VIDEO | L’economista e sociologo reggino definisce la riforma «una spinta autodistruttiva di un Paese che non affronta il nodo gigante del debito pubblico». L'allarme per la regione: «Subirà un taglio delle risorse tra il 20 e il 25%»
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«Il meccanismo di base dell’autonomia differenziata è tanto semplice quanto devastante: in termini brutalmente materiali Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna danno allo Stato tra i 60 e i 70 miliardi in più ogni anno rispetto a quello che ricevono.
Trattenere sul loro territorio la maggiore quota di risorse dalle stesse prodotte, che poi è la ragione alla base delle istanze che hanno portato alla legge, equivarrebbe a ridurre le risorse per altre regioni, non solo meridionali». È quanto sostiene Tonino Perna, sociologo ed economista, vicesindaco di Reggio Calabria tra il 2020 e il 2021, parlando della recente riforma sull'autonomia differenziata delle Regioni.
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Risorse ridotte e sperequazioni
«Giusto per fare degli esempi riferiti alla Calabria: rispetto a quello che lo Stato versa ogni anno per la sanità, la scuola, i servizi, quando il meccanismo si andrà a stabilizzare, la nostra regione riceverebbe dal 20% al 25% in meno di risorse.
Pensiamo al blocco degli stipendi del personale della scuola e della sanità, per fare degli esempi concreti, e all’impossibilità di sostituirli nei prossimi anni nel momento in cui andranno in pensione. In Calabria ciò basterà per una riduzione drastica e netta degli occupati in tutta la parte pubblica e per il blocco dei salari con la ricaduta negativa progressiva in termini di potere d’acquisto. Le conseguenze nefaste di questa riforma non saranno immediatamente percepibili. Ci vorranno 10 anni per averne contezza».
Dalle stime che ho fatto, per esempio, un insegnante di scuola media, già è mal pagato come tutti gli insegnanti, in media percepisce 1600 – 1700 euro al mese. Fra 10 anni continuerà e percepire questo stipendio mentre un insegnante a Milano avrà riconosciuto il diritto agli aumenti e ai benefit, potrà arrivare a percepire anche 3mila euro di stipendio mensile. Questo sarà lo scarto. La stessa sperequazione riguarderà i medici.
Sul fronte sanitario, ci sarà anche un altro tragico problema. Noi spendiamo tra 500 e 600 milioni l’anno di cittadini calabresi che vanno a operarsi e a curarsi al Nord. Ciò non sarà più possibile se le convenzioni non saranno più sostenibili per la Regione. Per cui se non sei ricco non ti curi. Questo lo scenario al quale condurrà il processo ormai in atto e rispetto al quale credo sarà difficile tornare indietro».
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Risorse ridotte non solo per il Mezzogiorno
«Le prospettive - prosegue ancora Tonio Perna - non sono rosee anche per la Liguria e per le regioni autonome comprese il Trentino, Friuli e Val d’Aosta. Tutte, in proporzioni, registreranno una perdita notevole.
Dovrebbe esserci una mobilitazione collettiva, costituendo comitati, scendendo in piazza e andando fino a Roma. Dovrebbe esserci l’unione di tutto il Mezzogiorno e non solo. Il Piemonte è leggermente in attivo e le regioni del centro sono in leggero passivo, ma la questione investirà in modo significativo pure la Liguria che invece è in passivo e che perderà il 10% di entrate. Il dramma sarà del Mezzogiorno ma anche, e presto se ne accorgeranno, di Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta». Così prosegue il sociologo ed economista reggino.
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