Niente sarà più come prima si disse all’epoca. Ma forse si voleva dire, che tutto cambia perché nulla cambi. Anche perché è vero che l’entrata in vigore della Legge 7 aprile 2014, n. 56 (la cosiddetta Riforma Delrio) ha aperto la strada a profondi cambiamenti sul piano del governo territoriale – individuando e regolamentando le quattordici città metropolitane come nuovo soggetto amministrativo, trasformando le Province in enti di secondo livello, incentivando l’unione e la fusione delle Amministrazioni comunali come strumento di semplificazione del governo locale – ma è anche vero che quella riforma che individuava nella Metrocity un ente territoriale di area vasta dotato di autonomia normativa, amministrativa e finanziaria è rimasta monca, e per molti versi inattuata – l’unica tra le 14 città metropolitane – in riva allo Stretto.
La città metropolitana di Reggio Calabria è subentrata operativamente alla vecchia provincia solo nel febbraio del 2017, in tutti i rapporti attivi e passivi, ereditandone le funzioni e assumendone di nuove, sulla base della nuova natura di Ente di coordinamento e di raccordo, iniziando parallelamente un difficile percorso di individuazione delle funzioni ereditate, in attesa di una più compiuta definizione di quelle da trasferire a regione e comuni, sulla scorta di leggi regionali di attuazione.

Un tessuto economico diviso tra progressi e criticità

Sono 97 i Comuni che formano la provincia di Reggio Calabria. La popolazione residente sul territorio della Città Metropolitana, a gennaio 2024 (fonte Istat – Tuttitalia.com) è pari a 515.046 abitanti ed ha seguito un andamento ininterrottamente decrescente dal 2001 quando i residenti ammontavano ad oltre 563mila, quindi con una perdita considerevole di popolazione, per il saldo naturale o per lo spopolamento dei luoghi più interni.
Gli stranieri residenti nella città metropolitana di Reggio Calabria al 1° gennaio 2023 sono 29.634 e rappresentano il 5,7 % della popolazione residente. La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 24,8% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dal Marocco (16,2%) e dall'India (11,2%).
Le dinamiche economiche e sociali del territorio, analizzate dalla Camera di Commercio, hanno evidenziato risultati, progressi e criticità del quinquennio 2019-2024 che restituiscono una fotografia se non completa, quantomeno approfondita del territorio della città metropolitana. Il rapporto tiene conto della grave crisi epidemiologica del Covid 19 che ha determinato per certi aspetti un forte rallentamento e per altri una spinta innovativa legata ad esempio ai processi di digitalizzazione, sia delle imprese sia della Pubblica amministrazione. Ma una spinta l’hanno data anche gli investimenti legati al Pnrr favorendo l’edilizia soprattutto nei settori delle costruzioni e della sanità.
Nel 2023, il Rapporto dà conto di un tessuto imprenditoriale che ha registrato una leggera contrazione, con un totale di 53.060 imprese (di cui 45.090 attive). A livello settoriale, crescono le attività finanziarie, assicurative, immobiliari e professionali (+10,6%), le costruzioni (+5,7%) e gli altri servizi (+1,3%). In calo le imprese manifatturiere (-7%) e il commercio (-1,9%).
L’export è cresciuto significativamente, raggiungendo un valore di 428 milioni di euro nel 2023, con un incremento dell’83,1% rispetto al 2019. «Se parliamo di numeri – ha recentemente affermato in una intervista alle nostre testate il presidente dell’ente camerale Ninni Tramontana - la nostra città metropolitana rispetto all'export dell'intera Calabria fa più del 50%, quindi 400 milioni di euro di export realizzati dagli imprenditori della nostra città metropolitana a fronte degli 800 milioni che fa l'intera Calabria. I nostri imprenditori hanno un'alta propensione all'export che sul nostro territorio cresce di più di 20 punti percentuali l'anno»

