Quanti nel Pd, e non solo, stanno cercando di tutelare la posizione del professore (dell’Unical di Cosenza) Nicola Fiorita, nell’ottica dell’unità e della forza della coalizione in campo alle Comunali 2022 del capoluogo, sono intenti ad alimentare il vecchio giochino delle rose di nomi fatte circolare per proteggere la persona che realmente vogliono portare a ricoprire una determinata carica. Nel caso di specie: il delicato ma prestigioso ruolo di sindaco.

Ed è proprio in ossequio a tale strategia, per la verità poco raffinata e non certo nuova, che insieme al collega accademico di Fiorita, Valerio Donato (ordinario dell’ateneo Magna Graecia di Catanzaro), è curiosamente saltata fuori l’ipotesi di un altro docente universitario (sempre dell’Umg). Il terzo cattedratico, anzi la terza nella fattispecie, è Donatella Monteverdi. A dir poco laconica, però, la sua risposta alla nostra domanda sulla solita indiscrezione messa in giro ad arte per il motivo spiegato in precedenza.

«Non ne so alcunché – afferma infatti la professoressa da noi raggiunta al telefono – e dunque come farei a smentire ciò di cui non ho contezza. Nessuno, almeno finora, me ne ha parlato e semmai qualcuno fosse impegnato a prefigurare una simile ipotesi all’interno del partito, non mi ha ancora informato». Un refrain già ascoltato, quindi, con la diretta interessata che si sfila in modo anche piuttosto sbrigativo. Magari pure con tono perfino comprensibilmente urtato.

Al di là di ogni considerazione, però, non bisogna inoltre dimenticare come la stessa Monteverdi alle scorse Amministrative sia stata una grande sostenitrice, peraltro contribuendo al progetto con le sue indubbie risorse intellettuali, del movimento civico Cambiavento di cui, manco a dirlo, è indiscusso leader Fiorita. Alla fine della fiera, quindi, la sensazione è che fra quei Dem, non a caso eredi della tradizione democristiana e comunista, i vecchi rituali della Prima Repubblica siano rimasti parecchio in voga. Soprattutto in cima ai Tre Colli adesso che in ambito politico si vive una situazione di marasma generale. Finanche nella coalizione che, a circa sei mesi dalle elezioni per scegliere il successore di Sergio Abramo (non più in lizza per limite di mandati consecutivi), di certezze non ne ha. Perché da quelle… parti, pur essendoci molti ingolositi dalla concreta prospettiva di vittoria dopo bocconi amari mandati giù in serie, non si riesce a risolvere l’eterno problema dei personalismi o di attenuare la difficoltà estrema di rendere stabile la “fusione a freddo” fra le tante anime del frastagliato (leggasi eterogeneo) schieramento.

La sostanza, insomma, è che come al solito a sinistra, in misura assai maggiore rispetto alla destra, sembra impossibile l’impresa di separare dal loglio rendendo il prodotto della medesima “alchimia” qualcosa di politicamente funzionale. Alla luce di tali oggettive premesse, all’atto pratico servirà allora un prodigio al fine di evitare le temute primarie per designare il futuro aspirante primo cittadino in campo con il centrosinistra.

Eppure i più avveduti in casa Democrat, e dintorni, continuano a battersi strenuamente allo scopo di scongiurare tale scenario. Che, è bene rammentarlo, avrebbe il principale effetto, se non l’unico, di innalzare a livelli di guardia il tasso di conflittualità interna, considerato come ci sarebbe in sostanza il via libera a una sorta di scontro fratricida, tra soggetti in guerra (non in competizione) fra di loro, non agevolmente ricomponibile alle consultazioni ufficiali in programma la prossima primavera.