L’ex ministro dell’Interno che sfiderà Zingaretti e Martina punta a «sconfiggere il nazionalpopulismo» e a «parlare con la società italiana». Le reazioni del mondo politico
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Marco Minniti si candida alla segreteria del Pd. «Ho deciso di mettermi in campo perché considero la mia una candidatura di servizio. Di una persona che ha ricevuto tanto dal suo partito, dalla sinistra e che sente ora di dover restituire qualcosa», spiega l'ex ministro dell'Interno in una intervista a Repubblica. E sottolinea: «Io non sono lo sfidante renziano. In campo c'è solo Marco Minniti. Essendo stato tra chi non ha esagerato nel lodarlo quando era al potere - dice dell'ex presidente del Consiglio - non ho alcun bisogno di prenderne le distanze. Renzi ha perso e si è giustamente dimesso assumendosi responsabilità che vanno anche oltre le sue. Il tema ora non è più questo, ma come salvaguardare il progetto riformista. Connettere il riformismo al popolo». Quanto a Nicola Zingaretti, il suo rivale nella corsa, Minniti afferma: «Non è un avversario, mai ne parlerò male. Serve un patto: chi vince avrà la collaborazione di tutti».
Contro il «nazionalpopulismo»
L'obiettivo di Minitti è la «sconfitta del nazionalpopulismo», possibile «solo si riesce a parlare con la società italiana. Va ricostruita una connessione. Serve un Congresso che parli all'Italia, non un regolamento dei conti interni. Parliamo - sottolinea, riferendosi a chi gli ha chiesto di candidarsi - di 550 sindaci che hanno firmato un appello. Rappresento questa parte del partito e non un equilibrio torrentizio. Se non ci fosse stata questa richiesta da parte di tanti eletti, non mi sarei reso disponibile».
Un richiamo forte alle politiche riformiste
L'ex ministro dell'Interno rivendica "le politiche riformiste" del Pd: «Non abbiamo risposto a due grandi sentimenti: la rabbia e la paura. Non si può rispondere a chi ha perso il lavoro con la freddezza delle statistiche. Dicendogli che l'occupazione cresce. Così come non si può dire al cittadino che ha subito un furto in casa, che i reati diminuiscono. C'e' bisogno della sinistra riformista. I più deboli si sono sentiti abbandonati. Anzi, addirittura biasimati. Quello spazio è stato colmato dai nazionalpopulisti. Basta vedere quel che è accaduto nelle nostre periferie». Servono «otto parole chiave: sicurezza e libertà, sicurezza e umanità, interesse nazionale e Europa, crescita e tutele sociali» e «senza l'Ue - che va cambiata profondamente - non si affrontano le questioni poste dalla globalizzazione. Una grande Italia in una grande Europa».
Le alleanze
Alleanza con chi? «Un campo ampio. Con pezzi di società, con queste azioni di cittadinanza che abbiamo visto a nascere a Roma e a Torino», mentre una discussione su una possibile intesa con i Cinque stelle può essere fatta «solo dopo che questa maggioranza nazionalpopulista verrà sconfitta nel Paese. I grillini stanno vivendo un’eclisse». Cambiare nome al partito? «Non serve. Semmai dobbiamo unirlo, ricostruirlo e cambiarlo profondamente. Ora sembriamo una confederazione di correnti. E una confederazione di correnti non può vincere».
Le reazioni politiche
Le reazioni del mondo politico all’annuncio dell’ex ministro dell’Interno non si sono fatte attendere. Tra i primi a intervenire Carlo Calenda, il quale ha parlato di Minniti come di «un collega prezioso al governo, che si è sobbarcato un carico difficile. L'importante è che tra lui, Zingaretti e Richetti prevalga un approccio di reciproco rispetto. Sono tutte e tre persone di grande qualità», ha aggiunto. Del Minniti titolare del Viminale, Calenda ha ricordato che «ha affrontato una situazione di emergenza nell'unico modo possibile. Ha lavorato per portare l'Unhcr in Libia e fatto un gran lavoro con i Paesi di origine e transito. Peccato - osserva - non aver potuto gestire a dovere il versante interno del fenomeno migratorio. È arrivato al governo tardi», ha concluso.
Per un altro ex ministro, Beppe Fioroni la candidatura di Minniti è forte e autorevole e merita tutto il nostro sostegno. Minniti sa bene quanto sia importante oggi la presenza nel Pd di una cultura politica come quella popolare, dottrina di libertà e solidarismo, che faccia sentire i cattolici democratici a casa loro nel Partito democratico. Siamo certi che con Marco Minniti riusciremo a rilanciare il Partito all'interno di una linea alternativa al sovranismo e al populismo in uno scenario di alleanze serie e credibili, per tornare a convincere gli italiani che è possibile non rassegnarsi al declino e all'estremismo».