Carrellata di leader politici in Calabria. Solito cliché di tutte le campagne elettorali soprattutto quando la posta in gioco è parecchio alta come in questo caso in cui si vota per la Regione, ma anche per il rinnovo di un’amministrazione comunale importante qual è quella di Cosenza.

Di trito e ritrito ci sono pure le promesse che mettono ancora una volta il territorio calabrese al centro dell’agenda istituzionale. Peccato, però, che tra le stesse massime cariche di partito e addirittura di Governo, in carica al momento o fino a poco tempo fa, la Calabria non sia stata così in auge. Anzi, basti pensare al Pnrr (misura statale per l’attribuzione dei fondi comunitari concessi allo scopo di favorire la ripresa, anche economica, post “fase acuta” del Covid) e a quel che poteva essere e non è stato in termini di maggiori concessioni, solo per citare il caso più recente ed eclatante utile a capire come di questa presunta centralità si rinvengano tracce labilissime - se non in sostanza inesistenti - lontano dagli appuntamenti elettorali. La riprova nella mancanza di atti realmente di significativo impatto in tale direzione.

Ma l’evidente vulnus non è come ovvio una novità. I vertici dei vari partiti “evitano” la regione e in generale molte altre aree del Sud, compresi quanti fra di loro dello stesso Mezzogiorno sono originari, a causa della scarsa incidenza della maggior parte delle zone del Meridione nello scacchiere nazionale sommata alle insidie legate alla nefasta ingerenza della pervasiva criminalità organizzata che spesso si mostra purtroppo contigua alla classe dirigente delle medesime aree.

E allora ecco che sovente anche parlamentari di spicco, complice il meccanismo dell’abolizione di fatto delle preferenze in favore del singolo se non attraverso la determinante mediazione dei posti in lista decisi nelle segreterie e quindi non certo dal popolo votante, sono apparsi paradossalmente emarginati dal collegio di riferimento ad appannaggio di cui non hanno dunque condotto alcuna battaglia degna di ricordo. Circostanza sulla quale, non a caso, sui palchi e nelle piazze si sta glissando. Si preferisce invece assumere impegni a buon mercato, accompagnati da frasi generiche e che di primo acchito riscuotono banalmente facili consensi ed elogi: «La Calabria prima di tutto»; «La Calabria California d’Europa»; «La Calabria ai calabresi» e perfino «Il Paese riparte dalla Calabria».

Slogan roboanti, “riverniciati e rispolverati” per l’occasione al fine di destare l’entusiasmo o per meglio dire la creduloneria, quasi si trattasse di un vecchio trucco di magia, dei cittadini che però dovrebbero ricordarsi di quanti, fra i maggiorenti locali almeno, quella giaculatoria di impegni morali li hanno sottoscritti enne volte senza minimante mantenerli. Eppure li avevano assunti in modo solenne nella terra di provenienza salvo scordarsene appena arrivati nei palazzi romani del potere in cui pare, a parte qualche eccezione pur non marginale, si siano preoccupati assai di più di prenotarsi la conferma di un posticino per tornare alla Camera o al Senato. E della «Calabria regina d’Italia» che ne è stato? Che è ahinoi rimasta cenerentola come accade da circa un secolo a oggi.