Il gruppo di potere che dapprima ha azzerato e neutralizzato il Pd, con la complicità dello stesso Ernesto Magorno, segretario uscente, oggi, invece, pretendono di ipotecare l’elezione del prossimo segretario. Evidentemente quel simbolo, infatti, serve per decidere candidature e carriere future
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
179 circoli calabresi del Pd hanno scritto al partito romano affinché non si commissari il partito regionale. A diffondere la nota è stato Sebi Romeo, capogruppo Pd al consiglio regionale. I commissariamenti non sono mai un fatto positivo e, un collettivo, per sua natura dovrebbe sempre autodeterminarsi. Quello che lascia perplessi in questa nota, dunque, sono gli argomenti. E, soprattutto, le dinamiche che hanno partorito la richiesta, per certi aspetti, molto simili all’appello dei Sindaci per la ricandidatura di Mario Oliverio. A cominciare da coloro che hanno scritto e partorito la lettera. I soliti noti. Il metodo utilizzato? Quello di sempre: «il Presidente ti chiede di firmare questa lettera», «l’onorevole Tizio ti chiede di aderire», «il senatore Caio, ti chiede di sostenere». In capo a qualche ora documento pronto.
Insomma, il gruppo di potere che dapprima ha azzerato e neutralizzato il Pd, con la complicità dello stesso Ernesto Magorno, segretario uscente, oggi, invece, pretendono di ipotecare l’elezione del prossimo segretario. Basterebbe chiedersi chi e cosa abbia impedito agli attuali estensori della nota contro il commissariamento, di sostenere e consolidare il partito, di insediare gli organismi, i quali, in quattro anni si sono riuniti non più di 3 o 4 volte e solo per rinviare la discussione sulle numerose sconfitte elettorali rimediate in ogni angolo della regione fino alla catastrofe del 4 marzo del 2018. Una discussione che, ovviamente, non c’è mai stata. Basterebbe rispondere solo a questi quesiti, per dire sì, non a uno ma a dieci commissariamenti.
Il Pd, in questi mesi e in questi anni, come in questi giorni, è in ostaggio dei 4 o 5 notabili che si sono trincerati dietro la Presidenza di Oliverio. Tra questi oltre a Romeo, coloro che si sono insediati comodamente in Parlamento, che fanno le eminenze grigie del governo regionale, e ancora, qualche astro nascente, consigliere regionale in pectore della circoscrizione di Catanzaro. Gli stessi che si sono adoperati nel richiedere ai segretari di circolo la firma sotto l’appello anticommisariamento. «A chi interessa un commissariamento che cancellerebbe definitivamente il Partito democratico della Calabria? -scrivono- A chi fa comodo mantenere un pregiudizio sulla idoneità morale dei calabresi e della loro capacità politica di costruire un partito regionale largo, ampio e plurale? - E ancora - Sicuramente non è nell’interesse dei democratici e delle democratiche della Calabria e di quanti sono impegnati quotidianamente in una battaglia politica per il cambiamento di questa regione».
Affermazioni demenziali, al limite del ridicolo. Tra l’altro, il commissariamento, come hanno scritto qualche giorno fa alcuni dirigenti dem, viene richiesto anche perché da mesi non c’è trasparenza nel tesseremo 2016 e 2017. In conclusione, gli assassini del PD calabrese, coloro che ne hanno dilapidato il patrimonio, che hanno fatto razzia di poltrone e prebende, mettono in guardia il partito romano dal mettere le mani su quello che rimane del partito, ovvero, niente, se non, il controllo di uno spazio e di un simbolo. Ma proprio questo serve ai capi bastone. Quel simbolo, infatti, serve per decidere candidature e carriere future. E poi, i circoli PD, è ormai noto da tempo, in gran parte, non sono altro che, un nome su di un pezzo di carta. La nostra testata, in tal senso aveva fatto un servizio qualche tempo fa proprio sullo stato dei circoli nella città di Catanzaro. Ma per costoro, circoli e partito, è cosa loro. I capi bastone non mollano. E, forse, è vero, la classe dirigente del PD, è ormai irredimibile.
Pa.Mo.