La settimana ancora agli esordi sarà molto importante nel panorama politico catanzarese, dal momento che si esaurirà con le consultazioni di sabato per il rinnovo del (solo) consiglio provinciale (alla presidenza resterà infatti il già eletto, a fine ottobre 2018, Sergio Abramo. Che però, per così dire, è da tempo entrato in regime di decadenza con un mandato da dover lasciare fra sei mesi, quando terminerà di fare il sindaco).

Elementi per nulla banali, che stanno innalzando di parecchio la temperatura di una competizione con sullo sfondo l’appuntamento clou delle Amministrative in programma in cima ai Tre Colli nella tarda primavera del 2022. Una tornata in previsione della quale sono da un bel po’ cominciate le grandi manovre tanto a sinistra (parte attualmente strafavorita) quanto a destra (dove per la verità, almeno allo stato, le esigenze prim’ancora che di vincere sono di riuscire a piazzarsi in qualche modo). Quest’ultima coalizione, insomma, considerata la negativa congiuntura in atto ha puntato dritto sulle elezioni di secondo grado per l’ente intermedio in cui parte peraltro nettamente avanti (sul punto è bene ricordare che a pronunciarsi non sarà il popolo sovrano, bensì gli stessi pubblici amministratori del territorio i quali in sostanza si designano fra loro).

Ed è la ragione per cui Forza Italia & company si sono presentati ai nastri di partenza con un numero di liste enne volte superiore a quello degli avversari di sempre. Peccato però che, seppur in un simile contesto favorevole, il capoluogo abbia finito, ancora una volta, con il pagare pesante dazio. Ecco allora saltar fuori le “trovate” per cercare affannosamente di avvantaggiare qualche catanzarese in particolare. Figure che in realtà sono in grande difficoltà, vivendo nella speranza di ricevere un provvidenziale aiuto magari da Giuseppe Mangialavori o Roberto Occhiuto, le quali traggono profitto dal far circolare l’indiscrezione di una presunta imminente investitura di aspirante primo cittadino del centrodestra. Prospettiva invece lontana, se non addirittura impossibile per i diretti interessati, ma che evocata ora potrebbe servire a fargli intanto lucrare consensi proprio alle Provinciali.

Falso dunque, anzi falsissimo, che ci siano stati imprimatur in tal senso, considerato come - lo si ribadisce - all’interno del medesimo schieramento non si registri ad oggi alcunché di definito eccetto il solito attivismo.
La verità, semmai, è che nelle urne di Palazzo di Vetro i “capicorrente locali” sulla carta dispongono dei numeri (voti ponderati dal peso notevolissimo, e quindi dalla grande influenza, delle realtà con più abitanti) per piazzarsi al posto voluto o, in subordine, per farvi accomodare i loro protetti. Sta di fatto, però, che ad alcuni, coinvolti sia in prima persona o tramite i propri candidati, si impone non solo il risultato auspicato, ma pure un esito convincente. Pena, l’ulteriore perdita di “potere contrattuale” per l’avvenire.

E sì, perché nel centrodestra sono saltati tutti i vecchi schemi. Tant’è vero che si ipotizza una frammentazione in due, se non in tre, tronconi. Il problema principale per molti non è però affatto questo. È invece il vuoto di leadership di un’intera classe dirigente azzerata da vari avvenimenti e ritrovatasi quindi ai margini dopo decenni di dominio. Sorte toccata pure ai “delfini”, che avendo affidato il futuro soltanto alla politica si giocano ora una partita per la sopravvivenza. Ed è il motivo per cui, sin dal “match preliminare” del weekend, ci saranno tatticismi esasperati alla spasmodica ricerca di uno spazio vitale.