Per adesso l'unica certezza è l'impazzar del totonomi. Per il resto la trattativa tra M5S e Pd per un eventuale patto alle prossime Regionali calabresi è ferma al palo.

Non per mancanza di interesse tra le parti, tutt'altro: il via libera definitivo all'intesa, con il contestuale lavoro su liste e candidature, è stato implicitamente posticipato ai giorni successivi al 27 ottobre, data del voto in Umbria. I sondaggi sono confortanti e danno più di una chance al «patto civico» di Vincenzo Bianconi.

Una vittoria o, quanto meno, una sconfitta onorevole, imprimerebbero una svolta a tutta la trattativa anche in Calabria. Dal Pd, area Oliverio esclusa, non aspettano altro.
Il fronte pentastellato è invece più che titubante.

I nomi

In attesa dell'eventuale disco verde, appunto, l'esercizio più avvincente riguarda i nomi dei possibili candidati alla presidenza. In pole position ci sono sempre Pippo Callipo e Giuseppe Gualtieri. L'imprenditore del tonno incontra il favore dei grillini, mentre l'ex superpoliziotto sarebbe la scelta più gradita ai dem calabresi.

Non è però del tutto tramontata l'ipotesi Ferdinando Laghi, sostenuto da diversi deputati e senatori, mentre alla determinazione della deputata Dalila Nesci fa da contraltare il veto irremovibile formulato prima dai suoi colleghi parlamentari e, da ultimo, dal capo politico Luigi Di Maio.

Resta in campo anche l'idea Pino Masciari. A caldeggiare la sua nomination è soprattutto la “corrente” che fa capo al deputato Alessandro Melicchio, che ritiene il testimone di giustizia l'uomo giusto da far scendere in campo sotto il vessillo del Movimento.

«È il nome migliore per coniugare i principi del M5s e la voglia di discontinuità con la vecchia politica calabrese. E ci darebbe la possibilità di incentrare la nostra campagna elettorale sui temi della legalità», commenta un pentastellato di primo piano.

Masciari, inoltre, fanno notare in ambienti grillini, ha ottenuto il miglior risultato per il M5S tra tutti i collegi uninominali in Piemonte, dove è stato candidato, senza poi essere eletto, alle Politiche del 2018; e non presenterebbe «incompatibilità con lo Statuto del Movimento».

La puntualizzazione maliziosa è una frecciatina all'indirizzo di Nesci, al secondo mandato alla Camera, ma anche di Laghi, consigliere comunale di Castrovillari eletto nella lista “Solidarietà e partecipazione”, di cui è anche capogruppo.
E nemmeno Callipo è esente da un certo screening politico: «Nel 2010 si è candidato alle Regionali con una sua lista», ricordano alcuni parlamentari.

L'attivazione di un rigido processo di filtraggio non ha, tuttavia, fermato la giostra del totonomi. Pare infatti che negli ultimi giorni, in alcuni tavoli romani, si sia accarezzata una nuova ipotesi: il giovane imprenditore calabrese Florindo Rubbettino, al vertice dell'omonima casa editrice.
Solo una suggestione, un nome tra diversi altri? Ormai non manca molto alla soluzione dell'enigma finale.

Grillo, Di Maio e Oliverio

Poco più di 10 giorni di attesa, dunque, per sapere se il matrimonio giallorosso si farà davvero anche in Calabria. Il fondatore Beppe Grillo, alla festa nazionale di Napoli per il decennale del Movimento, ha rimbrottato duramente i militanti ostili all'accordo: «Non voglio che rimanete qui a dire sempre Pd, Pd... stavolta vaffa a voi».
E Nicola Zingaretti, da parte sua, ha più volte ribadito l'urgenza di replicare nei territori l'esperienza di governo e di creare un «nuovo centrosinistra».

Di Maio per ora preferisce pensare alla nuova strutturazione del Movimento – 80-90 persone che gestiranno il nuovo “partito” in tutta Italia – e nega ogni trattativa con il Pd («non sono in questo momento all'ordine del giorno patti regionali, né tantomeno nazionali»).

 

Quello del capo politico è però solo un modo per prendere tempo, tenere a bada le fibrillazioni interne e tentate di ricucire con l'ala dissidente, le cui fila si ingrossano giorno dopo giorno.
Il patto Pd-5S, su questo sono d'accordo tutti gli osservatori, alla fine si farà in ogni caso.

Con buona pace di Mario Oliverio, che ieri ha preso parte al tavolo del “centrosinistra alternativo”. Una coalizione – in verità ancora piuttosto abborracciata – che, mentre da una parte spinge per ottenere le primarie, dall'altra ha di fatto già scelto di riproporre il governatore uscente alla guida della Regione.

Al vertice di Lamezia non hanno partecipato né il Pd, né Articolo Uno, che invece continuano ad aspettare segnali concreti da Roma per l'accordo con i 5 stelle. Oliverio è comunque un'incognita da non sottovalutare: la sua candidatura solitaria potrebbe rovinare i piani nazionali e determinare un brusco contraccolpo politico per il governo Conte.

Secondo alcuni addetti ai lavori, il governatore oggi pomeriggio potrebbe partecipare alla Direzione nazionale del Pd, magari per tentare un'ultima moral suasion sulla segreteria. E Zingaretti ha l'obbligo di usare cautela.