Due piazze, Palmi e Rosarno, altrettanti avvocati diventati da poco indagati eccellenti – l’ex sottosegretario Armando Veneto e l’ex sindaco Giuseppe Idà – coinvolti dal Partito radicale nelle sue iniziative per promuovere la raccolta firme dei 6 referendum sulla giustizia. Nessuno di loro ha accennato al proprio caso giudiziario che ancora li coinvolge, il penalista palmese del resto è abituato alle maratone dei pannelliani - per il suo impegno ai vertici dell’organizzazione delle Camere penali italiane - mentre l’ex amministratore rosarnese era alla sua prima uscita pubblica dopo aver patito anche gli arresti domiciliari e le dimissioni da primo cittadino.

Nel loro intervento hanno scelto due temi diversi, tra i tanti che l’attuale stagione propone – nel combinato dispostIl o tra riforma Cartabia e referendum – in tema di giustizia. «Il giudice non può essere autonomo – ha detto Veneto a proposito della proposta separazione delle carriere che i referendari vogliono con un quesito ad hoc – quando, vincitore dello stesso concorso pubblico, dialoga con il pubblico ministero, scambia opinioni con lui di continuo anche fuori dal lavoro». Idà invece ha messo all’indice la mediticità dell’azione giudiziaria, tema questo che non rientra tra quelli referendari, appartenendo invece al tentativo di nuovo regolamento che vorrebbe introdurre il governo. «Si assiste a conferenze stampa in cui si sente una sola voce – ha detto – e gli indagati subiscono un linciaggio mediatico e giudiziario che li rende co0lpevoli ancor prima del processo».

Ai dibattiti hanno preso parte amministratori come Luca Gaetano e Pierpaolo Zavettieri. Quest’ultimo ha criticato il metodo delle indagini. «Io non ho scheletri nell’armadio – ha detto il sindaco di Rogudi – ma chiunque in Calabria rischia grosso visto il sistema delle retate, per cui prendere il caffè con uno sconosciuto può comportare il coinvolgimento nell’indagine. L’avvocato Giuseppe Milicia si è detto «pessimista rispetto alla capacità della politica di capire che la bonifica sociale non può avvenire tramite un certo utilizzo dell’azione penale», mentre l’avvocato Mimmo Ceravolo ha ricordato «la storia di tante indagini che portano i politici in carcere, salvo poi proscioglierli quando ormai il processo di scioglimento del consiglio comunale è irreversibile».

Per Giampaolo Catanzariti, presidente dell’Osservatorio nazionale sulle carceri del Partito radicale, «è molto discutibile il criterio che il giudice adotta quando, senza le esigenze previste dalla legge, commina il carcere prima del processo». Lo scrittore Mimmo Gangemi ha riconosciuto il merito dei Radicali «Specie in Calabria – ha detto – dove molto spesso il garantismo viene visto come una complicità con la ndrangheta». Il segretario nazionale dei Radicali, Maurizio Turco, ha chiarito come «la raccolta firme che stiamo organizzando assieme alla Lega ha anche il merito di far conoscere ai cittadini e di farli determinare su una questione, come quella della giustizia, che la politica non è stata in grado fin qui di affrontare e risolvere».