Potrebbe finire all'attenzione della commissione parlamentare Antimafia la vicenda giudiziaria, portata avanti dai pm di Caltanissetta, che vede indagato per favoreggiamento aggravato dall'avere aiutato Cosa nostra, l'ex procuratore di Roma e Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone.

Ad annunciare l'intenzione di portare in Parlamento le risultanze investigative dei magistrati siciliani su un presunto insabbiamento dei dossier mafia-appalti, è il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. «Porteremo rapidamente in Commissione Antimafia la vicenda Pignatone», taglia corto il parlamentare che non risparmia un duro attacco all'attuale presidente del tribunale del Vaticano. È «davvero sorprendente - afferma Gasparri - che il dottor Pignatone non abbia ancora avvertito la necessità di sospendersi dalla delicata funzione» che ricopre. E ancora: «L'indagine che lo riguarda - aggiunge - investe vicende delicatissime e ci riporta a momenti drammatici della vita italiana. In queste ore, interviste di suoi colleghi dell'epoca aggiungono particolari inquietanti, riproponendo vicende relative a Pignatone e alla sua famiglia mai approfondite».

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Nel procedimento della Procura nissena oltre a Pignatone sono coinvolti Gioacchino Natoli, ex pm del pool antimafia di Falcone e Borsellino e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Il 31 luglio scorso l'ex capo dei pm di piazzale Clodio è stato convocato in procura per essere ascoltato. Un atto istruttorio durante il quale Pignatone si è dichiarato innocente respingendo le accuse ma non entrando nel merito della questione. «Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta», ha affermato al termine dell'interrogatorio l'ex procuratore.

Secondo l'impianto accusatorio Natoli e Pignatone, dietro la regia dell'ex procuratore di Palermo, Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, per aiutare imprenditori mafiosi come Francesco Bonura e Antonio Buscemi avrebbero cercato di insabbiare un filone dell'indagine mafia-appalti. A Natoli, in particolare, i pm hanno contestato di aver finto di indagare su una tranche del dossier che riguardava infiltrazioni mafiose nelle cave di Massa Carrara, con la complicità dell'allora capitano della Guardia di Finanza Screpanti.

Natoli avrebbe disposto intercettazioni lampo e «solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione», hanno scritto i pm, evitando così che fossero trascritte invece conversazioni «particolarmente rilevanti dalle quali sarebbe emerso, ad esempio, il legame tra l'ex politico Ernesto Di Fresco e Francesco Bonura». Per gli inquirenti nisseni, inoltre, «per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci». Bobine, però, che non sono mai state distrutte e sono state, infatti, ritrovate negli archivi della Procura di Palermo.