Aria assai tesa in casa Pd dopo che l’inchiesta Passepartout è balzata gli onori delle cronache nazionali. In particolare sono state le dichiarazioni, un po’ estorte a forza, del segretario Nicola Zingaretti a fare discutere i militanti, in Calabria e non.

Zingaretti interrogato sulla vicenda calabrese ha dovuto, necessariamente e contro le intenzioni originali, interrompere il silenzio sulle vicende giudiziarie del governatore Mario Oliverio e detto che «C'è solo una cosa peggiore del giustizialismo - ha detto Zingaretti - ed è il giustizialismo di partito, per il quale si fa dimettere una persona per l’interesse del partito».

E seppure Zingaretti aveva lasciato alla politica le valutazioni in ordine al futuro del governatore, in Calabria gli uomini di Oliverio avevano interpretato le dichiarazioni come una presa di posizione in favore del leader.

 

Ed invece nel partito è scoppiata la rissa. Ad avviarla uno dei candidati alle scorse primarie e cioè Roberto Giachetti. «Senza alcuna polemica ma solo per capire vorrei sapere come funziona nel "nuovo Pd" sta storia del no al giustizialismo di partito. Umbria sì, Calabria no? Donna sì, uomo no? Marini sì, Oliverio no? Ma davvero solo per capire. Di tutto il resto ne parliamo dopo il 26».

Abbastanza per azionare tutti i canali possibili da parte dei vertici Pd per riportare la questione nei termini originali del Zingaretti pensiero. Il segretario nazionale ha espresso un’opinione soltanto sul giustizialismo e non sulle vicende specifiche di Oliverio che rimangono al vaglio dei giudici. Secondo: il segretario non vuole essere tirato per la giacchetta. 

 

Terzo: seppure il Pd vuole meglio specificare il proprio non al giustizialismo in Calabria va valutata con attenzione la necessità di un rinnovamento. Messaggi che sono stati recapitati anche al commissario regionale Stefano Graziano e poi filtrati a tutti i big calabresi.

Infine lo stesso Zingaretti per definire al meglio la propria posizione ha ulteriormente precisato che non esistono differenze tra Calabria e Umbria. «La politica deve sempre garantire trasparenza, difesa del territorio e selezione delle classi dirigenti – ha detto -. Semmai c'è stata una differenza di valutazione delle inchieste da parte del M5S: quando gli indagati sono il sindaco di Torino o di Roma si mantengono gli incarichi come nulla fosse, quando non sono del loro partito si diventa giustizialisti».

 

Come interpretare la richiesta di rinnovamento che viene fatta ufficiosamente filtrare da Roma e le dichiarazioni di Zingaretti che negano eventuali differenze di trattamento tra Umbria e Calabria? Per qualcuno si apre uno scenario in cui sarebbero il Pd potrebbe chiedere le dimissioni di Oliverio. E nelle segrete stanze romane l’ipotesi è sicuramente al vaglio dei colonnelli. La situazione, però, tra Calabria e Umbria è diversa. Intanto per la natura del quadro accusatorio che coinvolge Oliverio, peraltro parzialmente sgonfiato dal Gip e poi perché anche con le dimissioni di Oliverio si arriverebbe ugualmente a fine mandato.

Del resto, poi, ancora nessuna decisione è stata assunta anche in Umbria dove Catiuscia Marini ha protocollato le dimissioni, ma la maggioranza in Consiglio regionale le ha congelate fino a dopo le elezioni europee.

In un quadro del genere, dunque, il futuro di Oliverio appare in ogni caso assai in bilico. Dopo le elezioni europee si procederà alle valutazioni finali, magari anche con un occhio ai risultati ottenuti, e non è escluso che il binario parallelo sul quale stanno viaggiando Umbria e Calabria possa finire con il disarcionamento di Oliverio. Pare comunque inevitabile che la sua ricandidatura, assai complicata, dovrà passare necessariamente attraverso le primarie.


Riccardo Tripepi