La maggioranza delle imprese reggine è costituita da imprese individuali (66,4%), seguite dalle società di capitale (20,3%) e società di persone (9,8%).
Il tasso di disoccupazione totale nel 2023 si è attestato al 16,1%, con un calo di 3,2 punti percentuali rispetto al 2019. Tuttavia, persistono significative criticità: la disoccupazione giovanile nella fascia 15-24 anni è salita al 42,8%, con un incremento di 5,9 punti rispetto al 2019.
Il tasso di occupazione ha raggiunto il 41,3% nel 2023, in crescita di 2,2 punti rispetto al 2019. Gli occupati totali nella Città metropolitana sono stati 140,5 mila unità, con un aumento dello 0,6% rispetto al 2019.
Il turismo registra segnali di ripresa con 228.520 arrivi e 507.167 presenze nel 2023, in aumento rispetto al 2022 ma ancora lontani dai livelli pre-pandemia (-7,7% per gli arrivi e -32,5% per le presenze rispetto al 2019). Si attendono in questo senso i dati relativi agli ultimi mesi e comunque da quando l’Aeroporto dello Stretto “Tito Minniti” ha cominciato a funzionare come un vero aeroporto internazionale, facendo registrare il record di passeggeri, chiudendo il 2024 con oltre 623mila passeggeri, corrispondente ad un impressionante +112,8% rispetto al 2023.

La chimera delle funzioni della Città Metropolitana

Offrire una fotografia esaustiva della città metropolitana di Reggio Calabria, non può prescindere dal tema dei temi, vale a dire il trasferimento delle funzioni dalla Regione Calabria.
La città metropolitana di Reggio Calabria, secondo le funzioni stabilite dall'Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), si occupa principalmente di pianificazione territoriale, inclusa la gestione delle infrastrutture, delle reti di servizio e la promozione dello sviluppo economico e sociale e svolge compiti in materia di mobilità, viabilità, informatizzazione e digitalizzazione.
Per quanto riguarda la ricollocazione delle funzioni provinciali nell’ambito del processo di riordino innescato dalla legge n. 56/2014, tutte le Regioni interessate – si legge nei rapporti annuali dell’Anci - vi hanno proceduto, anche a seguito dell’Accordo dell’11/9/2014 stipulato nella sede della Conferenza Unificata, con modalità anche differenziate. «Alcune Regioni, ad esempio, hanno attribuito funzioni anteriormente proprie della provincia solo alla città metropolitana corrispondente, e non anche alle altre province. Così, ad esempio, in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia- Romagna, Toscana».

Il punto è che fino ad oggi la Metrocity di Reggio ha operato alla stregua di ogni altro ente intermedio provinciale, innescando una serie di proteste che in quest’ultimo biennio ha visto il sindaco Giuseppe Falcomatà contrapporsi con forza al presidente della giunta regionale Roberto Occhiuto, che pure nel marzo dello scorso anno aveva fatto intravedere uno spiraglio nell’avvio dell’iter tanto atteso, affidandone l’esecuzione alla sua vice di allora, la reggina Giusi Princi.
Anche perché i tempi sono maturi per superare la consueta, trita e ritrita, contrapposizione politica che mantiene in vita l’assunto: «Perché non avete protestato quando al governo della Regione c’era Oliverio?» Quasi a giustificare il mancato trasferimento di queste benedette funzioni. Il punto è che sono passati dieci anni ormai dalla Legge Delrio e Reggio rimane orfana di funzioni che gli spetterebbero per legge e non, per dirla con Falcomatà, per una concessione.

In soldoni, nel mezzo delle beghe politiche, ci sta un territorio ampio e articolato e una popolazione di oltre 500mila abitanti, che non può aspirare ad affrontare i suoi problemi con maggiore efficacia e con una visione di lungo termine. D’altra parte insieme alle funzioni la Regione dovrebbe trasferire anche le risorse e il personale adibito a quella specifica funzione. E questo dà la dimensione del grave danno - basta pensare ai settori della viabilità, del dissesto idrogeologico, alla cultura, del turismo e delle politiche sociosanitarie – che sta subendo la provincia reggina.

