Nel Mezzogiorno d’Italia c’è chi guarda con grande attenzione a Donald Trump e alla sua idea di ridisegnare il mondo a ottant’anni dalla Conferenza di Yalta (1945), quando Roosevelt, Stalin e Churchill, finita la Seconda guerra mondiale, suddivisero il pianeta in rigide sfere d’influenza. Quel sistema è crollato e necessitano nuovi equilibri.

Il Mezzogiorno – affermano i filo-trumpiani del Sud – è stato tradito, sul piano storico ed economico-sociale, sia da un’unità nazionale mai veramente compiuta, sia da una Ue a trazione Francia-Germania. In questo quadro si contesta all’Europa di Ursula Von Der Leyen di dimostrare, nei fatti, di essere troppo condizionata da visioni economiche suggerite da tedeschi e francesi. La presidente della Commissione Ue rispondendo, al termine del recente vertice informale sulla difesa, ad una domanda sulla possibilità che Donald Trump imponga dazi sulle importazioni europee, ha affermato: «L'Ue è preparata per un dialogo robusto e costruttivo: ci possono essere sfide in futuro e se colpita l'Ue reagirà con fermezza». Né, per dare l'idea di un minimo di sintonia culturale con il neo Inquilino della Casa Bianca, è stato sufficiente aggiungere: «Il rapporto con gli Usa è fondamentale per promuovere la pace, la stabilità e la prosperità».

L’Ue – sottolineano i filo-trumpiani - avrebbe dovuto muoversi diversamente rispetto all’appello del Presidente americano che, dando un calcio alle vecchie e retoriche liturgie diplomatiche, ha chiesto agli Europei: da che parte state? Ecco quindi la contestazione primaria ai vertici di Bruxelles: «Qui non si tratta di “dialogare in positivo”, di trovare equilibri commerciali, ma solo di ammettere che l’industria tedesca in questi ultimi decenni, puntando a continui record di export, ha viaggiato quasi in autonomia, dimenticando di contribuire a costruire un’Unione Europea forte sul fronte politico ed anche militare. È stato comodo, complice una Francia interessata più a indebolire i primati dell’Italia che non a rendere potente e unita l’Ue, muoversi in autonomia verso la Cina ed altri Paesi asiatici, mettendo in secondo piano quella che sarebbe stata l’unica vera opzione strategica: costruire gli Stati Uniti d’Europa. Ecco quindi che dalla Von Der Leyen non possono più partire appelli a un’unità effimera del Vecchio Continente. È tempo, invece, di discorsi politici altissimi e di rilevanza epocale. Il mondo sta per essere ridisegnato e l’Ue, stritolata da assurdi eccessi di regolamentazione che hanno soffocato milioni di aziende e di lavoratori, deve dire con chiarezza da che parte sta, sciogliendo peraltro il “nodo” russo: con Mosca occorre riannodare i fili di un comune percorso europeo o decidere, in via definitiva, di considerarla alla guida dei Brics assieme a Cina e India?».

L’Europa - precisano i neo-trumpiani - deve essere consapevole che dopo tanti anni di errori gravissimi i buoi sono scappati dal recinto, per cui azioni tardive di ricompattamento, peraltro solo sul piano delle dinamiche commerciali, non hanno senso e rischiano addirittura di risultare controproducenti.

Non è un caso, quindi, che stiano gemmando in Europa, anche a seguito di spinte ideali provenienti da Oltreoceano, movimenti politico-culturali nettamente filo-Trump e filo-Usa, tali da favorire approcci chiari e netti rispetto ai mutamenti globali in atto.

“Con Trump. Per un grande Sud Italia”, è nato in questi giorni per iniziare ad elaborare una piattaforma programmatica che intende riannodare i fili della storia. C’è un Sud Italia, sacrificato dai frequenti rigurgiti nordisti che richiamano continuamente alla memoria i limiti di un processo di unificazione nazionale da sempre sbilanciato e incapace di valorizzare il Mezzogiorno, nonché considerato marginalmente dai processi di crescita Ue, che oggi guarda agli Usa di Trump con motivata apertura ideale, culturale e politica. La bandiera a stelle e strisce che sventola nel simbolo dei Trumpiani del Sud Italia è un richiamo fortissimo ai princìpi della Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1976: «Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità».

Troppi diritti del Sud Italia - si contesta - sono stati negati in quasi due secoli di processo unitario, e nonostante le sue enormi potenzialità e la sua posizione geografica strategica, il genio dei suoi abitanti, la ricchezza straordinaria di risorse materiali e immateriali. Le visioni miopi dell’Ue continuano a frenare lo sviluppo del Mezzogiorno che, secondo gli organizzatori di questo nuovo movimento, riconoscono in Donald Trump l’autorevolezza, l’energia e le capacità per ridisegnare destini comuni, guardando alla pacifica convivenza fra i popoli. I Trumpiani del Sud Italia ritengono che la crisi che investe il Mezzogiorno, l'Italia e l'Europa, con centinaia di fabbriche e imprese importanti che chiudono ogni giorno generando masse di disoccupati senza speranza, sia talmente drammatica da richiedere una urgente "Ricetta Trump" non solo per gli Stati Uniti, ma anche per il Vecchio Continente, e soprattutto per le le sue periferie da sempre soggiogate, sottovalutate e colpevolmente emarginate. L'Italia del Sud chiama Trump!