«Il Recovery Plan approvato dal Consiglio dei Ministri è l’ennesima offesa nei confronti della Calabria e dei Calabresi. Una situazione inaccettabile che impone una riflessione seria e chiara, sia sull’effettiva portata degli investimenti previsti sia sulla qualità della risposta delle forze politiche calabresi».

È quanto dichiara in una nota l’on. Nino Foti, già deputato della Repubblica.

«È chiaro - continua Foti - che esiste purtroppo un nesso storico profondo tra la disattenzione strutturale e intenzionale del governo centrale nei confronti della Calabria e il deficit di rappresentanza e credibilità della politica calabrese. In estrema sintesi, chi decide sulle risorse del Paese può permettersi di penalizzare la nostra regione consapevole del fatto che dai rappresentanti istituzionali della Calabria al massimo arriverà qualche protesta pro forma sui media, ma non ci saranno azioni politiche tali da far sentire il peso e l’autorevolezza di un’intera comunità che, invece, meriterebbe ben altre attenzioni.

 

Quello che emerge chiaro dalla lettura del Recovery Plan - afferma - è quanto negli intendimenti del Governo la Calabria sia marginale, quasi un fastidioso problema di cui occuparsi di volta in volta. Una regione che non è mai considerata davvero una terra di opportunità. Ad esempio si legge che “si estenderà l’alta velocità al Sud, lungo la direttrice Napoli-Bari che viene conclusa e con la massima velocizzazione della Salerno-Reggio Calabria, ottimizzando gli interventi”, confermando così che la Calabria non avrà i treni ad alta velocità ma, nella migliore delle ipotesi, una sistemazione della vecchia rete ferroviaria per far viaggiare i treni a 200km/h invece che a 300km/h. Perché si continua a tollerare ancora tutto questo? Perché siamo ancora costretti a sopportare il peso delle scelte sbagliate di una politica che, ad esempio, quando è stata progettata l’Alta Velocità, non ha pensato ad una prospettiva di sviluppo anche per il Sud? Perché, soprattutto adesso, non siamo in grado di rappresentare e difendere le mille ragioni di una terra che, senza questi interventi, è condannata ad un lento ed inesorabile declino?

 

Aldilà della questione specifica dell’Alta Velocità infatti - prosegue Foti - esiste un problema complessivo che riguarda l’intera infrastrutturazione ferroviaria nel Mezzogiorno e sebbene questa del Recovery Plan potrebbe rappresentare una vera svolta per una modernizzazione che proietti verso il futuro questa parte del Paese credo – e come me tantissimi – che non sarà così. È probabile, invece, che nel Recovery Plan ci sia semplicemente una conferma di investimenti (insufficienti) già stanziati negli anni scorsi per lavori ancora in corso o mai iniziati.

Che dire, inoltre, della totale assenza del Porto di Gioia Tauro dal Recovery Plan? Un porto – è bene ricordarlo - che nel 2020 ha riconquistato il primato nazionale nel transhipment con una delle crescite più rilevanti nel Mediterraneo. Eppure il documento approvato dal Consiglio dei Ministri dimentica Gioia Tauro e i grandi scali del Mezzogiorno, esaltando i ruoli dei grandi porti del Nord, Genova e Trieste, che “rappresentano snodi strategici per l’Italia e per l’Europa nei traffici da e per vicino-medio-estremo Oriente” e per i quali sono elencati una serie di grandi interventi. Per comprendere il destino di Gioia Tauro dobbiamo aggrapparci a una semplice frase: “il sistema portuale italiano si svilupperà efficacemente al nord per i traffici oceanici e al sud per lo sviluppo dei traffici intermediterranei”. Troppo poco, troppo incerto.

 

La realtà è che le risorse previste dal piano Next Generation Eu italiano ammontano a 222,9 miliardi di euro e, almeno in teoria, una fetta importante di investimenti dovrebbe creare un impatto forte nelle regioni del Mezzogiorno. Intervenire in tal senso tuttavia, potrebbe essere ancora possibile, poiché il Recovery Plan, dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri, dovrà ora essere sottoposto alle valutazioni del Parlamento e delle parti sociali. Il documento potrà dunque essere migliorato e i gravi errori commessi a danno della Calabria potranno essere corretti, in tutto o in parte. Ed è proprio su questo punto - conclude Foti - che, come detto, è necessario aprire una seria riflessione: può una politica marginale come quella calabrese determinare i mutamenti necessari a far uscire la Calabria dalla marginalità? Purtroppo la risposta – alle condizioni date – è negativa.

 

Non credo – ribadisce Foti - che gli attuali assetti della politica calabrese siano idonei alla sfida che è davanti a noi. Non credo che gli attuali rappresentanti istituzionali, fatte le debite eccezioni, siano in grado di fare un granché. Né è servita, o potrebbe servire a qualcosa, l’azione impalpabile del giovane Ministro per il Sud che nonostante i ripetuti annunci di interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno ha sempre riscontrato la propria assoluta inconsistenza all’interno dell’esecutivo.

L’unica vera speranza è quella di un rinnovamento davvero concreto. Che i partiti, in un sussulto di responsabilità, in vista delle prossime elezioni regionali facciano scelte di qualità puntando sulle donne e gli uomini migliori, scegliendo sulla base delle competenze e non sui bacini elettorali più o meno ampi o più o meno clientelari. L’alternativa è una condanna perenne alla marginalità, alla rassegnazione, alla recriminazione delle tante occasioni perse. Ma – conclude - il tempo per dare una risposta sta per scadere».