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Passano i giorni, ma non arriva la convocazione della direzione regionale che dovrebbe procedere alla ratificazione della nomina di Ferdinando Aiello commissario dei circoli di Cosenza. Eppure l’incontro, così come prevede lo statuto del partito, dovrebbe svolgersi entro domenica prossima, quando andranno a scadere i trenta giorni previsti dalla norma. Senza una ratifica della nomina di Aiello entro quella data, la stessa verrebbe a decadere. E’ alquanto singolare, dunque, che il segretario del Pd non abbia ancora proceduto a convocare l’organismo, anche perché considerato il clima acceso venutosi a creare intorno alla sua decisione, sarebbe stato forse più opportuno non aspettare tutti e trenta i giorni previsti dallo statuto, ma andare subito in direzione. Peraltro questa era stata proprio la richiesta della federazione provinciale di Cosenza, all’indomani della nomina di Aiello, ovviamente vista dal segretario provinciale Luigi Guglielmelli e dall’intera area dem del partito come un atto volutamente provocatorio e divisivo in vista delle campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione comunale. Magorno ha deciso di ignorare quella richiesta, pur garantendo in diverse occasioni pubbliche che sarebbero stati rispettati i tempi previsti dallo Statuto. Anche quelli, però, sono quasi esauriti. Né è servita a salvare il banco la messa in scena in ordine alla presunta rinuncia da parte di Ferdinando Aiello che ha smentito seccamente l’ipotesi, verosimilmente fatta filtrare ad arte, di un suo diniego e ribadito la disponibilità a coprire il ruolo di commissario. A questo punto la palla è ritornata assai pericolosamente nei piedi di Magorno che si trova davvero in vicolo cieco. Andare in direzione vorrebbe dire lo scontro totale e una conta all’ultimo voto nella quale potrebbe andare sotto e perdere faccia e nomina o, comunque, aggiudicarsi la sfida con un margine ristretto e comunque fare la fotografia ad un partito spaccato e ingestibile.
Nel tam tam democrat inarrestabile nelle ultime ore si continua a descrivere un segretario che starebbe pensando anche alla possibilità di non convocare la direzione. Il che eviterebbe la conta, ma lo consegnerebbe al partito ancora più debole e fragile, in quanto non in grado di portare fino in fondo quella che era stata una sua decisione. Ed allora si capisce che, a prescindere dalla convocazione o dall’esito delle votazioni, il destino di Magorno non è più nelle sue mani. La sua leadership è ormai logora e soltanto l’area dem, così come avvenuto in altre occasioni, potrebbe decidere di salvarlo. E’ avvenuto già per le primarie che hanno preceduto le regionali e dopo la sconfitta subita da Magorno alle stesso con il risultato assai sotto le aspettative raggiunto dal suo candidato Gianluca Callipo. In quel caso l’area dem decise, anche per proprie convenienze, di non affondare il colpo. Stavolta non è detto che sia così, anche perché pure nell’area renziana non è che ci sia questa sostegno unanime nei confronti della linea del segretario. E la voglia di cambiamento potrebbe anche aver fatto breccia tra i colonnelli romani.
Riccardo Tripepi