Flavio Stasi ha avuto il merito di riaprire il dibattito su una delle vertenze territoriali più significative, l’istituzione di una provincia nel nord-est calabrese.
La discussione non sta passando inosservata, soprattutto a livello locale, ma al momento non sta varcando i confini e appassionando la politica che conta, a Roma ed a Catanzaro, per quello che è il più classico dei presagi ostruzionistici: la difesa dello status quo.
Sull’argomento sono intervenuti in tanti a sostegno dell’idea rilanciata dal sindaco di Corigliano Rossano ed oggi al dibattito si è iscritto anche il suo collega di Cassano allo Ionio, Gianni Papasso.
A quanto pare favorevole all’idea a patto che si coinvolga anche all’area del Pollino. Una provincia, quindi, della Sibaritide-Pollino con Cassano a fungere da trait d’union. 
Una visione ottimistica, quella di Papasso, già bocciata per questioni di “incomprensioni”: negli anni ’90 la provincia di Corigliano Rossano non venne istituita per il “no” di Castrovillari che nel frattempo tentava di portava l’acqua al suo mulino, racconta la storia del territorio.
Una cosa appare però, più che mai certa a tutti: la provincia di Cosenza è troppo grande per essere gestita. Ed allora, questa volta il primo cittadino di Cassano prova a ricucire e, nel contempo, a ritagliare nuovi spazi.

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Gianni Papasso esordisce con un messaggio, nemmeno poi così velato, indirizzato a Palazzo Bianchi, sede del municipio coriglianorossanese. «Oggi si parla della Provincia della Sibaritide: una proposta importante che riaccende la questione del riassetto istituzionale in quest’area soprattutto dopo la nascita del Comune unico di Corigliano-Rossano che, voglio ribadirlo, è un fatto importantissimo perché ha creato la terza città della Calabria. Se però questa città non si apre al territorio, non prevede un coinvolgimento dei comuni viciniori, rischia di isolarsi rispetto a tutto il resto ed è un pericolo che non si deve assolutamente correre».

«Sì a Sibaritide-Pollino con Cassano trait d’union»

 «Se proprio vogliamo ri-parlare di questo riassetto istituzionale nell’Alta Calabria – prosegue Papasso – non possiamo non mettere insieme il Pollino e la Sibaritide. Il riassetto istituzionale deve significare mettere in campo un nuovo modello di sviluppo economico concreto, uno sviluppo sia a livello sociale, culturale, imprenditoriale per far sì che i nostri figli non debbano più partire e questo comprensorio possa guardare al futuro con più fiducia e con una nuova speranza.
Credo – evidenzia ancora il primo cittadino di Cassano – che ci siano le condizioni per mettere insieme la Sibaritide e il Pollino. Il mio comune sta in una posizione baricentrica tra le due aree e, senza arroganza o primogeniture che sarebbero inutili e improduttive, si candida a lavorare per metterle insieme. Questa che propongo e lancio è soltanto una attività istituzionale mirata a far sì che i due comprensori possano parlarsi tra di loro, organizzarsi e, soprattutto, chiedere il riassetto istituzionale attraverso la creazione della Provincia della Sibaritide e del Pollino ma, soprattutto, nuove e maggiori attenzioni in generale a chi li ha sempre traditi. Mai un intervento serio, mai un intervento concreto di sviluppo, mai un intervento di rilancio. Ci sono problemi, oltre che di trasporti, di sanità. Il fatto che siamo esclusi dall’alta velocità significa che più di metà regione è esclusa da quello che dovrebbe essere un diritto imprescindibile e cioè quello della mobilità».

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L'appello: «Lavoriamoci concretamente»

Per Papasso, insomma, il momento è propizio, giusto, perché il Parlamento sta discutendo «nuovamente le elezioni dirette del presidente della Provincia e del consiglio provinciale dopo la bocciatura della soppressione delle Province operata dagli italiani con il referendum».
«In questa fase – propone – noi dobbiamo essere puntuali, non dobbiamo essere arroganti ed esercitare il bene della comunità e se vogliamo farlo dobbiamo lavorare per mettere insieme questi due comprensori che, di fatto, sono già un tutt’uno, per offrire speranze e prospettive future. Non lo dobbiamo fare per ottenere un vuoto pennacchio ma per ottenere fondi, investimenti e quel riconoscimento che quest’area ormai attende da troppo tempo. Gli slogan servono ma ora è necessario lavorare concretamente – conclude Gianni Papasso – con un nuovo entusiasmo che oggi manca ed è il motivo per cui anche i nostri giovani ci lasciano e vanno via».