«È la solita mossa del cavallo, tipica di Matteo». Commenta così un ex esponente di ItaliaViva la notizia della direzione di Renzi de “Il Riformista”. Il passaggio dalla politica al giornalismo, annunciato stamattina con un tweet e poi in una conferenza stampa, ha lasciato spiazzati un po’ tutti, per questo l’ex renziano scomoda Andrea Camilleri. Proprio a sottolineare come Renzi sia abilissimo nello stravolgere le carte sulla tavola della politica e a sparigliare. Lo ha fatto dal Senato, pur avendo alle spalle un piccola formazione, imponendo cambi di governo, sembra lo voglia fare oggi con questo nuovo incarico. Difficile capire già da adesso quali saranno le traiettorie future di Renzi, ma qualche ipotesi si può azzardare.

La pista più battuta è quella che porta ad Arcore inteso come luogo politico, come metafora della casa dei moderati. È evidente che Renzi non si fida troppo di questo terzo polo. Non si fida innanzitutto per i risultati elettorali. La tramvata in Friuli Venezia Giulia è stata tremenda. Il candidato Alessandro Maran si è fermato al 2,73%. Vero che il neo presidente Fedriga ha avuto oltre il 62% quindi ha lasciato davvero briciole agli avversari, ma bisogna considerare che il movimento “no vax” in Friuli è arrivato al 4,66%. I retroscenisti dicono che Calenda aveva sconsigliato di presentare una lista, ma Ettore Rosato, che è friulano, volle insistere. E, per insistere, si è fatto male perché ha dimostrato che una cosa è il potere romano, un’altra è prendere i voti sui territori. Fra l’altro alle recenti politiche il dato del Terzo Polo era più del doppio ovvero l’8%.

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C’è anche da aggiungere che la debolezza del terzo polo è dovuta anche ad un’alta conflittualità fra Azione e ItaliaViva. Ne abbiamo avuto prova proprio in Calabria. Martedì è venuta qui Mara Carfagna, presidente di Azione. Nella sala di Gizzeria non c’era nessuno o quasi di ItaliaViva. Stessa cosa quando Azione ha celebrato il congresso provinciale di Cosenza, anche in quella occasione pochissimi i presenti di ItaliaViva e certamente non il coordinatore provinciale dei renziani. Insomma quella fra i due partiti sembra una convivenza forzata. Difatti Renzi sin da subito si è chiamato fuori da ruoli di partito ed ha proposto a Calenda come possibile leader Elena Bonetti.

Ma che bisogno ha un Senatore e leader politico di dirigere un giornale? Renzi nella sua conferenza stampa ha citato esempio prestigiosi. Nel Pci d’altronde c’è sempre stata un’alternanza fra segreteria del partito e direzione de “L’Unità”. Vero, ma erano altri tempi. L’ex sindaco di Firenze, però, ha detto anche altro. Ad esempio ha detto che porterà “Il Riformista” alla sua «vocazione originale liberal-democratica, garantista e pluralista, rappresentando tutte le idee costruttive che vanno dalla sinistra più moderata di ispirazione socialista e democratica, alle tradizioni popolari e quelle liberali, con uno sguardo fortemente rivolto al futuro del mondo».

Insomma qualche malizioso ritiene che questo anno di guida alla direzione di un quotidiano per Matteo Renzi non sarà affatto un anno sabbatico dalla politica anzi. Il giornale potrebbe essere lo strumento per creare un movimento di opinione, per aggregare, a partire dai temi del garantismo, una fetta dell’elettorato moderato di centrodestra. Il berlusconismo è ormai agli sgoccioli e il Terzo Polo non si è mostrato molto attrattivo per i moderati; il giornale potrebbe, in quest’ottica, rappresentare uno strumento per candidarsi alla leadership di quest'area nel dopo Berlusconi, visto che di giganti, da quelle parti, se ne vedono pochi.

«L’Unità ed il Riformista saranno giornali diversi, in alcune cose anche contrapposti. Dialogheranno e combatteranno, per il pluralismo e per la crescita del paese», ha detto l’editore avvocato Alfredo Romeo, spiegando che «dal mese di maggio, quando tutti e due i giornali andranno a regime, la sinistra italiana potrà avere nuovo ossigeno, nuovo cuore, nuova anima. Lo stesso mi auguro per tutte le forze riformiste del paese ovunque collocate».

D’altronde che ci sia convergenza politica fra il Governo e i renziani è provato dagli atti parlamentari. Certamente c’è il loro zampino nell’elezione di Ignazio La Russa presidente del Senato, così come il Governo ha recepito ad esempio il dossier sull’industria 4.0. A tacere della convergenza, a proposito di garantismo, sulla riforma del reato di abuso d’ufficio. Naturalmente sono soltanto ipotesi perché Renzi è personaggio politico difficilmente inquadrabile e perché lo stesso quadro politico italiano è un magma in continuo movimento.