I tre consiglieri comunali di Cosenza espulsi lunedì pomeriggio dalla commissione di Garanzia provinciale hanno annunciato ricorso presso «gli organismi regionali e, se sarà necessario, presso quelli nazionali». «Perché - dicono - il Pd è dei compagni che fanno politica per gli interessi della collettività, non di chi lo intende come il club degli amichetti». Gianfranco Tinto, Francesco Graziadio e Aldo Trecroci hanno prodotto una nota durissima dopo la defenestrazione dal partito, in cui puntano il dito non solo verso l’ex sindaco Salvatore Perugini, oggi presidente dell’organo di controllo, ma anche verso Nicola Adamo che a loro avviso avrebbe ispirato la decisione.

Come noto, a gennaio avevano deciso di lasciare il gruppo consiliare del Partito Democratico a Palazzo dei Bruzi rendendosi autonomi. La costituzione di “Democrazia e Partecipazione” non era andata giù al circolo bruzio che partorì il ricorso in un’assemblea di fine marzo. Dopo tre mesi, con in mezzo due turni di amministrative e le elezioni Europee, la decisione che ha innescato il solito vespaio di polemiche in seno ai democrat e che ha riportato sul piede di guerra i consiglieri regionali Bevacqua e Iacucci. In mattinata gli ha risposto il sindaco di Acri Pino Capalbo affermando che le regole per loro valgono soltanto a corrente alternata.

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«È con grande delusione e profonda amarezza che apprendiamo, a mezzo stampa, della nostra espulsione dal Partito democratico - hanno scritto in una nota Tinto, Graziadio e Trecroci riferendosi alla nostra anticipazione di ieri mattina -. Fa anche impressione dover constatare che il primo atto ufficiale della classe dirigente che alle Europee ha raccolto meno voti rispetto a tutte le altre regioni del Paese sia stato quello di mettere alla porta chi ne aveva denunciato i limiti, l’assenza di visione politica e le pratiche poco democratiche. Una decisione incomprensibile, presa appellandosi ad uno statuto che, alle nostre latitudini, viene disatteso quotidianamente da chi dovrebbe esserne custode».

«La stessa riunione dell’organismo di Controllo che ha votato contro di noi ci sembra poco legittima – hanno quindi sottolineato -. Lunedì mattina la presidente provinciale del Pd, Maria Locanto, sentito il segretario regionale, Nicola Irto, aveva invitato Salvatore Perugini a sospendere le attività della commissione da lui diretta dopo le dimissioni di tre dei nove membri che lo costituivano, in modo da convocare l’assemblea provinciale e procedere ad una democratica integrazione dell’organismo. Per tutta risposta Perugini ha chiamato a raccolta i membri superstiti per mettere ai voti la sentenza contro di noi. Chissà cosa prescrive lo statuto, in casi come questo, ma noi crediamo che ci siano tutti gli elementi per chiedere che Salvatore Perugini venga rimosso dall’incarico».

Poi ancora: «Ci dispiace anche annoiare i nostri cinque lettori con questi appunti di carattere tecnico, perché la questione, a nostro avviso, è invece squisitamente politica. Da una parte c’è una città orgogliosamente di sinistra, capace di regalare ai tre partiti progressisti presenti sulla scheda elettorale delle Europee una schiacciante maggioranza assoluta, dall’altra un manipolo di dirigenti bolsi e delegittimati aggrappati alle loro poltrone al solo scopo di usare il partito per perseguire interessi personali e senza futuro. Non a caso in Italia il Pd è la locomotiva che traina il fronte riformista mentre a Cosenza prende meno voti del M5S e resta avanti ad Avs per un pugno di voti. Non sarà sfuggito ai più attenti analisti politici che la candidata di tutto il Cerchio magico del Pd cosentino, Pina Picierno, abbia preso in città poco più della metà dei voti di Maria Pia Funaro in Avs. Ma Maria Pia parla con cittadini e compagni tutti i giorni, loro non lo fanno più da anni».

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Poi l’accusa più grave e che farà maggiore rumore. «Dispiace anche che Salvatore Perugini sia stato così solerte nel rispondere alla richiesta di espulsione ispirata da Nicola Adamo, un tempo signore incontrastato e temuto del Pd, oggi spaventato persino da tre semplici consiglieri comunali, che si erano limitati a chiedere di tenere aperte le porte della Federazione per parlare di politica. Nonsiammai! A parlare di politica si rischia poi di riempire il partito di compagni liberi e pensanti. Meglio tenerle fuori, le teste libere e pensanti, meglio restare in quattro nel fortino accerchiato».

«Noi, però, non ci arrendiamo – hanno concluso Tinto, Graziadio e Trecroci -. Questi provvedimenti veterostalinisti non ci spaventano. Anzi, a Cosenza fanno curriculum. Il disprezzo di chi ha distrutto il Partito democratico in città e provincia brilla come una medaglia sul nostro petto e siamo già stati inondati dalle testimonianze di affetto e solidarietà di tanti cittadini e militanti di sinistra».