La parlamentare calabrese replica al nostro articolo ammettendo per la prima volta che il rinnovo dei contratti e le stabilizzazioni dei precari sono a forte rischio. Se la prende anche con i sindaci “ribelli”: «Hanno rotto il fronte e offerto un alibi a chi ha remato contro»
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
«Il colpevole? È Ugo Menziani». Se questo nome ai più non dice niente è normale, perché si tratta di un oscuro quanto potente funzionario di Stato, direttore generale del ministero del Lavoro. Per Enza Bruno Bossio, parlamentare calabrese del Pd, è lui il primo responsabile del caos che sta inesorabilmente prendendo forma intorno al rinnovo dei contratti per circa 4.500 Lsu e Lpu. È sua la “manina” che non avrebbe firmato ed emanato un cruciale decreto attuativo che avrebbe consentito, secondo la deputata, di superare tutti gli ostacoli che ora si frappongono sulla strada della stabilizzazione dei precari.
«Non voglio certo avallare quanto dice il vicepremier Di Maio - continua - ma nei ministeri esiste davvero il problema di una burocrazia che spesso rema contro».
Dopo il nostro articolo , l’esponente democrat che sino ad oggi ha sempre dato per certo il buon esito del processo di stabilizzazione, decide di uscire allo scoperto e di offrire la sua versione dei fatti, ammettendo per la prima volta che il rinnovo dei contratti a tempo e le assunzioni definitive sono in serio pericolo.
In altre parole, si sta avverando quello che hanno sempre contestato i pochi sindaci che non hanno mai ceduto alle pressioni della politica e dei sindacati, rifiutandosi di stipulare i contratti a tempo determinato agli Lsu e Lpu senza precise garanzie in termini di risorse e coerenza con le norme in vigore, in particolare con la riforma Madia che ha introdotto rigidi paletti proprio per limitare il ricorso al precariato.
Ma è proprio da questi sindaci “ribelli”, come li definisce lei stessa, che Bruno Bossio parte per esporre il suo ragionamento. «Il 90 per cento dei Comuni si è fidato di quello che dicevamo -spiega -, ma c’è stato un 10 per cento di sindaci che si è messo di traverso. Se non avessero rotto il fronte compatto che avevamo costituito non avrebbero dato nessun alibi alla burocrazia ministeriale per non emanare il decreto. Un errore gravissimo».
Teoria temeraria secondo la quale, in altre parole, la defezione di alcuni amministratori avrebbe istillato il dubbio nei funzionari ministeriali che il percorso della stabilizzazione non fosse cosi lineare e sicuro come veniva prospettato dalla stessa Bruno Bossio, tra i principali sponsor dell’operazione, e dal presidente della Regione, Mario Oliverio. Ma tant’è. Secondo la parlamentare Pd è allora che il castello di sabbia ha cominciato a franare.
La deputata rigetta anche l’insinuazione che il suo impegno, all’epoca assolutamente privo di riserve sull’efficacia dell’iter prospettato ai sindaci, sia stato dettato da esigenze elettoralistiche. «Non è colpa mia - rimarca - se l’approvazione della legge di Bilancio 2018 (varata a dicembre del 2017, ndr) è avvenuta a ridosso delle elezioni di marzo. Anzi, le Politiche hanno rappresentato una iattura per la buona riuscita del percorso che avevamo tracciato. Il famoso comma che su nostra iniziativa era stato inserito nella manovra, prevedeva sia la copertura economica che le deroghe alle norme che oggi impediscono le assunzioni. Entro 60 giorni però, cioè febbraio 2018, il ministero avrebbe dovuto emanare il decreto attuativo, senza il quale quel comma è restato lettera morta». È a questo punto che, sempre secondo la parlamentare democart, il meccanismo si è inceppato.
«Di lì a pochi giorni si sarebbe votato per il rinnovo del Parlamento - racconta - e non c’era più nessuno che potesse fare pressione sul direttore generale affinché emanasse il decreto attuativo». Così, tutto sarebbe precipitato, lasciando il rinnovo dei contratti e le stabilizzazione dei precari calabresi in mezzo al guado. Giustificazioni che appaiono politicamente molto deboli dinnanzi all’epilogo così inglorioso di un percorso che era stato spacciato per certo e che forse non era considerato coerente con le norme in vigore neppure dai funzionari del ministero.
Alla fine della fiera, resta il fatto che i sindaci “ribelli” avevano ragione e oggi sono gli unici che non rischiano niente a parte, ovviamente, il malcontento dei lavoratori, forgiati però da decenni di precariato e abituati a vedersi lanciare la ciambella di salvataggio negli ultimi giorni utili.
Secondo Bruno Bossio, comunque, non è detta l’ultima parola. «Sto lavorando sotto traccia - conclude - affinché sia possibile inserire nella prossima legge di Bilancio un nuovo emendamento che ricalchi il vecchio comma che non ha mai espresso effetti. Non è facile, sto cercando di imbastire alleanze con esponenti della maggioranza per riuscirci, perché è ovvio che se lo presento come Pd me lo bocciano».
L’auspicio, per i lavoratori che attendono da una vita un’occupazione stabile, è che le incongruenze normative vengano sanate e la stabilizzazione sia portata a termine. Ma se il Pd non l’ha spuntata quando era al Governo, sembra davvero improbabile che possa farcela adesso.
Enrico De Girolamo