Il presidente di Anac Giuseppe Busia sentito alla Camera contesta l’atto del Governo e la mancanza di una gara d’appalto che darebbe eccessivo vantaggio al privato. All’audizione a Palazzo Madama del professore Francesco Russo nessun deputato del centrosinistra calabrese presente (ASCOLTA L'AUDIO)
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Per Matteo Salvini è la madre di tutte le battaglie. Dopo decenni di chiacchiere, e soldi gettati al vento, il ministro delle Infrastrutture è convinto che questa volta il Ponte sullo Stretto si farà. Continua a ribadirlo di fronte alle obiezioni poste non solo dai cittadini ma anche da altre strutture dello Stato.
Come ad esempio l’Autorità nazionale anticorruzione. Le cronache di ieri riportano che il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, audito alla Camera ha sviscerato tutti i limiti del decreto che dovrebbe dare finalmente il via alla costruzione dell’opera. Busia nel corso dell’audizione è stato netto: il decreto così com’è dà un eccessivo vantaggio, giuridico e contrattuale, al privato che dovrà costruire l’opera. Il privato è il colosso WeBuild, vincitore dell’appalto nel 2011 e poi protagonista di un contenzioso da 700 milioni di euro contro lo Stato dopo che il Governo Monti (siamo nel 2012) aveva decretato lo stop all’opera.
Il consorzio non ha ritirato il contenzioso, anche se ha perso in primo grado, ma si è detto disponibile a farlo subito se l’appalto verrà confermato. Per Busia il fatto di avere detto sì senza passare da una gara dà eccessivi vantaggi al consorzio spostando sul pubblico tutti i rischi connessi alla realizzazione dell’opera. C’è poi un problema di costi. Le direttive europee dicono che nella rimodulazione non si possono superare l’aumento del 50% dei costi previsti, mentre grazie al decreto basta una semplice relazione del contraente per poter decidere tutti gli adeguamenti necessari.
Qua sta il vero punto della questione: quanto costerà il Ponte? Difficile dirlo visto che finora Salvini ha un po’ giocato con i numeri. A Gizzeria durante gli stati generali della Zes, il ministro aveva parlato di circa sei miliardi. Qualche giorno dopo, il 23 marzo, dal salotto di Bruno Vespa, annunciava che costava «meno di un anno di Reddito di cittadinanza». Un anno di Rdc, se prendiamo il 2021, è pari a 7,3 miliardi di euro. Nell’allegato al DeF, invece, il costo viene quantificato in 13,5 miliardi. Più un altro miliardo per le opere compensative a terra che dovranno realizzare Anas e Rfi. Totale: quasi 15 miliardi.
Proprio i costi sono uno dei punti dirimenti della questione, ma non solo. Sempre nell’abito delle audizioni alla Camera diversi tecnici hanno detto che è impossibile avviare il cantiere entro un anno, anche perché il progetto è ormai troppo datato. Fra gli altri, alla Camera è stato ascoltato anche il professor Francesco Russo, ordinario di Ingegneria dei Trasporti presso l’università Mediterranea di Reggio Calabria. Russo ha contestato l’opera mettendola soprattutto in relazione con l’alta velocità che semplicemente al Sud non c’è.
Il docente ha infatti rimarcato fra l’altro che «in Calabria il progetto attualmente presentato (dell’alta velocità, ndr) aumenta i chilometri di rete ferroviaria e non ad alta velocità. Una follia. Con il Ponte ci vorrebbero comunque quasi nove ore da Palermo a Roma. In soldoni forse potrebbe convenire ai messinesi prendere il treno per andare nella Capitale, non certo per raggiungere il resto della Sicilia».
Affermazioni tecniche molto precise. Peccato che ad ascoltarle in quella audizione non c’era nessun deputato del centrosinistra. Eppure Russo non solo è un tecnico, ma è stato anche vicepresidente della Regione con Mario Oliverio presidente. E pensare che solo qualche mese fa tantissimi erano pronti quasi ad uccidere pur di avere l’onore di rappresentare la Calabria a Roma. Ma forse quel giorno erano tutti impegnati a rappresentare il territorio altrove perché l’unico che ha fatto capolino nella stanza è stato Angelo Bonelli. Stessa cosa per il M5s. Difficile però contrastare politicamente una vicenda se prima non la si studia a fondo.