Le motivazioni del Tribunale che ha accolto il ricorso del governo. «Non ci sono gli estremi per sospendere il giudizio e affidarsi alla Corte costituzionale»
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L'ordinanza della governatrice Jole Santelli è illegittima perché spetta al presidente del Consiglio «individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus Covid-19, mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati» dal decreto “Cura Italia”.
Con queste e altre motivazioni il Tar della Calabria ha accolto il ricorso presentato dal governo contro l'ordinanza della Regione del 29 aprile che aveva disposto, tra le altre misure, il servizio esterno per bar, ristoranti e pizzerie.
Il Tribunale – composto dal presidente Giancarlo Pennetti, Francesco Tallaro e Francesca Goggiamani – ha, nello specifico, annullato l’ordinanza nella parte in cui, al suo punto 6, dispone che, a partire dalla data di adozione dell’ordinanza medesima, sul territorio della Regione Calabria, è «consentita la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto».
La giurisdizione spetta al Tar
Uno dei pilastri della difesa della Regione si basava sul fatto che il Tar non potesse pronunciarsi nel merito, in quanto a decidere sui conflitti di attribuzione avrebbe dovuto essere la Corte costituzionale. Il Tribunale amministrativo ritiene invece «di essere dotato di giurisdizione sul ricorso», in quanto l'ordinanza Santelli rientra nell'esercizio di un potere amministrativo «sul quale il sindacato giurisdizionale è naturalmente attribuito al giudice della funzione pubblica, cioè il giudice amministrativo».
«Il fatto che le ragioni di illegittimità dedotte da parte ricorrente siano inerenti anche ai confini delle attribuzioni assegnate ai diversi poteri dello Stato – spiegano ancora i giudici – non è sufficiente ad attribuire alla controversia un tono costituzionale».
Secondo il Tar, dunque, il ricorso «fa valere la dedotta violazione, da parte del presidente della Regione Calabria, dei limiti che dalla legge, e in particolare dal decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, derivano all’esercizio delle competenze in materia di igiene e sanità spettanti al presidente della Regione Calabria».
Per il tribunale sussiste perciò «la legittimazione della Presidenza del Consiglio dei ministri a impugnare un’ordinanza» di un governatore «in virtù delle funzioni ad essa attribuite con riferimento al rapporto tra il governo e le autonomie di cui la Repubblica si compone».
In sintesi, il governo «costituisce il fulcro del necessario coordinamento dell’attività amministrativa posta in essere dallo Stato e dalle autonomie di cui la Repubblica si compone» e ad esso «è attribuito il compito di assicurare l’esercizio coerente e coordinato dei poteri amministrativi».
Niente Corte costituzionale
Il Tribunale, inoltre, «ritiene che non ci siano gli estremi per sospendere il giudizio e sollevare d’innanzi alla Corte costituzionale questione di legittimità del decreto legge il cui contenuto è stato illustrato».
Per i giudici «non si coglie dunque un contrasto, in particolare nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, tra la citata norma costituzionale e una disposizione legislativa che demandi al presidente del Consiglio dei ministri di disporre, con provvedimento amministrativo, limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti, allo scopo di affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus Covid-19».
Oltre a questo, «il fatto che la legge abbia attribuito al presidente del Consiglio dei ministri il potere di individuare in concreto le misure necessarie ad affrontare un’emergenza sanitaria trova giustificazione» nell’articolo 118 della Costituzione: «Il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario».
L’articolo 120 della Carta, in più, «prevede che «il governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali».
Il Dpcm di Conte
Il Dpcm del 26 aprile 2020 firmato dal premier Conte, spiegano i giudici, non è un atto a carattere normativo, bensì un atto amministrativo generale. E dunque «esso non può essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice amministrativo, essendo piuttosto onere del soggetto interessato promuovere tempestivamente l’azione di annullamento».
Emerge perciò «chiaramente l’illegittimità dell’ordinanza del presidente della Regione Calabria», in quanto «spetta infatti al presidente del Consiglio dei ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus Covid-19.
bellantoni@lactv.it