Rinvii e silenzi per una vicenda grottesca

Dopo anni di rivendicazioni e richieste inspiegabilmente senza alcuna risposta, la situazione e i rapporti tra Città Metropolitana di Reggio e Regione Calabria sembrano sbloccarsi tra marzo e aprile del 2024. A sorpresa, infatti, arrivò l’annuncio della Cittadella, per bocca dell’allora vicepresidente Giusi Princi che in sostanza rispondeva all’ennesimo appello del sindaco Falcomatà.
«La possibilità di creare una grande area metropolitana dello Stretto, che veda Reggio e Messina programmare e pianificare sinergicamente le proprie iniziative in campo culturale, turistico e dal punto di vista del trasporto pubblico locale – scriveva il sindaco – rappresenta una delle ultime chance di rilancio del nostro territorio».
A stretto giro arrivò la risposta firmata dal vicepresidente che dichiara la Regione «favorevole a concretizzare il processo di riordino istituzionale volto all’attribuzione delle funzioni aggiuntive alla città metropolitana di Reggio Calabria, coerentemente con il principio di sussidiarietà verticale».

Un fatto nuovo che definiva «maturi» i tempi per assumere determinazioni definitive in materia. Una dichiarazione di intenti che fece ben sperare e così alla prima data utile – si era ad aprile 2024 – si tenne il primo incontro ufficiale tra Princi, Falcomatà e i direttori generali dei due enti coinvolti. In quella sede si decise anche entro quando – dicembre 2024 – perfezionare il passaggio delle funzioni, a dimostrazione del fatto che forse non c’erano così tanti ostacoli se non la volontà di completare l’iter. E invece no. Da quel momento in poi è calato nuovamente il silenzio sulla questione, tenendo anche in debita considerazione che, nel frattempo, con l’elezione al Parlamento europeo, Giusi Princi fu sostituita in giunta regionale da un’altra reggina, Maria Stefania Caracciolo. Nessuna riunione, nessun nuovo atto. Ma la Metrocity, non perdendosi d’animo, ha sollecitato nuovamente la Cittadella a riprendere le fila del discorso, senza però ottenere alcuna risposta.
Così a febbraio scorso Giuseppe Falcomatà ha deciso di investire della questione del mancato trasferimento delle funzioni il tavolo di coordinamento delle città metropolitane, tra lo stupore generale dei colleghi sindaci, rendendola un caso nazionale.

Un ente, nonostante tutto, in salute

La città Metropolitana di Reggio Calabria non si trova in condizioni di deficitarietà strutturale e ad oggi appare un ente sano e con risorse da spendere. Tuttavia, la recente approvazione del Bilancio di previsione 2025/’2027 ha messo in luce alcune particolarità e soprattutto il contesto in cui avviene l’approvazione, alla luce delle ultime novità che hanno ridefinito il riparto del concorso alla finanza pubblica da parte delle Province e Città metropolitane, che per l’ente reggino è stato individuato nell’importo di € 534.905,00 per entrambe le annualità 2024 e 2025, senza dimenticare l’ulteriore contribuzione alla finanza pubblica dovuta «Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica…» per la quale «i comuni, le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028…».
Fatte salve queste condizioni di partenza La Città Metropolitana per garantire gli equilibri di bilancio «fortemente condizionati dal contributo alla finanza pubblica», è costretta a confermare tutte le aliquote ai valori massimi consentiti continuando ad impostare un bilancio di previsione volto a contenere le spese di funzionamento.

Il fabbisogno stimato di spesa corrente per il 2025 posto a base del progetto di bilancio ammonta a 88.218.987,22 milione di euro. ll finanziamento delle opere ed investimenti pubblici programmati nel triennio 2025-2027 – si legge nel Dup – avrà luogo, oltre che giovandosi dei trasferimenti ministeriali e regionali anche con utilizzo di entrate correnti e per il 2025 e per gli anni successivi la Città Metropolitana di Reggio Calabria non prevede di assumere nuovi mutui.

Alla fine del Consiglio metropolitano il consigliere delegato al Bilancio, il sindaco di Palmi Giuseppe Ranuccio, ha sottolineato come quest’anno si è voluto imprimere un’azione dal forte sapore politico, con l’investimento di risorse che non sono illimitate, ma neanche scarse, nei settori di piena e concreta competenza dell’ente metropolitano: tutela e messa in sicurezza del patrimonio, edifici istituzionali, scuole, strade, «ma anche per finanziare azioni a tutela del dissesto idrogeologico, così come la realizzazione di iniziative dirette in campo culturale, artistico che hanno un indubbio ritorno, non solo per la promozione del nostro territorio, ma anche in termini di ricadute economiche. Il tutto, ed è bene ribadirlo – ha concluso Ranuccio – in assenza di queste benedette funzioni che tardano ad arrivare con tutto ciò che ne comporta anche in termini di sacrifici economici, perché dobbiamo supportare tutte le iniziative con fondi propri di bilancio metropolitano».

