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A riposo ma non in quiescenza. In relax ma sempre all’erta. Specie quando si tratta di farsi prendere da quelle febbre della politica che, afferma, non passa mai. L’ex governatore Agazio Loiero non perde il gusto dell’analisi stringente, della battuta fulminante.
Non vuole, dice, rassegnarsi a vedere il partito che ha contribuito a fondare (con i 45 “eletti” - unico calabrese - che diedero vita al Partito democratico) viaggiare ora senza una guida verso una débâcle elettorale dietro l’altra, precipitando in una condizione «umiliante nei consensi» da Cosenza a Catanzaro, da Vibo a Crotone.
Manca un vero leader in Calabria, afferma dal suo buen retiro di Stalettì dove l’abbiamo raggiunto per un’intervista realizzata per il tg di LaC News24. E i leader, si sa, «non li trovi sotto i funghi».
Quindi lei è tentato di tornare in politica?
«No, niente affatto. È una forzatura. Io ho fatto quello che dovevo fare. E quello che dovevo dare nelle istituzioni l’ho già dato. Poi, naturalmente, chi ha la febbre della politica sa che quella febbre non muore mai e quindi me ne occupo “così”. Mi invitano e vado. Non più di questo».
Ha fondato il Pd, cosa rimane di quell’idea oggi?
«Non posso dimenticare di essere stato l’unico calabrese tra i 45 che diedero vita a questo partito. Ma se il Pd ha quelle ambizioni legittime di cui parla ogni giorno Renzi sui giornali, non può ridursi a Catanzaro al 5 per cento, o a queste quote infinitesimali a Cosenza, Vibo, Crotone. E tengo fuori solo Reggio, dove non solo è stato eletto un buon sindaco come Falcomatà ma anche il fatto che si è votato quando ancora Renzi era in “luna di miele”, ha dato un risultato completamente diverso. Per il resto, la condizione del Pd in Calabria è umiliante sul piano del consenso».
Dunque, lei che fa?
«Guardi, Mario Franchino è venuto a trovarmi dicendomi “dobbiamo fare qualcosa”. E, io anche alla luce di quanto detto, ho trovato giusto questo invito ad impegnarmi, anche perché a me non va di consegnare la Calabria, dopo l’esperienza di Scopelliti, di nuovo al centrodestra».
L'ex presidente Loiero: "A questo Pd serve un vero leader"
Ma non pensa che farà irritare qualcuno in un clima già rovente?
«Si ma il conflitto, o meglio la tendenza alla rissa fratricida, è molto diffusa nel centrosinistra. Ed è un elemento quasi peculiare della sinistra. Questo è un problema. Lo è sempre stato. Ci sono stati personaggi che hanno avuto la capacità di portare in passato ad unità questa sinistra. L’ha fatto Prodi, l’ha fatto anche Veltroni. Quando votammo per il primo segretario del Partito democratico, che fu Veltroni, dopo un grande lavoro fatto sullo statuto, ecco quello fu l’apice della condizione di massimo successo e speranza che quel partito appena nato diffondeva».
Quando è finito quell’entusiasmo?
«Io racconto spesso che quando andai a votare per le primarie al Comune di Catanzaro - all’epoca ero presidente della giunta regionale - dovetti fare una lunghissima fila per andare all’urna. E la feci volentieri per godermela fino alla fine, perché c’era un entusiasmo straordinario. Ecco, quell’entusiasmo è durato un anno, un anno e mezzo. Poi siamo tornati nella tragedia, ai conflitti e alla rissa permanente».
Come se ne esce?
«Spesso per sedare la rissa c’è bisogno di leader. Solo che i leader non nascono sotto i funghi, è difficile trovarli. E se ne sente la mancanza proprio quando la confusione è più grande, quando serve chi dia una direttiva. Una rotta. Speriamo di trovarlo un leader. Non possiamo continuare così, con un partito che non ha organi veramente eletti, perché magari la direzione ha un numero di componenti per così dire “elastico”. Non si può fare il tesseramento ad agosto… È chiaro che una cosa simile evoca brogli. Almeno nel cittadino comune. E non aiuta ad avvicinarlo e a far votare Pd. Non vorrei che diventasse una tendenza quello che è successo nelle ultime elezioni. E non mi riferisco solo a Catanzaro. Ma un po’ di gente del Pd ha votato a “dispetto”, utilizzando il voto disgiunto e votando chi poteva fare più male al candidato del Pd. Ecco, se non si mette argine a questa tentazione, che è forte, questo diventerà un voto di massa».
Stefano Mandarano