subito dopo l'uscita del comunicato del coordinamento nazionale di Fi che dava il via libera alla candidatura di Occhiuto. E poi, giusto un'ora dopo, la nota tranchant della Lega che chiudeva i giochi. E allora la paura incontrollabile, la confusione, l'incertezza sul che fare.
Il sindaco di Cosenza, dopo l'iniziale smarrimento, avrebbe bombardato di telefonate i suoi compagni di viaggio più fedeli, a caccia di consigli, di idee, di piani alternativi per uscire dall'impasse. E stamattina a Catanzaro, durante l'incontro con i suoi Comitati, ha provato senza troppa convinzione a serrare i ranghi: «Aspettiamo la condivisione di un percorso, se non ci sarà andremo avanti comunque».
Solitudine
La realtà è che Occhiuto adesso – a parte Mimmo Tallini, sempre più calato nel suo ruolo di ultimo giapponese («saremo comunque in campo, non ci faremo condizionare da nessuno») e la coordinatrice Jole Santelli – è rimasto da solo. Quasi tutti i forzisti calabresi, anche quelli finora più leali al sindaco, si stanno lentamente sfilando e iniziano a discutere di quel “piano B” considerato impraticabile fino a poche ore fa.
È insomma ufficialmente iniziato il dopo-Occhiuto; e tutti gli attori in scena lo ammettono senza difficoltà. «Mario non è gradito dai nostri alleati, è del tutto evidente. Con un altro candidato il problema non si porrebbe. Ora dobbiamo fare di tutto per non perdere il diritto a esprimere il candidato in Calabria», spiega un dirigente di primo piano del partito.
C'è anche chi fantastica su un possibile ultimatum da lanciare a Salvini: «Se lui si oppone a Mario, noi potremo minacciare di metterci contro in Emilia». Ma è solo una suggestione dettata dall'orgoglio ferito, niente di più.
D'altronde non c'è traccia di berlusconiani che credano realmente percorribile la via di un braccio di ferro con Lega e Fdi a costo di rompere un'alleanza programmatica siglata non più tardi di una settimana fa. Così come è arduo immaginare che Berlusconi voglia impiccare il suo partito alla Calabria.
«Oggi siamo sotto il 5%, da soli dove andiamo?», commenta con realismo un colonnello calabrese.
Lo stesso Salvini, del resto, a rompere con Fi non ci pensa proprio: «Berlusconi ci è rimasto male? Un passo per volta, troveremo regione per regione le soluzioni migliori».
I nomi alternativi
E dunque lo scenario più plausibile, al momento, è che il centrodestra – al netto delle inoffensive schermaglie di queste ore – rimanga unito e che Forza Italia designi un candidato alternativo per la Calabria. «Se Mario è out, servono altri nomi», ammette un parlamentare berlusconiano. «Con il dibattito che si riapre – osserva un altro – tutti i dirigenti del partito sono legittimati a concorrere».
È dunque partita la corsa alla successione, anche se, per adesso, la rosa dei papabili è molto ristretta. Ne fanno sicuramente parte il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo – che, sottotraccia, non ha mai smesso di lavorare per la sua candidatura – e il giovane senatore Giuseppe Mangialavori, il quale ha però più volte ribadito la sua volontà di rimanere in Parlamento, malgrado le tante sollecitazioni a scendere nell'arena.
È probabile che, nelle prossime ore, quello stringato elenco si allarghi, ma per adesso è quasi impossibile fare previsioni.
Il retroscena
Al di là delle eventuali nomination finali, negli ambienti azzurri si sono comunque avanzate diverse ipotesi su quello che sarebbe realmente successo ieri pomeriggio e nelle ore precedenti. A partire dal primo comunicato firmato dal coordinamento nazionale.
Fonti autorevoli del partito assicurano che quella nota avrebbe invece dovuto portare la firma di Berlusconi. Ma il cavaliere non ci avrebbe infine messo la faccia. Perché? È quello che si chiedono molti azzurri calabresi.
Alcuni si spingono fino a ipotizzare una mossa concordata con la Lega. I vertici di Fi avrebbero di proposito forzato la mano su Occhiuto sicuri di ricevere la stroncatura finale del Carroccio. E così, in un colpo solo, il partito sarebbe stato costretto a incassare la bocciatura di un sindaco ritenuto scomodo (sempre per via dei suoi problemi giudiziari) ma avrebbe anche mantenuti gli impegni con il coordinamento calabrese, che ormai quasi un anno fa aveva designato Occhiuto per la presidenza.
E Roberto?
Esiste anche un secondo retroscena e vede per protagonista Roberto Occhiuto, il fratello di Mario, da molti ritenuto in procinto di passare con Matteo Renzi.
La sua mossa si sarebbe infine esplicitata a partire da un'intervista – rilasciata proprio ieri al Quotidiano del Sud – nella quale il deputato ha sostanzialmente imposto la candidatura del sindaco di Cosenza e usato parole poco gradevoli nei confronti degli altri pretendenti, tra cui lo stesso Abramo.
Parole che farebbero parte di una strategia più ampia e ben studiata: Roberto che provoca gli alleati e forse sollecita la designazione del fratello da parte dei vertici nazionali, Lega e Fdi che si irrigidiscono e fanno saltare i piani, Roberto che quindi dice «andiamo da soli» e mette alla prova il suo partito. La scena immaginaria prosegue con il deputato che va da Berlusconi per chiedergli di rompere con Salvini e Meloni al fine di blindare la candidatura di Mario, con l'ex premier che dice di no.
Consumato anche l'ultimo strappo, Occhiuto jr avrebbe così l'alibi necessario per portare a termine l'operazione Italia Viva e lasciare definitivamente Forza Italia, magari insieme alla vicepresidente della Camera Mara Carfagna, di cui da tempo si vocifera circa un suo possibile patto con Renzi e che ieri è stata l'unica big del partito azzurro a protestare contro la fatwa anti-Occhiuto della Lega.
Quella di Roberto Occhiuto – assicurano i bene informati – sarebbe un piano capace di tenere insieme visione politica (Iv è più in salute di Fi) e necessità di trovare nuovi alleati per le Regionali.
LEGGI ANCHE:
Tallini (Fi): «Lega boccia Occhiuto perché in Calabria vuole perdere»
Regionali, Carfagna (Fi): «Il No a Occhiuto è uno schiaffo della Lega»
E Occhiuto (Roberto) sfida la Lega: «Non ci sostiene? Andiamo soli»
Berlusconi prova a indicare Mario Occhiuto. Ma la Lega dice No: centrodestra spaccato