30 milioni per una viabilità che genera spopolamento

Gli oltre 1800 km di viabilità metropolitana, rappresentano uno dei tasti dolenti dell’amministrazione Falcomatà, naturalmente legati al mancato trasferimento delle funzioni e delle relative risorse e personale.
A seguito di verifiche sul territorio e dopo opportune valutazioni, l’Ente ha predisposto progetti per l’esecuzione di interventi mirati di opere, anche strutturali, necessarie a ripristinare il corpo stradale e stabilizzare i versanti adiacenti, al fine di migliorare le condizioni di sicurezza e transitabilità delle arterie stradali metropolitane. «Con tali interventi di manutenzione delle strade provinciali che collegano le aree interne del territorio Metropolitano – si legge tra gli obiettivi strategici del Dup – si è inteso affrontare e risolvere le più gravi e urgenti criticità sia puntuali (frane, smottamenti, ecc…) sia di media-breve estensione (degrado del piano viabile, criticità del sistema di raccolta e deflusso delle acque di piattaforma, carenza e/o inadeguatezza degli elementi di protezione laterale e della segnaletica orizzontale e verticale) che compromettono le condizioni di sicurezza delle strade a maggior volume di traffico, rendendone poco agevole il transito».

Per il raggiungimento di adeguati livelli qualitativi, relativamente a agibilità, sicurezza, comfort e stato di decoro stradale si è scelto di ricorrere ad un affidamento dei servizi, in house providing, e più precisamente attraverso un contratto di “Accordo Quadro di servizi finalizzati alla gestione della rete viaria” come insieme di attività finalizzate al mantenimento e miglioramento della rete stradale di competenza della Città Metropolitana di Reggio Calabria.

Di recente il vicesindaco con delega alla viabilità, Carmelo Versace, ha tuonato contro la Regione, ricordando che a distanza di oltre un mese dalla riunione fatta in Prefettura, alla presenza del Prefetto Clara Vaccaro – nonché di tutte le parti in causa coinvolte, Regione, Città Metropolitana, Anas e Protezione Civile – a nulla è servito il dossier inviato a tutti gli attori, presentato dagli uffici della città metropolitana, per un importo di oltre 30 milioni di euro solo riguardante i danni stimati per le diverse alluvioni che si sono abbattute violentemente sul nostro territorio. Un lavoro mastodontico, che riguarda anche la pulizia delle fiumare e la salvaguardia del territorio provato dal dissesto idrogeologico, che non può affrontare da sola la Metrocity.
Un j’accuse in piena regola, l’ennesimo per la verità, quello del vicesindaco Versace, che apre così anche un altro fronte di discussione: «i nostri borghi si stanno spopolando, e una delle più importanti cause è da rintracciare proprio nella scarsa attenzione in chi Governa e non ci permette di garantire una viabilità sicura e coerente con le nostre identità».

La dotazione organica tra contrazione e nuove assunzioni

L'organizzazione interna della Città Metropolitana di Reggio Calabria (cosiddetta Macrostruttura), si articola in 12 Settori, 3 Unità Organizzative Autonome (U.O.A.), oltre le strutture Direzione Generale e Segreteria Generale.
La dotazione organica dell’Ente ha subito nel corso del 2018 una significativa contrazione dovuta in parte al trasferimento delle funzioni e delle competenze relative alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive ed alla funzionalità dei Centri per l’Impiego, che si è concluso con l’immissione nei ruoli regionali di n. 62 unità di personale dal 1° luglio 2018. Nel corso degli ultimi anni vi è stata poi una riduzione dei dipendenti a tempo indeterminato causata, in parte, dalla riforma del sistema pensionistico che ha introdotto la cosidetta “quota 100”. La dotazione organica dei Dipendenti a tempo indeterminato di ruolo, al primo di gennaio 2024, compresi i dirigenti di ruolo, è costituito da 346 unità.
Le risorse finanziarie da destinare ai fabbisogni di personale - determinate sulla base della spesa per il personale in servizio e nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente – ammontano a 23,1 milioni per il 2025, 24,7 per il 2026 e 24 per il 2027.