Il Movimento 5 stelle che conoscevamo non esiste più. Giuseppe Conte, che Dagospia ha spesso appellato come “la pochette con il nulla intorno”, stasera ha tratto il dado e ha attraversato il Rubicone. «Non sono disposto a fare il prestanome di un leader ombra e di un Movimento (leggi partito, ndr) pieno di ambiguità», ha detto. “L’avvocato degli italiani”, come egli stesso si definì all’epoca del suo primo Governo, ha chiuso con Grillo, a meno che Grillo non cambi. E non cambierà. Nessuno cambia.  Siamo quel che siamo e Grillo è quel che è. Un comico geniale e irriverente, che da politico è diventato un arruffapopolo. Diceva cose molto condivisibili e per questo troppo semplici perché fossero soluzioni efficaci, perché si sa: non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Se non fosse così, i desideri delle miss dei concorsi di bellezza degli anni ’80 e ’90 avrebbero da un pezzo portato la pace del mondo.

Grillo lodava le macchine a idrogeno (ma chi le ha mai viste?), parlava di “decrescita felice”, parlava di acqua pubblica e durante i suoi spettacoli spaccava computer con un martello, salvo poi fondare e innalzare il suo Movimento proprio attraverso quei Pc che, in teoria, ognuno di noi avrebbe dovuto odiare e spaccare. Dalla mazza ferrata a Rousseau fu un attimo. In quell’attimo c’è stata l’illusione di una rivoluzione che non si è mai compiuta davvero, perché ha dovuto fare i conti con una realtà complessa (appunto) che non puoi spiegare e governare con le utopie.

Una realtà che ti costringe a scegliere Amazon perché conviene troppo e ti spinge ad affossare il negozietto sottocasa che magari frequenti da una vita. Una realtà che non è fatta di bianco e nero, di onesti e disonesti, ma di cinquanta sfumature di grigio, dove il gatto a nove code lo stringe un pugno di miliardari, con altri miliardi di persone che si fanno frustare a colpi di globalizzazione e godono come ricci mentre perdono il lavoro, la dignità e il futuro. Una realtà dove chi si fa raccomandare da una mezzacalzetta di politico in cerca di voti è una merda, ma poi quella merda te la ritrovi seduta vicino al pranzo di Natale che ti racconta come finalmente ha un lavoro dopo anni che si sbatte per mettere a frutto quella sudatissima laurea in filosofia con la quale, fino a giorno prima, ci incartava il pesce.

Una realtà dove è tutto un magna-magna a meno che a magnare non sia un po’ tu, finalmente. Tutti grillini e tutti nemici giurati di tutti. Tutti che votavano paradossalmente contro se stessi e i propri privilegi piccoli piccoli conquistati a botte di frustate di quel gatto a nove code di cui sopra. Tutti nella stessa identica persona dell’italiano medio.
Questo era il Paese che Conte ha governato finché è durata, tra banchi con le ruote e navigator (che ridere!), tra reddito di cittadinanza ai mafiosi (pure in galera) e povertà abolita solo sulla carta (copyright Di Maio).

Oggi Conte si è rotto i cabbasisi, ha realizzato che non ha nulla da perdere e ha urlato che il re è nudo. Grillo, appunto, che prima si è alleato con Salvini mettendolo addirittura al ministero dell’Interno, ha poi digerito il Pd (lo stesso Pd del “mai con il Pd”, giusto per ricordarlo), infine ha incensato Draghi pur di restare al Governo, e ora vorrebbe dare del “traditore” a Conte che fino ad oggi si è limitato a fare e dire quello che Grillo voleva che facesse e dicesse. E no. Ogni limite ha una pazienza, diceva Totò capovolgendo il luogo comune.

«Grillo decida se vuole essere il padre generoso del M5s o il suo padrone», ha detto l’Educato all’Elevato. Una domanda retorica, perché Beppe non può essere che il signore indiscusso e indiscutibile del Movimento, il suo padre-padrone pronto ad uccidere la sua creatura piuttosto che lasciarla andare. Dunque, oggi il M5s è morto. Voltiamo pagina e andiamo avanti. In fretta.