Ora che in Direzione il segretario, Nicola Zingaretti, ha ufficializzato il sì del Pd, è praticamente definito il quadro delle posizioni dei vari partiti in vista del referendum confermativo dei prossimi 20 e 21 settembre sulla legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari.

Un appuntamento al quale quasi tutte le forze politiche si presentano schierate per il Sì o per la libertà di voto, ma, fatta eccezione per il Movimento 5 stelle che ne ha fatto un proprio cavallo di battaglia, si avvicinano senza particolare entusiasmo, preoccupate maggiormente delle elezioni regionali e comunali che si svolgeranno nelle stesse giornate, e con vari distinguo al proprio interno rispetto alla linea ufficiale.

Il fronte del No nel M5s

È il caso anche del M5s, dove non mancano parlamentari pronti a schierarsi per il No contro la netta indicazione del partito, ultimo in ordine di tempo oggi il senatore Matteo Mantero. Più problematica la situazione all'interno dell'altro partito di maggioranza, il Pd.

I politici dem contrari al taglio dei parlamentari

Di fronte alla proposta per il Sì avanzata in Direzione da Zingaretti e supportata dall'invito del capo della delegazione al governo, Dario Franceschini, al 'pacta sunt servanda' (rispetto all'alleato Cinquestelle e al proprio interno dopo il voto favorevole in Parlamento alla riforma), l'area Orfini ha deciso di non partecipare al voto sulla relazione del segretario, mentre l'ex tesoriere Dem, Luigi Zanda, l'ex presidente della Camera, Laura Boldrini, e Gianni Cuperlo hanno ribadito la loro contrarietà alla riduzione del numero dei parlamentari e quindi il No al referendum. Come quelli pesanti espressi da big Democratici, quali Romano Prodi, Arturo Parisi, Giuseppe Fioroni e Rosy Bindi, che nei giorni scorsi ha promosso un appello per il No.

La situazione in Forza Italia

Non meno fluida la situazione all'interno di Forza Italia. Silvio Berlusconi, dopo aver definito «demagogia» la riduzione del numero dei parlamentari senza una «riforma organica» della Costituzione, si è affrettato a pronunciarsi per la libertà di voto, alle prese con profonde divisioni all'interno del Movimento azzurro. Accanto a chi si schiera per il Sì, come la capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini, ci sono le posizioni contrapposte altrettanto ferme di Andrea Cangini e Simone Baldelli, tra i promotori del Comitato per il No, e di Renato Brunetta e Osvaldo Napoli.

Il Sì di Lega e Fratelli d’Italia

Restando nel centrodestra, se Fratelli d'Italia, pur senza particolari clamori, ha subito annunciato di essere a favore della riforma, anche dal segretario della Lega, Matteo Salvini, oggi è stato ribadito il Sì «per coerenza», anche se «questa riforma però doveva essere legata ad altre riforme». Parole che tuttavia finora non hanno convinto un big del partito come Claudio Borghi, già presidente della commissione Bilancio della Camera, contrario alla riduzione del numero dei parlamentari.

Anche su questa questione il leader del Carroccio si trova comunque in contrapposizione con il Movimento delle Sardine, da subito schierato per il No.

Le divisioni in Leu

Rimanendo nel campo del centrosinistra, da segnalare le divisioni in Leu, con Pierluigi Bersani per il Sì, al contrario dell'ex presidente del Senato, Pietro Grasso, e della deputata Rossella Muroni. Da sottolineare, sempre in Liberi e uguali, la posizione del ministro della Salute, Roberto Speranza, che dopo il Sì annunciato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha avvertito che «noi che stiamo al governo non dobbiamo politicizzare eccessivamente questo referendum. Dicevo queste cose il 4 dicembre del 2016, quando c'è stato il famoso referendum di Renzi».

Italia viva lascerà libertà di voto

Italia Viva lascerà libertà di voto, rispetto ad una riforma che l'ex premier non esita comunque a definire «uno spot, una proposta demagogica».

Pollice verso infine da Carlo Calenda, leader di Azione, e da Più Europa, che dopo il no della Corte costituzionale al ricorso contro l'election day ha deciso di rivolgersi alla Cedu.