Come se non bastasse il dissesto, ora, a impedire al comune di Gioia Tauro una condizione normale, arrivano gli strascichi amministrativi del recente terremoto giudiziario costituito dall’operazione Waterfront. Tre funzionari arrestati, e quindi sospesi, la segretraria generale indagata – che si è messa in ferie – paralizzano l’ufficio tecnico e la Ragioneria, e il sindaco Aldo Alessio ha ottenuto un incontro a Roma, al Viminale, per chiedere una deroga che possa consentirgli la copertura dei posti lasciati vacanti dall’indagine della Dda di Reggio Calabria.

«Se lo Stato vuole aiutare Gioia Tauro – spiega il primo cittadino – questo è il momento. Non avere figure apicali negli uffici, significa assistere all’immobilismo più amaro». Nella sua richiesta al dicastero guidato dal prefetto Lamorgese, Alessio è sostenuto anche dai gruppi di opposizione. «Abbiamo avuto una riunione fra consiglieri di vari schieramenti – spiega Raffaele D’Agostino, ex avversario di Alessio, oggi nel gruppo Misto – e a seguito della situazione creatasi in questi giorni, abbiamo fatto sapere che il nostro sostegno è totale sul tema».

Una posizione espressa anche da Daniela Richichi, del gruppo di opposizione che fa capo a Lino Cangemi, che precisa come «l’unità sul bisogno di adeguare la pianta organica, non significa che siano annullate le altre differenze». Suscita ancora più amarezza la constatazione di un deficit comunale che, quantificato in 50.000.000, secondo quanto sostiene il sindaco «sarebbe aumentato nel periodo del commissariamento precedente alla mia elezione», che risale allo scorso anno.

«A Roma – conclude il sindaco del centrosinistra – chiediamo un aiuto offrendo in cambio la certezza di una amministrazione comunale che ha invertito la rotta, ad esempio esigendo il pagamento dei tributi da parte dei grandi gruppi insediatisi nel porto e nell’inceneritore, e che ha già annunciato di volersi costituire parte civile».