Dopo le scie chimiche e la denuncia dei pericoli derivanti dai  “microchip sottopelle”, alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno scelto di proseguire coerentemente sulla strada che conduce al ridicolo. Nel richiedere in maniera strumentale la decadenza di un sindaco da poco democraticamente eletto,  i cittadini pentastellati palesano la loro malcelata vena comica vergando la seguente massima:
“Non sfugga che proprio sulla gestione dei rifiuti cadde, perduta la maggioranza, la precedente amministrazione comunale di Gioia Tauro, che con personale interno al Municipio aveva attuato il sistema per la raccolta differenziata, evitando aumenti dei costi ed eventuale perdita di controllo nel delicato settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Si tratta di ripristinare nei fatti la legalità, che con tanta leggerezza viene ignorata in Calabria, spesso a favore di misure clientelari che bloccano l’emancipazione della cultura del prevaricare, propria della mafia”
Non sfugga alla pubblica opinione la verità dei fatti, quelli sì ostinati, difficilmente manipolabili ad uso e consumo di qualche “osservatore interessato”
Il perdurare del problema dei rifiuti  a Gioia Tauro è diretta conseguenza di un retaggio del passato che il Movimento 5 Stelle dimostra stranamente di rimpiangere. Un passato fatto di atmosfere torbide e inquietanti, sfociate in una rissa interna scoppiata all’interno della vecchia maggioranza. I solerti “cittadini” evidentemente non sanno, o fanno finta di non sapere, che all’epoca della meravigliosa “raccolta differenziata effettuata con forze interne”, il noleggio dei mezzi veniva affidato alla ditta “La Fenice”, azienda abbondantemente citata nelle pieghe degli atti giudiziari dell’inchiesta romana conosciuta sotto il nome di “Mafia Capitale”. Sfido chiunque a dimostrare un mio solo atto che possa anche lontanamente ingenerare il dubbio circa una mia volontà di favorire qualche mio affine o parente. Il mio indirizzo politico, nei limiti che la legge mi assegna- essendo notoriamente demandato agli uffici competenti il disbrigo delle vicende burocratiche- è invece proprio quello di agire nella massima trasparenza, combattendo in concreto qualsiasi prassi che rievochi la stagione dei favoritismi o del familismo amorale cara ad alcuni Soloni per l’occasione. Si sappia che il sindaco Giuseppe Pedà non ha “amici” né “parenti”, profondendo  uno sforzo amministrativo quotidiano nel tentativo di realizzare una idea di interesse generale che evidentemente a molti non piace. Alla luce delle evidenze incontrovertibili sopra esposte, che dimostrano come le eventuali cointeressenze mafiose nella gestione dei rifiuti a Gioia Tauro, fossero semmai riferibili ad una stagione fortunatamente superata e che non mi appartiene, chiedo ai “cittadini” a 5 Stelle di precisare meglio il loro pensiero. Dovrei forse contattare i proprietari de “La Fenice”, azienda vibonese, per guadagnare sul campo i galloni “antimafia” affibbiati con generosità ad altri dai puri pentastellati? Credo nella buona fede di chi, magari informato male da qualcuno che non ha ancora digerito una sonora sconfitta, si è fatto trascinare all’interno di  una polemica volgare e verminosa. Le allusioni sulle “prevaricazioni che sanno di mafia” andrebbero eventualmente avanzate nei confronti di chi mi ha preceduto. Non ho intenzione di agire per ora nelle sedi competenti, nonostante la oggettiva gravità di alcune gratuite insinuazioni. Nel qual caso però sono certo che gli esponenti del M5S, noti ed acerrimi nemici di ogni  privilegio, non intenderanno nascondersi dietro lo scudo dell’immunità parlamentare. In fondo rasentare il ridicolo è triste, ma non è detto che sia reato.


Giuseppe Pedà (sindaco di Gioia Tauro)