L’annuncio della sua candidatura è arrivato poco dopo la metà di gennaio scorso. L’idea era quella di imbarcarsi in una avventura politica nuova nel solco di una coalizione civica al di fuori degli schieramenti tradizionali. E alla fine così è stato. Luigi de Magistris, con ancora la fascia tricolore da sindaco di Napoli, ha ceduto a quelle che lui stesso ha definito sollecitazioni venute dal basso. E poi, perché da sempre si sente profondamente legato alla Calabria.

Come avrà più volte modo di affermare, quella calabrese, è una sfida che ha anche delle similitudini, pur con le debite differenze, con ciò che accadde a Napoli 10 anni fa, quando dato ultimo in tutti i sondaggi, mise dietro di sé tutti gli avversari politici.

«Mi candido - affermava de Magistris - per amore della Calabria e ringrazio le calabresi e i calabresi che in questi giorni mi hanno mostrato affetto e stima esortandomi ad affrontare una sfida tanto difficile quanto straordinariamente affascinante. Non sono un candidato calato dall'alto, ho sempre affrontato le sfide con la gente e tra la gente. Il popolo è la forza di quella rivoluzione che deve coniugare rottura del sistema e capacità di governo».

E d’altra parte, per il sindaco di Napoli questa elezione regionale ha il valore di un referendum, che può fare da spartiacque tra il sistema che fino ad oggi ha «distrutto» questa regione e una nuova opportunità di rinascita per la Calabria.

Sin dal primo momento de Magistris ha guardato con molto interesse al mondo dell’associazionismo impegnato e del civismo. Non a caso, oltre a strizzare l’occhiolino alla base delusa dei 5 stelle, l’ex pm aveva intavolato una discussione proficua anche con Carlo Tansi, tanto che, dopo le prime scaramucce verbali, i due ebbero diversi incontri per conoscersi e “accettarsi”, fino ad arrivare all’accordo politico.

Era l’8 febbraio del 2021 e nasceva il primo vero ticket di questa tornata elettorale. Luigi de Magistris e Carlo Tansi siglavano l’alleanza politico elettorale che sarebbe sfociata nel “TanDem”: due presidenti per una coalizione. L’accordo tra i due, infatti, prevedeva un passo indietro di Tansi, rispetto alle sue velleità di raggiungere la Cittadella, con de Magistris candidato alla presidenza e l’ex numero uno della Protezione civile sicuro, in caso di vittoria, di guidare l’assemblea regionale di stanza a Palazzo Campanella.

L’idillio però dura poco. Agli inizi di giugno le frizioni, le incomprensioni e in qualche caso le gelosie, tra i due sfociano nell’annuncio di Tansi della fine dell’esperienza del “TanDem”. Il divorzio non è indolore e tra i due volano gli stracci. Da quel momento, ognuno per la propria strada.

De Magistris si rimbocca le maniche e macina chilometri su chilometri, tornando ai modi delle vecchie campagne elettorali: strada per strada, casa per casa.

Alla fine, a dispetto dello scetticismo generale, riesce a mettere su sei liste che gli consentono di ribadire in più occasioni che la sua coalizione è da considerare un polo civico che si tira fuori dal recinto del centrosinistra in cui lo vorrebbero invece Pd e 5 stelle. Ma de Magistris non cede alle sirene di Amalia Bruni e neanche a quelle di Mario Oliverio, con il quale comunque non avrà mai un incontro faccia a faccia.

Attaccato da più fronti e dipinto come un politico in cerca di un posto di lavoro, o al più come lo straniero in casa nostra, de Magistris ha sempre risposto per le rime ai suoi avversari. Le polemiche non sono mancate. Neanche quando Salvatore Borsellino per dare significato al suo appoggio all’ex pm ha detto che «o si vota Luigi de Magistris o la 'ndrangheta, perché nelle altre liste c'è di tutto». E a chi, come Roberto Occhiuto, ha chiesto di prendere le distanze da quella affermazione ha risposto: «Sono fiero del sostegno di Salvatore Borsellino. Ci sono persone per bene ovunque però dobbiamo decidere se vogliamo votare il sistema oppure votare chi nella vita ha dimostrato di contrastare la borghesia mafiosa».